Cloud Atlas, i Wachowski a cuore aperto su HitFix
Dopo il corposo profilo dedicato ai fratelli Wachowski dal New Yorker, Andy e Lana rilasciano una mega intervista a HitFix; inoltre, un nuovo poster internazionale...
Anche se il tuo nome è Drew McWeeny e anche se ti ritrovi a essere uno dei più noti e rispettati professionisti della stampa cinematografica web americana, ti può succedere di avere il tuo personale "bigfoot" da inseguire, la tua creatura mitologica irraggiungibile, arcana, misteriosa.
L'intervista è lunghissima e noi riporteremo le parti più interessanti. Tuttavia, se avete dimestichezza con la lingua, vi consigliamo davvero di leggerla integralmente, perché si tratta realmente di un pezzo che dice molto su come funzioni attualmente l'industria cinematografica. Un settore in cui la componente artistica, creativa, è ormai del tutto subordinata a delle logiche "contabili" e algide che hanno portato il cinema nella situazione, quantomeno sterile, in cui si trova oggi. Perché se i creatori di una delle saghe "pop" per eccellenza, quella di Matrix, devono racimolare da soli il denaro per produrre un film ambizioso come Cloud Atlas, mentre il remake di Total Recall diretto da Len Wiseman si becca a occhi chiusi un budget di oltre cento milioni di dollari, significa che qualcosa non quadra.
Lana comincia ad annuire ancor prima che l'editor finisse la frase:
Abbiamo avuto questa conversazione moltissime volte. L'impeto principale di Speed Racer nasce dal fatto che noi siamo persone che pensano visivamente. Andiamo di continuo a musei, gallerie d'arte. I quadri hanno un aspetto così profondamente, drasticamente differente gli uni dagli altri. ma al cinema pare tutto uguale. Esteticamente, è come indossare una camicia di forza. Abbiamo iniziato a parlare di cubismo e ci siamo chiesti "come potremmo fare a dare forma a un film cubista?". Se provassimo a fare una cosa del genere, faremmo la fine di Picasso, che ha rischiato di venir linciato dopo aver dipinto Guernica (...) Gli adulti rifiutano il cambiamento, e un'estetica troppo innovativa è come un assalto estetico che li coglie di sprovvista. Per i bambini è diverso, loro sono più propensi ad accettarlo (...) Con Speed Racer abbiamo voluto attaccare ogni singola idea estetica prestabilita. Non abbiamo usato un montaggio standard. Perché fare degli stacchi di montaggio triti e ritriti? Abbiamo optato per una modalità espressiva assimilabile allo stream of consciousness, in modo simile a quanto fatto in letteratura da James Joyce, che ha voluto dimostrare come la mente umana operi senza tagli, senza una sequenzialità definita (...) Speed Racer trascende la narrazione lineare classica.
Il processo creativo che ha portato alla nascita di Cloud Atlas ha potuto fare affidamento a un particolare elemento, il Sestetto di Cloud Atlas, composto dallo stesso Tykwer, che ha un ruolo molto importante nell'economia della pellicola. McWeeny domanda se il fatto di avere la musica direttamente sul set, mentre si girava, abbia influito sulla lavorazione.
Il filmmaker tedesco rivela:
E' un elemento cruciale fin dal principio. E' un metodo che ho sempre usato fin dal mio primo film, credo. Ma in questo è stato anche più importante. Hai degli attori che devono suonare il pianoforte e vuoi sentire cosa combinano. Quando Halle Berry è nel negozio di dischi sa a che stimolo musicale deve rispondere, ma anche noi dovevamo avere qualcosa su cui basarci. La prima approfondita ricerca delle atmosfere di un film è quella musicale, perché si tratta di un qualcosa che non ha ancora assunto dei contorni visuali.
Andy aggiunge:
Non faremo mai più un film senza prima averne fatto le musiche!
L'editor domanda poi come siano giunti all'ingresso di Tom Tykwer, di un terzo cervello, all'interno di un duo composto di base dai due fratelli.
