DC Comics: Brian M. Bendis e l'importanza di Clark Kent per Superman

Dare a Clark Kent quel che è di Clark Kent: ecco la filosofia di Brian Michael Bendis per Superman

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


Condividi

Spoiler Alert
Brian Michael Bendis racconta un po' del suo Superman alla vigilia dell'inizio della nuova gestione che ha preso ufficialmente il via con il suo contributo allo storico Action Comics #1000, già assoluto successo fumettistico del 2018.

Ecco le dichiarazioni più importanti dalle pagine di Comic Book Resources:

Man of Steel 1, copertina di Ivan Reis

Nel rilanciare il personaggio di Superman, ultimamente mi trovo spesso a pensare al mio Avengers #500. Quando ero su Ultimate Spider-Man, l'annuncio di quella pietra miliare avvenne con la fanfara, fu adorabile. Era tutto molto ottimista e forse un po' esagerato. Altri erano passati attraverso quell'esperienza, per cui, al termine del momento adorabile, sai che arriveranno un sacco di calci nel sedere. E così fu. Quando l'entusiasmo passò, fui preso a cazzotti dalle critiche e lì dovetti decidere come proseguire, alla luce di questo.

Il mio pestaggio avvenne, appunto, con Avengers #500, quando pensai di essere così furbo e intelligente da far esplodere tutto quanto. Alcuni fan apprezzarono, altri detestarono la decisione. Ci furono molte polemiche sul web e mi ricordo di un fan che mi scrisse qualcosa tipo: "Noi siamo fan degli Avengers, non compriamo altro che Avengers. Non abbiamo la minima idea di chi tu sia ma tu hai preso a calci i nostri giocattoli. Ti ci sarai divertito, vero? Ma a noi piaceva quel che leggevamo e tu ce l'hai tolto".

Ci ho pensato a lungo. Non avevano torto. C'era una critica in quelle frasi che mi sono preso a cuore. Non che mi sia pentito di aver cambiato la storia degli Avengers, ma ho realizzato che, probabilmente, avrei potuto farlo con un atteggiamento meno aggressivo. Quest'esperienza mi è tornata molto alla mente, pensando ad Action Comics #1000. La serie è stata di grande qualità, ultimamente, non c'è ragione di far saltare tutto. Quindi arriverò con idee forti, e a Superman succederanno cose importanti, ma non avrò un atteggiamento sprezzante.

Dan DiDio è colui che ha proposto di chiamare la mia miniserie Man of Steel. Io ero esitante. Il titolo si connette alle storie degli anni Ottanta di John Byrne, oltre che a un famoso film di cui sono stato fortemente critico. Ho detto a Dan che quest'ultimo punto era importante e sono andato a rileggermi le cose che avevo scritto in merito. Sapevo che alcuni di quei commenti mi sarebbero stati sbattuti in faccia, prima o poi, quindi sono andato a rileggermeli. Sono il pianto disperato di un fan di Superman. E, letteralmente, quel che farò con il personaggio è quel che allora dicevo di voler vedere su di lui al cinema. Il mio io conscio e il mio subconscio lavoreranno in tandem.

Bendis ha spiegato l'approccio con cui si è avvicinato al personaggio, incarnato da una domanda: cosa c'è che non è già stato fatto con lui decine e decine di volte? Una delle caratteristiche più evidenti di Superman è che, paragonato con i suoi pari, come Peter Parker e Bruce Wayne, non ha un parco di nemici altrettanto interessante. Ecco perché il primo numero di Man of Steel introduce nuovi cattivi. Qualcuno, promette Bendis, che possa affrontare Superman fisicamente.

Man of Steel #1, variant cover di Pat Gleeson

In ogni singola storyline importante, anche se Lex Luthor non c'entra niente, lo vediamo sempre coinvolto in qualche modo. Magari appare all'ultimo minuto di un arco narrativo, ma eccolo lì. Quindi ho pensato di raccontare qualcosa in cui non avrà alcun ruolo. Mi prendo una pausa da Lex.

Per tutti coloro che lo amano, sappiate che sarà sotto i riflettori in Justice League, quindi non vi mancherà di certo. Nel frattempo, io voglio mettere alla prova Superman in maniere nuove e con personaggi nuovi. E, prima o poi, quando sarà l'ora di far tornare Lex, ecco che lo rivedrete. Ma a volte è una tale spada di Damocle che gli autori si sentono quasi obbligati a includerlo.

Il mio lavoro è arrivare al cuore di un personaggio e raccontare la storia più sincera possibile, che sia divertente ed entusiasmante, che valga i vostri soldi. La cosa interessante è che il funzionamento delle storie di Marvel e DC è molto diverso. Entrambe hanno pregi e difetti e, alla loro luce, i fan vedono i personaggi dell'una e dell'altra in modo diverso. Almeno secondo la mia esperienza, sembra che la DC abbia investito nell'icona e nel simbolo del personaggio di Superman più che sulla persona che gli sta dietro. Questo nonostante abbia investito molto su Clark. Sarebbe scorretto dire di no, ma il fatto è che l'icona è enorme.

Alla Marvel è diverso. E, sia chiaro, sto generalizzando moltissimo. Però è vero che alla Marvel si è spinti a scavare nel cuore del personaggio, è vero che si è portati a dire "povero Peter Parker", mentre nessuno pensa mai "povero Clark Kent". Tranne me.

Per quanto sia grande e per quante cosa possa fare, c'è molto che non può ottenere nella vita. Il che lo rende un personaggio con cui immedesimarsi. Quindi, sto per fare tesoro di un po' del mio addestramento Marvel e per applicarlo alla DC, ma non a discapito di quel che la DC è al suo nucleo. Ma, quando ho iniziato a partecipare alle riunioni in DC, ho notato che ad ogni incontro mi sono sempre riferito al personaggio come a Clark. Come si sentirebbe Clark? Cosa farebbe Clark? Gli editor di Superman mi guardavano stupiti, dopo un po', come se gli avessero ricordato che ha un nome, anche se nessuno lo usa.

Bisogna che li chiamiamo Clark e Bruce, non solo Batman e Superman. Dobbiamo assicurarci che sia dato anche ai loro personaggi quel che meritano. Il che non significa che non sia stato fatto molto per Clark dagli sceneggiatori che mi hanno preceduto, solo che, a mio modo di vedere, bisogna fare qualche aggiustamento.

Rogol Zaar

Fonte: Comic Book Resources

Continua a leggere su BadTaste