Christopher Nolan presenta Inception a Roma

Il regista, assieme alla produttrice Emma Thomas, è arrivato nella capitale per parlarci del suo ultimo lavoro, oltre ad accennare brevemente a Batman 3 e ai suoi dubbi sul 3D...

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Fonte: Badtaste

Mattinata romana per Christopher Nolan ed Emma Thomas, rispettivamente regista/produttore/sceneggiatore e produttrice di Inception, film campione di incassi in tutto il mondo e che questa settimana arriva finalmente in Italia. Ecco le loro dichiarazioni più interessanti:

Christopher Nolan: I risultati al box office sono andati ben oltre le nostre aspettative. Con questo film, dovevamo comunque pensare al pubblico di massa, perché con un budget così alto non hai altre possibilità. La mia paura è che non venisse capito e che risultasse un puzzle troppo cerebrale, tanto da tenere lontano il pubblico, ma per fortuna non è andata così.

C.N.: Ho pensato a questo progetto per dieci anni, le influenze sono diverse, dallo scrittore argentino Borges, ai film di Stanley Kubrick e Ridley Scott, penso soprattutto a 2001 - Odissea nello spazio e Blade Runner. Ma ci sono anche tanti riferimenti a pellicole uscite al passaggio del secolo, come Matrix, Dark City, il mio Memento, che si interrogavano sulla natura della realtà. Io volevo coinvolgere il pubblico su cosa è reale e cosa no, quindi Inception è nato da questo desiderio. Ovviamente, dieci anni fa questa storia sarebbe sembrata aliena a buona parte del pubblico, ma nel frattempo, grazie a realtà come i videogiochi e i menu dell'iPod, è decisamente più comprensibile.

C.N.: Non realizzo degli storyboard o cose del genere per presentare un progetto agli studios, ma faccio soltanto leggere la sceneggiatura ed è su questo che si basano. A qualcuno è piaciuto, altri avevano dubbi, ma tutti si sono resi conto che per il successo del film bisognava dimostrare un atto di fede. Mano a mano che lo costruivamo, io giravo il materiale a loro, che avevano un'idea sempre più precisa di cosa era il film e di come venderlo. Dopo il primo montaggio, hanno visto il film e hanno capito come promuoverlo, cosa che hanno fatto benissimo. Ma come prima cosa c'è stato un grande atto di fede.

C.N.: Io mi sento un regista di film d'azione e provo un grande piacere nel girare queste scene. L'azione è una parte fondamentale del cinema, ma deve essere legata alla narrazione e avere uno scopo, essere importante per la trama e i personaggi. In questo senso, è stato un lavoro più semplice in Inception piuttosto che per Batman, visto che in questo film volevo spiegare le leggi del mondo attraverso l'azione. Non c'è niente di meglio per far capire le cose al pubblico, come gli ostacoli narrativi, ma comunque avvertivo la responsabilità che tutto questo avesse un significato, che risultasse importante per la storia e per l'evoluzione dei personaggi.

C.N.: Penso che il mondo di Inception sia infinito e offra tante possibilità. Per questo, vogliamo sviluppare un videogioco, considerando che è un universo così ricco di cose che non si possono mettere in un film. Mi piace l'idea che il pubblico possa lasciare la sala avendo l'impressione che questo sia un mondo infinito.

C.N.: Tutti i personaggi dei miei film avvertono un senso di colpa per qualcosa avvenuto in passato. Credo che questa dipenda dal mio amore per il mistero e il noir, c'è sempre qualcosa che è accaduto in precedenza che influenza sul presente. Non penso sia un'ossessione, ma è un modo efficace di analizzare una persona. Quando ho scritto la sceneggiatura, volevo rendere realistico il modo in cui opera la squadra di ladri, che è quello che faccio anch'io nel mio lavoro. Cerco di fornire le sensazioni giuste, l'obiettivo è di mettere assieme efficacemente una squadra e coinvolgere il pubblico. Non ho deciso di fare un film sul modo di cinema, ma adesso capisco che lo è.

Emma Thomas: Non abbiamo ragionato in questi termini quando lavoravamo al film e non desideravamo parlare consciamente di come si fa il cinema, ma poi sono sorti dei paralleli, per cui sembrava chiaro che Leo era Chris, qualcun altro rappresentava me e magari l'architetto del film simboleggiava lo scenografo. Abbiamo girato il film in 6 nazioni ed è stato difficile. Per anni, abbiamo pensato a un film più piccolo, ma ci siamo resi conto che non funzionava, perché il mondo onirico è troppo ampio. E' stata una grande sfida, anche per tutto il lavoro di preproduzione, ma devo dire che quando hai sei mesi di riprese, andare nella stessa location diventa noioso, quindi eravamo contenti della scelta, che dimostrava anche l'originalità della pellicola. Per quanto riguarda gli effetti visivi, erano molto importanti, ma dovevano sempre essere un'estensione dei set concreti, come le strade a Los Angeles o in Marocco.

C.N.:
Non mi piace parlare di progetti in corso, nel caso di Batman 3 sto lavorando alla sceneggiatura assieme a mio fratello Jonathan, che ha già creato una stesura. E' vero che c'è una data di uscita anche se, paradossalmente, nessuno ha ufficialmente dato il via libera al film, ma d'altra parte nessuno mi ha detto che non lo vogliono fare (qui Nolan è chiaramente ironico, ndr).

C.N.: Grazie ai risultati de Il cavaliere oscuro, abbiamo potuto lavorare su un progetto personale e ad alto budget, una cosa che non capita mai. Proprio per questo, avvertivo una grande responsabilità, e il successo del film ci ha resi felici, oltre a confermare la bontà delle nostre intenzioni. La speranza è che questo fornisca maggiori possibilità ai realizzatori di fare film personali, una situazione in cui è difficile dire se vedremmo più bei film che brutti. Comunque, quando hai successo, puoi farti supportare progetti più originali e coraggiosi, come successo a noi.

E.T.: non c'e' dubbio che film come questo e Avatar possano essere utili per far sì che gli studios realizzino più film di un certo tipo e lascino mano libera ai registi. Penso che sia meglio che i film siano portati avanti dai realizzatori che vogliono fare un prodotto d'autore che dai burocrati, che magari copiano altri successi triti e ritriti.

C.N.: Personalmente, nutro una grande preoccupazione per il 3D, legata sia agli occhialetti che bisogna indossare che per la scarsa luminosità dell'immagine. Comunque, è il pubblico che devo decidere come vuole recepire un film. Io comunque preferisco giocare con le dimensioni per i miei lavori, come con l'Imax, ma magari il 3D va bene per le storie intime e più personali. Io continuo ad avere dei dubbi.

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