Tom rivela: "siamo andati in vacanza insieme!".
E Lana sorridendo prosegue:
La gente a volte chiede "Come fate a dirigere insieme?", ma la parte più intima del processo creativo è la scrittura, non la regia, che è un'arte sociale, collaborativa. La parte rischiosa è scrivere insieme. Andy e io abbiamo una grande intesa, siamo abituati a lavorare in due e non sapevamo se un terzo ego poteva aggiungersi al gruppo. Non eravamo sicuri della cosa. Inizialmente abbiamo pensato che avremmo potuto fare come con James McTiegue. Noi avremmo scritto e Tom avrebbe diretto. Poi però abbiamo avuto a che fare con questo libro e abbiamo pensato che magari potevamo suonare tutti insieme (...) Avevamo sentito parlare di queste vacanze creative dove la gente si dedica a quello che deve fare dal punto di vista professionale e ci siamo detti "Potrebbe fare al caso nostro". Così ce ne siamo andati in Costa Rica. Di giorno facevamo boogieboarding e, di pomeriggio, ci mettevamo al lavoro.
All'uscita del primo trailer, ci sono state, a quanto pare, delle polemiche collegate al "miscuglio razziale", al fatto che Halle Berry può anche interpretare un'ebrea tedesca alla fine degli anni'30. Polemiche un po' sterili per McWeeny, specie in tempi in cui Andy Serkis da vita a una scimmia nell'Alba del Pianeta delle Scimmie.
Lana spiega:
C'è un sottotesto davvero interessante (...) La storia resta segregata dagli attori. Non possono... gli attori bianchi possono fare solo determinati ruoli. Ma questo film trascende i confini, spezza i legami pre-esistenti. Le ha permesso di impersonare un ruolo che, normalmente, non le sarebbe stato possibile interpretare.
Su BadPoster potete anche ammirare un nuovo poster internazionale del film, raggiungibile cliccando sul link:
Basato sull’omonimo romanzo di David Mitchell, Cloud Atlas vede protagonisti Tom Hanks e Halle Berry, oltre a Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Doona Bae, Ben Whishaw, James D'Arcy, Keith David e David Gyasi. Nel cast anche Hugh Grant e Susan Sarandon, e le attrici cinesi Zhou Xun e Zhu.
Ecco la trama del libro, come riportata sulla quarta di copertina dell'edizione italiana pubblicata da Sperling & Kupfer/Frassinelli con il titolo L'atlante delle nuvole:
"Il diario di un notaio americano di metà Ottocento, giunto sull'isola di Chatham, nel Pacifico, per assistere ai devastanti effetti del colonialismo. L'epistolario di un giovane musicista nel Belgio tra le due guerre mondiali che, talentuoso ma senza un soldo, mette in atto un diabolico piano per intrufolarsi nella magione di un celebre compositore e carpire non solo le sue intuizioni musicali ma anche le grazie della moglie e della figlia. L'odissea di un'intrepida giornalista che si trova in mano la scottante denuncia di uno scienziato contrario a un catastrofico progetto nucleare e quindi ucciso su commissione dalla propria azienda. Le vicissitudini rocambolesche di un editore inglese in fuga dai creditori nella Londra anni Ottanta. Il testamento di un clone schiavizzato in una sorta di McDonald's della Corea futuristica. L'alba del nuovo mondo all'indomani dell'apocalisse... Sei diverse storie, collocate in tempi e spazi diversi, che allacciano tra loro una stupefacente rete di rimandi, echi, collegamenti. Ciascuna narrazione s'interrompe, a effetto, per poi ricominciare e ricongiungersi in un'architettura narrativa sontuosa. Attingendo a linguaggi e a generi letterari differenti, Mitchell sorprende ancora una volta il lettore, spingendolo a riflettere, in un ardito gioco, sul fluire incessante, mutevole e ciclico della vita, impossibile da fissare, come il corso infinito delle nuvole.