Da Eternals a Cry Macho, i migliori film che abbiamo visto a ottobre e novembre 2021

Ecco i migliori film visti a ottobre e novembre del 2021 tra quelli usciti al cinema, ai festival, on demand e in streaming: da Eternals a Cry Macho

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I migliori film visti a ottobre e novembre 2021

Molto di quello che vediamo e raccontiamo con una recensione si perde. Alcune volte sono i film piccoli a non ricevere l'attenzione che meriterebbero, altre volte sono i migliori. Abbiamo così deciso di fare un piccolo riassunto ogni mese del meglio tra ciò che abbiamo visto. Senza distinzioni. Film usciti in sala, usciti in noleggio, usciti su una piattaforma in streaming come anche quelli visti ai festival e che non sono ancora usciti.

L'idea è quella di ricapitolare tutte le nostre segnalazioni scremando verso l'alto solo quello che pensiamo non vada perso, non debba sfuggire e meriti una visione. Ci saranno i film più noti e pubblicizzati come anche, con una certa preferenza, quelli che meno noti e dotati di una cassa di risonanza meno forte, che quando lo meritano hanno più bisogno di un riflettore su di sé per farsi notare.

Ecco quindi la nostra lista:

Ghostbusters: legacy

Ghostbusters: Legacy

"New York era un elemento determinante di quei film, levarla vuol dire levare i newyorchesi e il rapporto disilluso con la vita che si respira intorno ai protagonisti, cioè cambiare il rapporto con il paesaggio e quindi il tono. E infatti è diverso. Ma questo segna anche il passaggio da un film mainstream ad uno che flirta con l’indie, che cerca la location piccola e la storia familiare, che invece di essere il fratello minore di Ghostbusters vuole esserne il cugino di campagna, forse un po’ più rozzo e succube ma non per questo meno divertente da frequentare".

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Eternals

Eternals

"Questo film è davvero il ponte tra America e Asia che ipotizzavamo potesse essere ma ancora di più è un vero world movie di nuova generazione, capace di coinvolgere tutto il mondo seriamente. Non è l’esotismo di 007 che con sguardo da inglese superiore viaggia in diversi paesi del mondo nei quali nessuno è al suo livello e tutti paiono sudditi, ma un film in cui il pianeta è rappresentato tutto con la medesima importanza e il medesimo peso nell’arrivare a quel che siamo. Gli Eterni sono arrivati da noi all’epoca di Babilonia e sentiamo che la loro storia è la storia del nostro mondo".

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zlatan

Zlatan

"Nessuno se lo fila a Zlatan e ci è chiaro che il protagonista di questa storia somiglia più ai villain dei film per bambini, quelli che sbagliano tutto e non hanno ciò che serve per farcela. È così all’inizio ed è così alla fine. In mezzo c’è una carriera che pare non partire mai, sempre bravo, sempre in club più grandi ma pronto a fallire continuamente, mai davvero campione. Ci vorrà Mino Raiola (forse l’ultimo dei personaggi che qualcuno che non è Ibrahimovic avrebbe scelto come saggio mentore!) che darà un altro giro al suo business e alla sua fiducia con un’arma importante: ancora più arroganza! Questo è un film di gente che entra nelle stanze e insulta tutti, che tratta a pesci in faccia Moggi (pur temendolo) e che in un certo senso poi ne soffre. Per una volta una vita non è presa e fatta entrare in una struttura che la rende uguale a mille altre, ma trattata con l’originalità che ha".

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love hard

Love Hard

"Come nelle migliori commedie non solo l’intreccio è ben congegnato ma le scene a cui apre, cioè la sceneggiatura a cui è funzionale, pure sono ben scritte, con gran capacità di creare un mondo interno di riferimenti dei personaggi che tornano lungo la storia, buona capacità di far ridere non solo con le parole (esilaranti e molto significative le foto di famiglia in carrellata in cui il protagonista è sempre l’unico male inquadrato, una vita di marginalità in un nucleo che richiede perfezione) e un gran gusto per la creazione di caratteri avvincenti. Addirittura (suona incredibile ma è così) c’è anche margine per riuscire a creare un minimo di sorpresa in un genere che si fonda sulla prevedibilità grazie alla capacità di Nina Dobrev e Jimmy O. Yang di interpretare i loro personaggi con sufficiente ambiguità".

