La Corea Del Nord danneggia Sony ma non fermerà The interview, anzi
L'idea che una casa di produzione possa davvero fermare la distribuzione di un film come The interview è pura follia passatista
Il film con Seth Rogen e James Franco, in cui i due interpretano dei giornalisti che si improvvisano assassini per uccidere il dittatore nordocreano Kim Jong-un, aveva da subito sollevato l’ira del regime che si era espresso attraverso il ministro degli affari esteri (l'aveva definito "un atto terroristico e di guerra" con sprezzo del ridicolo) e poi aveva chiesto l’intervento dell’ONU per bloccare la pellicola che oltraggia il loro leader. A quanto pare quando il resto del mondo ha smesso di ridere la Corea del Nord ha agito da sola scatenando i suoi hacker. Al collettivo noto come Guardians of Peace infatti dobbiamo il gigantesco leak Sony al quale stiamo dando ordine in questi giorni (così tanto è il materiale che ci vuole tempo per leggerlo ed esaminarlo tutto), nonchè la presenza nei circuiti pirata di film come Fury. Un danno non da poco, una vendetta non trascurabile.
Queste sono le ore della forte protesta interna ad Hollywood e degli scenari apocalittici. Tutto questo però non deve sorprendere nè spaventare.
Non solo la cyberwarfare (cioè la guerra a mezzo internet) non è una novità, anzi è in giro da così tanto tempo che anche il fatto che sia usata per un simile scopo non è strano, ma anche la questione che alla fine sia stata la paura degli esercenti a causare il ritiro del film è l’ennesimo esempio di come questa categoria sia tra le più pavide di tutta la filiera. Non c’è nessuno scenario apocalittico da prefigurare nè le sorti di Hollywood sono in mano agli hacker.
Quello che tutta questa storia ci insegna è tuttaltro.
La prima cosa è la rilevanza del cinema nell’immaginario mondiale.
La seconda cosa che questa storia insegna o insegnerà al mondo (e soprattutto ai nordcoreani) è quello che andiamo dicendo da anni, ovvero che la sala non è più il luogo di visione primario dei film e le case di distribuzione non sono più gli unici proprietari dei loro film. La Sony infatti non distribuirà The Interview né nei cinema né online, ma sappiamo tutti che comunque il film finirà in rete e dato il grande baccano che ha generato sarà visto molto di più di quanto non sarebbe stato visto in altre condizioni (lo ha spiegato con efficacia anche Judd Apatow in un suo tweet).
In altre parole l’attacco alla Sony ha provocato grossi danni allo studio, ma non ha assolutamente fermato il film, anzi gli ha dato una forza propulsiva che non avrebbe avuto in nessun altro caso. Non c'è nulla oggi che possa bloccare un film, nessuna censura nè minaccia, The Interview sarà visto molto più di prima, diventerà il film “che non volevano farci vedere”, il film che ha fatto adirare Kim Jong-un (senza che l’avesse visto), la pietra della guerra informatica tra USA e Corea del nord e via dicendo. Tutte definizioni esagerate che comunque saranno incollate ad un film che forse (lo sapremo solo quando lo vedremo) nemmeno è divertente.
The interview ora è diventato un successo garantito, solo che la Sony non ci guadagnerà un soldo per la pavidità degli esercenti.