Dark Knight III: Janson, Kubert e la ricerca dello stile giusto per il Cavaliere Oscuro
Il disegnatore e l'inchiostratore di Dark Knight III: The Master Race spiegano il loro approccio alle tavole del nuovo fumetto di Frank Miller dedicato a Batman
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Kubert - Lavorare con Klaus significa avere la certezza che lui farà qualcosa di buono, sempre e comunque. Il che allontana la preoccupazione. Ma prima di iniziare a lavorare sulla serie, ho pensato molto a come approcciare i disegni. Ho fatto un sacco di studi e di tentativi, alla ricerca dell'atmosfera da Cavaliere Oscuro e contemporaneamente di un modo per non imitare Frank e il suo stile. Quindi, direi un sacco di disegni preliminari e tanta osservazione delle tavole dei vecchi volumi. Alla fine mi sono messo al banco e mi sono messo a disegnare. E questo è tutto, più o meno.
Janson - Io mi sono assicurato di utilizzare esattamente gli stessi strumenti, pennelli e pennini di quando inchiostrai Il Ritorno del Cavaliere Oscuro. Del resto, non sono cambiato granché, in termini di abitudini e arsenale. Ovviamente, ho riletto il volume. Devo dire di averlo trovato non male. Piuttosto bello [ride]. Onestamente, non faccio altro che mettermi al servizio delle matite di Andy, non mi interessa trasformarle nel tratto di Frank, ma tirarne fuori il meglio. Se c'è un tentativo di somigliare al mio lavoro per il Cavaliere Oscuro, è inconscio.
Janson - Rispetto a quel che si vede in Il Ritorno del Cavaliere Oscuro, direi che Andy utilizza più splash page, rendendo gli ingombri molto più aperti e prendendosi più spazio per giocare con la composizione. Una pagina è spesso composta da un'immagine enorme e poi altre due o tre più piccole, il che sembra sia ricorrente in Dark Knight III. Ho apprezzato. Frank era molto diverso in termini di ritmo.
Kubert - C'è anche da dire che qui c'è la mano di sceneggiatore di Brian Azzarello, che ha più propensione per le splash page. Molte erano segnalate da lui. Tuttavia è successo, almeno in un'occasione, che sia stato io a chiedergli di trasformare una scena scritta lungo più vignette in una splash, per necessità di narrazione sequenziale.
Janson - E poi non dimentichiamo che sono passati trent'anni. Il linguaggio e le abitudini sono molto cambiati in questi tre decenni. I fumetti di oggi non sono affatto quelli degli anni Ottanta.
Stretta collaborazione con Miller c'è stata soprattutto nella definizione dei personaggi, Carrie Kelley su tutti. Sulla base dei primi studi di Kubert, Miller è intervenuto con consigli prima e con correzioni poi: schizzi fatti a mo' di esempio per il collega, che ha assorbito passo dopo passo le fattezze desiderate dall'autore.
Kubert - So che non c'entra molto, ma nei giorni in cui io e Frank ci scambiavamo schizzi uno dopo l'altro, ogni tanto mi fermavo un secondo e non potevo far altro che realizzare all'improvviso che, porca m#@*a, stavo a un tavolo a scarabocchiare assieme a Frank Miller!
Una cosa assolutamente surreale, per me, collaborare con lui, così a stretto contatto su uno dei suoi personaggi. Quindi l'aspetto di Carrie nelle pagine, per gran parte, è frutto della sua visione.
Fonte: Newsarama