Chris Claremont: Ecco da dove ripartirei con gli X-Men

Chris Claremont avrebbe dei piani molto precisi in mente, se avesse di nuovo in mano le avventure degli X-Men

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


Condividi

Dopo le recentissime dichiarazioni di Chris Claremont sui suoi progetti relativi a X-Men Legends, al prequel di Giorni di un futuro passato e a quel che farebbe se fosse ancora lo sceneggiatore delle testate mutanti, in generale. Altre dichiarazioni si sono aggiunte a quelle che vi abbiamo riportato qualche giorno fa.

Cosa farebbe Chris Claremont se avesse l'incarico di raccontare nuovamente le vicende degli X-Men? Riscriverebbe completamente la loro storia, nel modo che ha spiegato lui stesso in questi giorni.

Claremont - Se potessi, rivisiterei l'arco narrativo di Rachel che stavo iniziando nel numero #209, in maniera fa poterlo portare a termine come una miniserie o una maxiserie che dia il via a Excalibur. Mi piacerebbe rivedere la storia di Rachel, così potrei mettere a posto le cose tra lei e la Fenice. Il mio secondo desiderio? Mi piacerebbe tornare indietro e convincere Jim Shooter ad accettare la proposta che gli feci riguardo X-Factor, ovvero di mantenere Jean morta e di mantenere questa decisione nella continuity. Riporterei Scott al fianco di Madelyne e del bambino, lo farei diventare il Professor X di X-Factor, coinvolgerei la sorella di Jean come membro esterno della squadra e, in questo modo, darei qualcosa da fare a Hank, Bobby e Warren, invece di farli diventare irrilevanti narrativamente.

Oltre che di piani per storie eventuali, che probabilmente non vedremo mai realizzati, Claremont ha anche parlato della propria filosofia riguardo la scrittura degli albi singoli e la strutturazione di archi narrativi seriali.

Claremont - A volte si tende a strutturare le cose in grande anticipo, quando si scrive una serie, ma il problema è che il risultato è sempre inaspettato. Ci sono storie che possono funzionare con un certo artista e non altrettanto con un altro. Oppure un personaggio può emergere dalle terze file, colpire la mia immaginazione o quella del disegnatore, che potremmo decidere si seguire una nuova strada. Oppure, come succede a volte, si scrive un episodio che si rivela un totale fallimento. Nel qual caso, come dice il motto di Archie Goodwin, hai trenta giorni per rimediare. Perché così funziona il Fumetto.

Uncanny X-Men

Certo che in una serie si prende prima una certa direzione, ma si può sempre cambiare in corsa. Se peso a Stan Lee e a quel che ho imparato dall'uomo che ha costruito l'Universo Marvel, ricordo che per lui gli albi erano sempre singole storie, con uno sviluppo e una conclusione. Non significa che i personaggi non progrediscano, ma ogni albo doveva essere anche indipendente, perché all'epoca la distribuzione faceva schifo e da lettore non potevi mai sapere di preciso quando avresti avuto in mano il numero successivo. Bisognava fare i conti con quella realtà. Ma Stan diceva sempre che, se c'era in ballo un'idea davvero grandiosa, allora si poteva dividere su due uscite, come facemmo per Giorni di un futuro passato.

Il punto è che ho imparato a sceneggiare fumetti in un'epoca in cui bisognava sempre tenere al gancio il pubblico  e creare entusiasmo, ma anche tenere a mente che nelle edicole gli albi potevano non arrivare in ordine. Quindi ogni numero poteva attirare nuovi lettori e bisognava costantemente ricordare loro quale fosse la natura del personaggio e del mondo attorno a lui. Mai dare le cose per scontate. I lettori di vecchia data potranno anche trovare la cosa un po' noiosa, ma la nostra prospettiva era che, se un mese vendevano cento copie, quello successivo volevamo che fossero 110. E magari, il giorno in cui avessimo raccontato un grande evento con un nuovo disegnatore entusiasmante, saremmo arrivati a vendere 7.9 milioni di copie. Quella era l'idea.

Ogni numero era un gradino di una scala infinita che doveva migliorare le cose per gli autori, per la compagnia e, in una certa misura, anche per i personaggi. E accaparrarsi ogni lettore possibile, che magari poi ne avrebbe parlato con gli amici. Ma se devo creare un personaggio talmente grandioso da essere la cosa migliore mai creata dai tempi della poltrona, allora devo pensare che le vendite giustificheranno quella creazione. Voglio che sia una cosa potente come Avengers: Endgame e che incassi tre miliardi di dollari al botteghino. Sono avido? Sì. Ma ho abbastanza fiducia nei miei personaggi da essere convinto che i lettori ne trarranno una soddisfazione proporzionale. E che convinceranno anche gli amici a leggere.

Fonte: Bleeding Cool | Bleeding Cool

Continua a leggere su BadTaste