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la vetta degli dei

La vetta degli Dei

Una volta tanto ci troviamo di fronte ad un film che ha capito alla perfezione la propria storia (tratta dal manga omonimo di Jiro Taniguchi a sua volta tratto dalla storia di Baku Yumemakura). Vale la pena ripeterlo un’altra volta: è una storia fasulla. Perché in realtà l’impressione che sia qualcosa di vero è potente in questa produzione francese che incrocia la linea chiara con il character design nipponico e la passione dell’animazione nipponica per il calco di una realtà naturalistica che poi viene piegata dalle sensazioni individuali. Come negli anime infatti quello che provano i personaggi si riflette nel mondo intorno a loro (l’assiderazione ad esempio fa diventare tutto rosso, con un’idea genialmente controintuitiva) e come negli anime poi i momenti più delicati, di serenità sono comunicati da cibo e bevande, da silenzio e contemplazione.

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il natale della discordia

Il Natale della discordia

"Il continuo ingrandirsi delle proporzioni di questo scontro tra una comunità che vuole un po’ di pace e un singolo che è determinato a imporre a tutti il suo evento da migliaia di visitatori, è sia la dinamica chiave del western (dove c’è sempre una comunità che fatica a prendere decisioni equilibrate perché affossata dalla mancanza della presenza dello Stato) che la contrapposizione fondamentale tra le due anime americane: il collettivismo del limitare le proprie azioni per non ledere gli altri e l’individualismo di una persona che pretende di essere libera di fare quel che vuole. Fino a dove arriva la libertà sancita dalla costituzione americana e fino a dove è lecito che arrivi?".

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la persona peggiore del mondo

La persona peggiore del mondo

"Ha senso un coming of age a trent’anni? È quello che capita a Julie lungo uno film dei film più romantici dei nostri tempi, che non ingabbia il romanticismo in schemi narrativi sempre uguali ma che raggiunge quell’equilibrio e sensazione tramite un ritratto femminile come non capitava di vedere da anni, uno molto concentrato sulla sua protagonista, che usa tutti gli eventi intorno a lei come magnifici pretesti, intrecci molto curati che servono solo a definirla in una divisione (pretestuosissima) in 12 capitoli. Ma non importa. Fin dall’inizio, da una prima inquadratura di profilo, Joachim Trier dimostra una capacità per inquadrare la protagonista (Renate Reinsve) e attivare la macchina dell’attrazione del nostro interesse che vale da sola il costo del biglietto. La persona peggiore del mondo riesce a raccontare un pezzo di una vita, vivendo di piccoli momenti liberatori e accendendo il desiderio di conoscere nuove persone anche nel più misantropo dei cuori".

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Night Raiders

Night Raiders

"Tra immagini allegoriche e leggende suggestive, Night Raiders fa della semplicità la sua carta vincente e anche gli elementi sci-fi si inseriscono davvero bene in un contesto quasi poetico nel suo approccio alla rappresentazione della società e del rapporto tra madre e figlia. Le eroine della storia, inoltre, lo diventano grazie alla loro resilienza, all’empatia e al legame con le proprie tradizioni e la natura, elementi che enfatizzano con intelligenza il messaggio che è alla base del progetto cinematografico".

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Lamb

Lamb

"La regia di Valdimar Jóhannsson dimostra già una grande maturità e consapevolezza degli elementi migliori a propria disposizione, concedendo il tempo agli attori per costruire l’intensità necessaria a capirne le motivazioni senza dover ricorrere in spiegazioni o semplificazioni della loro dimensione interiore. Lamb, nonostante l’importanza delle tematiche trattate, possiede anche alcuni momenti divertenti, come la visione di un video musicale del passato, e immagini incredibilmente di impatto senza dialogo, concentrando la propria telecamera solo sulle espressioni delle pecore nella stalla. Il ritmo in crescendo dei vari capitoli conduce a un epilogo spiazzante e duro nella sua realistica crudezza dopo la sensibilità al centro delle dinamiche in famiglia, così focalizzate sull’accettazione della diversità e sulla comprensione. Lamb, nonostante abbia più di un passaggio debole nella struttura narrativa, sa lasciare il segno e spinge a riflettere, facendo ben sperare per il futuro del cinema islandese".

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non ti pago

Non ti pago

"Poteva sembrare facile e scontato “portare a casa” il risultato, partendo da un testo di un maestro come De Filippo. Eppure, tra i tanti adattamenti per il piccolo e grande schermo nel corso degli anni, di scivoloni ne abbiamo visti parecchi, come recentemente Mario Martone con Il sindaco del Rione SanitàDe Angelis invece continua sul solco tracciato da Natale a casa Cupiello, riuscendo, nella giusta commistione tra fedeltà di partenza e freschezza negli intenti, a far rivivere a pieno l’opera".

