Damon Lindelof parla di Lost

Damon Lindelof a ruota libera sulla sesta stagione di Lost e sul tanto discusso finale...

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A distanza di due anni dalla sua conclusione, Lost continua a far parlare di sé: molti fan sono rimasti delusi dalla mancanza di risposte nel finale, o addirittura non hanno compreso del tutto l'intera vicenda. In una lunghissima intervista con Josh Topolsky di The Verge, Damon Lindelof parla dell'ultima stagione della serie.

Dopo il filmato trovate una traduzione dei punti salienti.

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Josh Topolsky – Credo che quello che è frustrante per la gente, e con Lost molta gente si è sentita così, è che l’ambiguità non era percepita come qualcosa su cui poi discutere, ma come una mancanza di risposte. E’ frustrante quando ami qualcosa e ci tieni tanto e vorresti delle risposte vere. Per i fanboy o fan dei fumetti, avere le risposte è molto importante. Io ho guardato Lost e ho trovato il finale estremamente deludente. Deludente perché sentivo che c’era la promessa di qualcosa e il finale mi ha dato una sensazione tipo, “ma qual è lo scopo”?[…]
Damon Lindelof – […] Quello era il finale che volevo fare. Mi sono sempre trovato a mio agio con l’ambiguità dello show. Se c’è una cosa su cui recrimino… c’erano volte durante il corso dello show, in cui dissi in qualche intevista che “le risposte stanno arrivando”. Ma… vi sfido a controllare una qualsiasi intervista, fatta dopo la metà della terza stagione, che era il giro di boa, quando è stato detto che avevamo una data di arrivo. Fino allora c’è stato un certo grado di improvvisazione necessario: non sapevamo quante di queste cose avremmo realizzato o per quanto tempo ancora avremmo fatto queste cose. Una volta detto che erano rimasti 48 episodi, a quel punto dovevamo avere un minimo di pianificazione. Da quel momento credo di aver cominciato a dire in pubblico, “se state guardando lo show per le risposte e i misteri, il finale non vi piacerà”. […] Non è che non mi interessasse della mitologia dello show, semplicemente pensavo che esistono molti show concentrati sui misteri e sulla mitologia, in cui la scena peggiore è quella in cui “l’Architetto spiega a Neo cosa accade in Matrix” (Lindelof cita la scena di Matrix Reloaded, ndt). […] Da una parte abbiamo l’Architetto e dall’altra Lost: Lost non basta, ma l’Architetto dice troppo, per cui la misura giusta sarebbe una via di mezzo. Ma io sarò sempre più vicino a Lost che all’Architetto, perché a me quello non interessa. […]

Josh Topolsky – Sai, non sono rimasto deluso perché Lost non mi ha dato le risposte alla fine, ma per quello che hanno dato le risposte: è come se la risposta è stata “tutto quello che è successo in realtà non significa nulla. Non è mai accaduto”.
DL – Cosa vuoi dire con “non è mai accaduto”?

JT – Era come se tutte queste cose, questa impostazione del “dovete fermare l’Uomo Nero perché bla bla bla”, era come se non avesse importanza. Perché non era reale.
DL - Ma si che lo era!

JT – Beh, ma non seriamente. Era come una fantasia condivisa.
DL – No!

JT – Quindi le cose sull’isola succedono nel mondo reale?
DL – Si

JT – Non ci credo che stiamo parlando di questo… Quindi queste cose sono vere e non in questo mondo fantasioso dove tutti stanno cercando di trovarsi l’uno con l’altro.
DL – Esatto. Alla fine dello show, l’ultima immagine dello show, Matthew Fox chiude l’occhio e muore. Quello, accade! Dal momento in cui chiude gli occhi, tutte le altre cose che abbiamo realizzato, i flashwsideways, in cui nessuno si consoce e l’aereo non è mai caduto… quello è, qualunque sia la vostra interpretazione, quello è ciò che tu definisci “non essere accaduto davvero”. Ogni cosa che vi abbiamo mostrato, ogni cosa in Lost che accade sull’isola… accade davvero. Al 100%. L’aereo è caduto, quelle persone sono sopravvissute, tutto ciò che hai visto in sei stagioni…

