Chrono Star Wars #31: Han Solo at Stars' End

Le avventure di un giovane Han Solo firmate da Brian Daley e riadattate a fumetti da Dark Horse: Han Solo at Stars'End ci porta nel Settore Corporativo

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Classic Star Wars: Han Solo at Stars’ End

Miniserie di 3 numeri

Data di pubblicazione: 1997-1998

Autore: Archie Goodwin

Disegnatore: Alfredo Alcala

Colori: Perry McNamee

Copertine: Kilian Plunkett

[caption id="attachment_72683" align="alignright" width="197"]Han Solo at Stars'End #1 Han Solo at Stars'End #1[/caption]

Anche se più in sordina, tra le grandi saghe originali come Crimson Empire e Tales of the Jedi, la Dark Horse non abbandona i suoi propositi di “archivista” delle saghe stellari a fumetti, e proseguendo sulla scia già tracciata alcuni anni prima con Classic Star Wars, continua a cimentarsi nell’adattamento e/o nel recupero di alcune storie della prima era di Star Wars. Stavolta tocca alla trilogia delle avventure di Han Solo, uscita in forma di romanzo negli anni a cavallo tra il 1977 e il 1983 e firmata da un nome famoso del panorama fantascientifico statunitense dell’epoca, Brian Daley, che da lì a poco avrebbe contribuito a cementare il mito della saga stellare anche con i celebri adattamenti radiofonici dei capitoli stellari cinematografici, gli Star Wars Radio Drama per la National Public Radio.

Ingaggiato da Lucas per stilare una trilogia di romanzi sulle avventure di Han Solo prima del suo fatidico incontro con Kenobi e Skywalker nella cantina di Tatooine, Daley, come gli altri autori dell’epoca, è animato da ottime intenzioni e da una buona padronanza del mezzo scritto, ma è costretto a muoversi in un panorama di cui si sa poco o nulla, non potendo sbilanciarsi né a esplorare il passato della galassia di Star Wars a grandi linee, né a caratterizzare il passato di Han Solo con trame troppo incisive o contraddittorie rispetto a ciò che si potrebbe vedere poi sugli schermi (il primo libro della serie, At Stars’ End, esce mentre l’Impero Colpisce Ancora è in fase di post-produzione, nel 1979). Daley risolve la cosa creandosi un suo campo di giochi personale ristretto, il Settore Corporativo, una sorta di Far West/Las Vegas Galattica retta dall’Autorità, un consorzio commerciale spietato e opprimente che strizza l’occhio alle distopie del futuro prossimo cyberpunk immaginate da William Gibson, e decide di ambientare le sue avventure in quel recinto di gioco senza curarsi troppo di quello che potrebbe accadere nel resto della galassia. Soluzione che risolve alla radice molti dei problemi narrativi, ma che lascerà un po’ a becco asciutto lettori e appassionati, che al di là di Han Solo, Chewbacca e il Millennium Falcon non trovano pressoché nulla di tutto il corpo di veicoli, alieni, mondi e tecnologie che avevano imparato a conoscere e ad amare dalle scene del film.

[caption id="attachment_72684" align="alignleft" width="195"]Han Solo at Stars'End #2 Han Solo at Stars'End #2[/caption]

Il primo volume, il suddetto At Stars’ End, ricalca un classico delle avventure pulp, vale a dire la sfida di organizzare un’evasione dal terribile carcere di massima sicurezza dell’Autorità, lo Stars’ End che dà il titolo al volume, e dove sono finiti imprigionati Chewbacca e una vecchia conoscenza di Han.

Il secondo volume, Han Solo’s Revenge, vede Han e Chewie scontrarsi con una delle piaghe della galassia su cui Lucas insisteva molto nelle prime stesure dei suoi copioni, quello della tratta degli schiavi (l’intera storia della razza Wookiee è legata al problema dello schiavismo, e anche se in maniera minore, il tema riaffiorerà molti anni dopo nello script di Episodio I). Per sventare la tratta di esseri umani/alieni, Han si alleerà e intreccerà un abbozzo di relazione sentimentale con Fiolla, avventuriera in bilico tra la lealtà all’Autorità e l’amicizia con i contrabbandieri.