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Marilyn ha gli occhi neri

"Tra Soul Kitchen (il setting di una cucina-loft ne è forse un omaggio) e Si può fare, Marilyn ha gli occhi neri vive però di una forza tutta sua. La sceneggiatura è appunto semplicissima ma scritta con un’eleganza rara: sarebbe facile, con un soggetto del genere, cadere nel già visto o nell’edulcorato. Il pericolo, invece, è preso di petto e annullato dalla volontà – totalmente realizzata – di raccontare nel modo più sincero (e leggero) possibile una storia comune di persone comuni, con problemi in cui tutti potranno riconoscersi e immedesimarsi".

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Dovlatov

Dovlatov - I libri invisibili

"Dovlatov – I libri invisibili di Aleksey German Jr. è un affascinante quanto asettico biopic dal ritmo placido e ipnotico, quello del lungo pezzo jazz che contorna il divagare “hemingwayiano” di Dovlatov dall’inizio alla fine; il quale rincorre – senza saperlo – una tranquillità quotidiana, la pace con sé stesso pur nella paura di essere un fallimento come autore e come persona. Ripreso spesso in lunghe scene-sequenze, dove la macchina da presa si insinua in fumosi festini di artisti reietti e outsider, il film è allo stesso modo una sineddoche che rappresenta la sofferenza di chi crea ma non riesce a comunicare con il mondo, di chi fa arte ma non riesce per qualche ostacolo a far uscire la sua voce: una condanna forse peggiore della morte".

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il visionario mondo di Louis wain

Il visionario mondo di Louis Wain

"Ci vogliono coraggio e una certa lucidità progettuale per riuscire a fare quello che il regista e sceneggiatore Will Sharpe ha fatto, con successo, in Il visionario mondo di Louis Wain: ovvero usare il biopic non tanto per raccontare l’aneddotica storia di un individuo ma, soprattutto, per trasmettere in modo emotivo, viscerale e con un intenso studio formale ed estetico lo spirito di quella persona. Quasi come se la classica “storia vera” fosse una scusa per liberare la creatività e non l’obiettivo primario del racconto."

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due donne

Due donne

"C’è un grandissimo sentimento nostalgico che pervade Due donne di Rebecca Hall. È la nostalgia per un certo tipo di vecchio cinema hollywoodiano, qui formalmente rievocato dal quattro terzi (il cosiddetto “formato Academy”, che era appunto lo standard della Hollywood classica prima che arrivasse il Cinemascope) e dall’uso di un bianco e nero dalla consistenza fotografica, in questo caso illuminato con luce naturale, in cui sono i primi piani il centro focale di tutta la drammaturgia visiva. Due donne questo preciso lavoro “all’indietro” lo compie magnificamente, costruendo quadri quasi teatrali, estremamente posati, e anche se l’esordiente alla regia Rebecca Hall non lavora granché sui piani della profondità visiva (un vero peccato) il risultato è comunque, solido, coerente, a tratti poetico."

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Tick, tick... BOOM!

"Messa da parte la potenzialità più (auto)riflessiva, Tick, tick… BOOM piano piano però si riprende e Lin-Manuel Miranda si dà al divertimento. Le scene musicali diventano il centro drammaturgico e visivo di tutto, è dove si gioca il senso della storia e hanno idee fortissime, costruite sull’idea del contrasto tra musica/testo e immagini. La sequenza del brunch della domenica è in questo senso spettacolare, realizzata come qualcosa di epico mentre racconta in realtà della vuotezza della vita. Altre sequeneze sono meno forti, ma nel complesso Tick, tick… BOOM! è, in quanto puro musical, sinceramente eccezionale."

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cry macho

Cry Macho

"Cry Macho, con Clint al centro a interpretare un vecchio cowboy da rodeo che deve salvare un ragazzino messicano dalla sua stessa famiglia, è allora più semplicemente un altro tassello che (de)costruisce il mito di Eastwood e che qui, con una dolcezza infinta e una lucidità ormai indubbia, ci racconta senza fronzoli e con una linearità disarmante quanto essere macho “sia sopravvalutato”. In questo road movie dal Texas al Messico e ritorno, a bordo di tante macchine (una più scassata dell’altra) e in compagna di un gallo da combattimento chiamato appunto Macho, Mike Milo (Eastwood) e Rafo (Eduardo Minentt) viaggiano verso un’ipotetica libertà, verso un sogno americano pieno di dubbi e che ci fa domandare, come spesso accade nei suoi film, cosa davvero è in gioco quando facciamo delle scelte di vita (morali o meno)."

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