Da Wolverine a Civil War: Stuart Moore ripercorre la sua carriera alla Marvel
Editor, sceneggiatore di fumetti e di romanzi, Stuart Moore ricorda i suoi esordi alla Marvel e i progetti che hanno costellato la sua carriera
Moore ricorda le varie tappe della sua carriera con queste parole:
Moore - Quando avevo sedici anni, un amico mi passò da leggere un cumulo di tutti i grandi fumetti Marvel degli anni '70. Doctor Strange, Defenders, Killraven, Man-Thing. E fu come se tutta una serie di circuiti nel mio cervello si sbloccasse all’improvviso. Non avevo idea che i fumetti potessero essere intelligenti e sperimentali. Il passo da lì a materiale più tosto, come Howard the Duck e il Daredevil di Frank Miller, fu breve.
Successivamente, quando Bill Jemas e Joe Quesada presero le redini della Marvel, c’era bisogno di qualcuno che prendesse il posto di Joe sull'etichetta Marvel Knights. Fu il letterista Richard Starkings a raccomandarmi. Fu molto emozionante ottenere quell’incarico. Avevamo veramente la sensazione di ricostruire tutto da zero.Ero però impaziente di entrare in azione come scrittore, perciò quando Axel Alonso si mise in cerca di uno sceneggiatore per una storia da inserire tra due archi narrativi della serie regolare, mi feci avanti. Gli proposi varie idee, e quella che Alonso scelse fu Logan: Wolf and Cub [ribattezzata poi The Package, storia edita in Italia su Wolverine 203 – NdR]: Wolverine deve portare in salvo un bambino da una nazione africana dilaniata dalla guerra. Ho fatto molte ricerche sui bambini soldati e le politiche della regione, e Axel mi ha suggerito qualche scena. Ne è uscita una solida storia da trentaquattro pagine che la gente ancora oggi mi chiede di autografare. Le stile [di C.P. Smith] è molto cupo, molto oscuro, ma anche molto umano.
Mi piace sia lavorare ai romanzi che ai fumetti, e cerco di alternare gli uni agli altri. Nei fumetti mi sento a mio agio, in parte credo perché ho una buona padronanza di come funziona il medium. Inoltre, puoi contare sul sostegno da parte dell'artista, e sono sempre stato molto fortunato con i miei collaboratori. Scrivere in prosa, tuttavia, è emozionante, perché è tutto nelle tue mani. Ogni parola che scrivi è esattamente quella che arriva al lettore. È una prospettiva terrificante, e in genere (anche se non sempre) richiede molto più lavoro.
L’adattamento a romanzo del megaevento Marvel Civil War è stato “impegnativo”, ma ho la tendenza a tuffarmi a capofitto in questo genere di imprese. E ho grande ammirazione per la storia originale di Millar e McNiven: propone un conflitto ideologico incredibilmente attuale e i suoi colpi di scena hanno un senso logico.
Ho rivisitato la storia anni dopo, in un contesto completamente diverso. Al di là di questo, mi è stato chiesto di usare la continuità di Spider-Man successiva a Soltanto un altro giorno, e ha funzionato molto bene... Ho avuto il vantaggio di scrivere una storia autosufficiente, anziché un evento esteso che doveva lasciare spazio ai vari intrecci.
Tom Brevoort, l’editor della miniserie originale di Civil War, mi ha dato un suggerimento prezioso prima di cominciare. Mi ha detto: fa attenzione a non sbilanciare troppo le cose dal punto di vista di Cap. Probabilmente, a livello istintivo sto dalla parte di Cap, ma curiosamente, mentre scrivevo il libro, ho provato più empatia per Tony Stark. Nel corso della storia, Tony prende ogni decisione in maniera sofferta, mentre Cap solitamente decide nel giro di pochi secondi: “No, ho ragione io”, e parte alla carica. Quindi, sebbene Tony si cacci in varie situazioni molto più ambigue dal punto di vista morale, ho finito per avere maggior rispetto per lui. Non era quel che mi aspettavo.
Quanto a un’ultima domanda cruciale che mi viene posta spesso, vale a dire perché Deadpool appare come mamma l'ha fatto in buona parte delle mie storie... non lo so! Solo perché è divertente, immagino. Se non altro, in Deadpool the Duck aveva le piume!
Fonte: Marvel