JT – Tutta quella lotta tra bene e male è vera, rappresenta una minaccia per l’universo…  
DL – Si. La Dharma Initiative è reale. L’isola è reale. In questo preciso istante, Hurley e Ben, con l’aiuto di Walt, gestiscono le cose sull’isola. […] Una delle cose che abbiamo sempre voluto fare, e di cui eravamo davvero appassionati, era esplorare l’idea del purgatorio, sia in senso figurato che letterale. Questo è stato così ovvio al pubblico che dopo tre o quattro episodi della prima stagione hanno cominciato a dire, “è il purgatorio. Sono morti!” Noi abbiamo continuato a dire: “vi giuriamo che non sono morti!” Ma è il pubblico stesso a dirci che vuole una sorta di valutazione clinica dell’aldilà. Il purgatorio riguarda il giudizio. Ma lo show non ha una valutazione di un Dio, ma si concentra sull’autogiudicarsi. Jack crede di essere degno? Sawyer può perdonarsi per i propri peccati? Se i personaggi sanno perdonarsi da soli, allora lo show finisce: lo show si chiama Lost non perché sono su un’isola, ma perché hanno perso sé stessi. Come lo dimostriamo in maniera creativa? Perdonare sé stessi. C’è stata un’interpretazione, in gran parte dovuta alla decisione della ABC di mostrare immagini del relitto dell’aereo dopo i titoli di coda del finale. E noi abbiamo detto in pubblico, “mio Dio, non è un’idea nostra”.

JT – Credo che quello ha quasi cancellato ogni cosa. La sensazione è stata quella...
DL – Ma noi abbiamo anche anticipato la vostra reazione […] Suo padre (Christian Shephard, ndt) dice che “tutto è reale. Tutto è accaduto veramente”. E pensavo che questo avrebbe reso chiare le cose. […] Avvicinandoti al finale, la notte in cui il finale è andato in onda… prima ancora che ti sedessi per guardarlo: puoi dirmi in tutta onestà che ti sentivi così ottimista e alla fine delle due ore e mezzo saresti rimasto soddisfatto oppure con questa espressione?

JT – Per me Lost è stato uno show concepito per durare meno stagioni di quante ne ha avute […] Se aveste rivelato che questi erano da qualche parte nello spazio o che erano parte di un esperimento alieno […] Per me avrebbe avuto senso […]
DL – […] Uno degli episodi più infelici di Lost è “Across The Sea”, che sostanzialmente narra le origini di Jacob e MIB: è simile alla scena dell’Architetto. Non sono stato molto coinvolto a livello emotivo, perché in quella puntata non c’erano i personaggi a cui tenevo, visti nei precedenti 115 episodi. Non è che Jacob e MIB non fossero personaggi interessanti: lo erano. Ma se chiedi alla gente di cosa parla lo show, ti rispondono che c’è un incidente aereo, non dicono “centinaia e centinaia di anni fa…a dire il vero, millenni fa…”. Se rispondessero così, sarei “fuori”…

DL - Questa gente cosa ha ottenuto dopo l’incidente aereo? La risposta, per quanto può sembrare banale, è loro stessi. Sono individui perduti e tristi, e fondamentalmente trovano qualcosa in comune tra loro. Se non si fossero incontrati e non avessero trascorso quel tempo sull’isola, non sarebbero mai stati in grado di perdonare i propri peccati del passato. E’ la storia che volevo raccontare.

Nella parte finale della conversazione, Lindelof spiega che la gente si aspetta che gli sceneggiatori abbiano ogni volta già tutto in mente e che le opinioni dei fan vengano prese sempre in considerazione: la realtà, invece, è che il piano esiste, ma va cambiato se non dovesse funzionare. Così come non è pensabile che, scrivendo una stagione, una persona possa già avere in mente la successiva.

Fonte: TheVerge

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