David di Donatello 2019: abbiamo anche noi il nostro "caso Netflix"

Per l'unico anno in cui può gareggiare Netflix è in lizza per 9 David, segno che all'industria italiana non dispiace per niente

Critico e giornalista cinematografico


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Come previsto abbiamo anche noi in Italia la nostra “corsa Netflix”.

Se gli Oscar hanno Roma, i David hanno Sulla Mia Pelle (9 nomination, non il film che ne ha di più ma un buonissimo risultato), caso più unico che raro per noi perché dall’anno prossimo saranno eleggibili per i David solo i film che rispettano le regole, quelli cioè che rispondono alla definizione di “film” data dal ministero (che poi è la stessa condizione che va rispettata per accedera a fondi, sgravi ecc. ecc.). Questa di quest’anno sarà quindi l’unica partita che Netflix potrà giocarsi ai David e i votanti hanno dimostrato di essere disposti a premiarlo. La categoria in cui pare più forte è Miglior attore protagonista (anche se pure in Miglior regista esordiente qualche carta da giocare ce l’ha) e lì Borghi dovrà vedersela con la sudditanza a Cannes fatta persona: Marcello Fonte di Dogman.

Assieme a Sulla Mia Pelle l’altro outsider dal giro dei “film” è Fabrizio De Andrè - Principe Libero, miniserie tv che in virtù del passaggio in sala come evento si è guadagnata un posto tra le nomination (ne ha 3) e potrebbe non essere ai David a fare il turista. Il film rischia infatti di portare a casa almeno un premio, quello postumo a Ennio Fantastichini come Miglior attore non protagonista. In quella categoria c’è il fenomenale Edoardo Pesce di Dogman e c’è da sperare che i giurati abbiano più rispetto del buon lavoro che lacrime (ma le speranza sono poche comunque).

Due esempi della varietà e della quantità di ottimi film che hanno congestionato le nomination di quest’anno.

Il 27 Marzo sapremo il responso delle votazioni dei circa 1.570 giurati nella consueta splendida cornice della trasmissione RAI, intanto alcune cose possono essere registrate.
La prima per l’appunto è che l’industria (il 70% della giuria è composta da vincitori e nominati, il resto da persone che lavorano nel cinema senza fare i film) non ha grandi problemi con Netflix. La seconda è che la legittimazione straniera ha totalmente riabilitato Luca Guadagnino, in passato schifato ora invece osannato. Chiamami Col Tuo Nome segna la prima volta che Guadagnino è nominato, nonostante sia il suo sesto film, ed è il terzo titolo per numero di nomination a pari merito con Loro (12), cioè l’elefante nella stanza della passata annata. Il film di Sorrentino in due parti doveva far parlare di sé, fare sfaceli, essere l’atto massimo di bilancio degli anni berlusconiani nonché la summa del cinema sui “capi” di Sorrentino e (benché non fosse male) è passato totalmente sotto silenzio.

Ma non ai David (è difficile però che vinca qualcosa).

Come sempre, non è una sorpresa, i David subiscono moltissimo la legittimazione dei festival stranieri. Così Dogman, meritoriamente, guida le nomination e sembra il candidato più accreditato ad una grande vittoria mentre Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher ha racimolato un buon numero di nomination, nove, alcune delle quali abbastanza difficili a spiegarsi (per Miglior costumista, Miglior scenografo, Miglior produttore e Miglior attrice non protagonista, senza contare quella insensata per Miglior sceneggiatura che tuttavia, essendo il premio che ha vinto a Cannes, sembrava un passaggio obbligatorio).
Il film che segue Dogman quanto a nomination è Capri-Revolution di Mario Martone (13) e non sembra avere le stesse possibilità di vittoria, è il classico caso di “bravi gli attori, splendida la fotografia, belli i costumi”. Cinema d’epoca che raccoglie tutte le nomination tecniche possibili e tra quelle pesanti vanta solo le attrici e il regista.

Inoltre hanno goduto dell’ottima prestazione in un festival straniero altri due film. Il primo è Euforia, grazie al quale per la prima volta ci sono due donne nominate nella categoria Miglior regia (Valeria Golino assieme ad Alice Rohrwacher). Il secondo è La Terra Dell’Abbastanza, l’unico risultato effettivamente inatteso di queste nomination. Il film dei fratelli D’Innocenzo per il quale era facile prevedere una candidatura per Miglior esordiente gareggerà anche per la Miglior sceneggiatura originale, per il Miglior produttore e la Miglior fotografia. Proprio nella categoria Miglior Esordiente, quella in cui sono più accreditati i fratelli, compare anche Valerio Mastandrea (per lo scialbo Ride) ma non Valerio Attanasio che con Il Tuttofare si è dimostrato (assieme ai D’Innocenzo) di gran lunga il miglior esordiente dell’annata. Il fatto che non stia in cinquina (e che Castellitto non stia tra i migliori attori non protagonisti) la dice lunga su cosa vedano i giurati e in quanti votino senza aver visto tutto.

Esce un po’ sconfitto Edoardo De Angelis che con Indivisibili aveva invece fatto incetta solo pochi anni fa in un’annata più semplice e meno densa. Il vizio della speranza, di certo più solido del film precedente seppur ambientato negli stessi luoghi, rimane a bocca quasi asciutta (ma Pina Turco ha ottime chance in una categoria, Miglior attrice protagonista, quest’anno abbastanza facile).

Incommentabile, assurda, inspiegabile e disarmante la nomination a La Profezia Dell’Armadillo per la Miglior sceneggiatura non originale. Un film che è stato un insuccesso al botteghino e con la critica viene nominato per il rapporto tra sceneggiatura e materiale di partenza, esattamente il motivo del suo insuccesso e quello per il quale l’autore originale (Zerocalcare) si è non ufficialmente dissociato dal progetto. L’unica spiegazione possibile è che il voto nella categoria sia stato molto molto frammentato e non siano stati necessarie troppe preferenze per arrivare in cinquina. Del resto per lo stesso premio è nominato anche Il Testimone Invisibile, uno dei film più scombinati, implausibili e pieni di problemi di sceneggiatura dell’annata e Ella & John, l’ottimo film di Virzì che per il resto non compare da nessun’altra parte.

Come al solito non pervenuto Gabriele Muccino. A Casa Tutti Bene, il grande ritorno al successo di pubblico, film pieno di ottimi attori e dalla produzione curatissima (meritevole quindi di diverse nomination) ne ha solo tre, una per Massimo Ghini come non protagonista e due a musiche e canzone che suonano più come la consueta deferenza verso Nicola Piovani.

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