Altro grande tema classico per il terzo volume della trilogia, Han Solo and the Lost Legacy, che vede l’equipaggio del Millennium Falcon impegnarsi nella classica caccia al tesoro per recuperare le leggendarie ricchezze perdute di Xim il Despota, un tiranno dei secoli passati. Atmosfere e scorribande in stile Indiana Jones (che proprio in quei tempi tiene banco al cinema) che si concludono con un nulla di fatto che costringerà i due, almeno nelle intenzioni dell’autore, a sanare i propri debiti chiedendo un prestito a Jabba the Hutt e avviandoli verso gli eventi del film.

[caption id="attachment_72685" align="alignright" width="193"]Han Solo at Stars'End #3 Han Solo at Stars'End #3[/caption]

Se le trame possono essere considerate né più né meno dei classici esempi di storie di fantascienza pulp, con tutti i pro e i contro impliciti nella categoria (buon ritmo, scene d’azione interessanti, stile vivace, ma uso a volte eccessivo degli stereotipi e scarso approfondimento dei personaggi), vale la pena di spendere due parole sull’uso dei disegni. Il lavoro di recupero della Dark Horse consiste nel riproporre gli adattamenti a fumetti della trilogia di romanzi realizzato a suo tempo dal nume tutelare scelto dalla Marvel per questo genere di opere, Archie Goodwin, affiancato per l’occasione dal disegnatore Alfredo Alcala. Così come accadeva in Classic Star Wars, gli adattamenti a fumetti regalano alla storia quella componente visiva e dinamica che mancava alla versione romanzata e che risultano essenziali alla narrativa starwarsiana. Utile e funzionale anche il tentativo di “recuperare”, a livello di scenari, fondali e dettagli di ambientazione una vicinanza più appagante agli scenari e alle atmosfere viste nella pellicola cinematografica, cosa che contribuisce ad attenuare quel senso di spaesamento e di estraneità che a volte penalizzava le pagine dei romanzi. Infine, anche in questo caso, va specificato come l’adattamento a fumetti abbia più un valore filologico e affettivo che altro: tratti, stile e sequenzialità (l’adattamento era stato proposto originariamente sotto forma di “strip” giornaliere nei quotidiani) richiamano ancora una volta molto da vicino i fumetti Sci-Fi pulp di Flash Gordon e compagni, quel calderone di idee e di avventure primigenio a cui la saga di Lucas deve moltissimo.

Equilibrio della Forza

Lato Chiaro

Star Wars nella sua forma più leggera e divertente: inseguimenti, scorribande, missioni pericolose, cacce al tesoro e colpi di scena. Uno Star Wars che strizza l’occhio a Flash Gordon e a Indiana Jones, come forse è appropriato per un ciclo di storie dedicato a quella canaglia di Han Solo.

Lato Oscuro

Il “trapianto” nel Settore Corporativo e l’impossibilità di interagire non solo con gli altri protagonisti, ma anche con qualsiasi altro elemento conosciuto dell’universo starwarsiano crea una sensazione estraniante. Non aiuta il fatto che dei personaggi nuovi introdotti nel ciclo di storie, pressoché nessuno abbia l’incisività o l’originalità per lasciare il segno nel lettore.

Giudizio finale

Le trame sono avventure autoconclusive senza troppe pretese, ma piacevoli e divertenti da esplorare. Gli adattamenti a fumetti proseguono la tradizione già inaugurata in Classic Star Wars senza aggiungere troppo a quanto detto in occasione di quel ciclo di storie. Una serie che non fa danni, ma da raccomandare solo ai completisti o agli assuefatti di Han Solo all’ultimo stadio.

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