Cats è davvero come avete letto
Due ore in compagnia del Cats di Tom Hooper vi faranno odiare la parola “Jellicle” più di ogni altra cosa al mondo
Il flop del Cats ha un psss nella mmm...
Flop clamoroso al box office quando uscì lo scorso Natale, un periodo nel quale ci sembrava che discutere delle pudenda di Judi Dench fosse la questione più urgente del mondo, e primo caso della storia di film uscito in Early Access e patchato in seguito agli input dell’utenza, Cats è arrivato ora su Netflix, che ha deciso di dare la possibilità al 99% delle persone che hanno un’opinione su Cats senza averlo mai visti di colmare questa minuscola lacuna logica nel loro ragionamento.
... e noi lo ripariamo con la CGI (del Cats)
Parlare male di Cats discutendo della qualità della sua CGI è come parlare male di Batman v. Superman discutendo di Martha: troppo facile, lo sta facendo il mondo intero da mesi. Il problema è che il mondo intero, come dire, non ha del tutto torto: la CGI di Cats è un incubo, anche se non necessariamente per i motivi che credete. Quello che intendiamo dire è che, da un punto di vista prettamente tecnico, il lavoro fatto per trasformare un gruppo di volti noti di Hollywood in... nei protagonisti del film è assolutamente degno di nota, a tratti impressionante, e sicuramente promettente nel caso dovesse finire in mano a gente con una visione e un’idea.
Early Access, beta e patch varie
C’è poi il problema, sempre restando in ambito “realizzazione tecnica”, che l’effetto perturbante da uncanny valley felina (uncatty valley?) è solo amplificato da una serie di glitch ed errorini più o meno evidenti, la maggior parte dei quali, va detto, sono scomparsi con il passare delle edizioni, ma alcuni dei quali ancora si annidano qui e là nel corso del film (drinking game suggerito: uno shot ogni volta che ne beccate uno). Ed è sconvolgente, shockante e mai visto prima il percorso che ha portato alla sparizione della gran parte degli errori: Cats è uscito al cinema con tutti i glitch al loro posto, e in seguito a pessime recensioni e lamentele da parte del pubblico (e, immaginiamo noi, almeno tre diverse pet-izioni su Change.org), è stato riparato in corso d’opera e ributtato al cinema in versione 2.0, Questa Volta Con Meno Mani Di Judi Dench Al Posto Delle Zampe.
È lo stesso identico approccio creativo utilizzato da molti studi videoludici più o meno indie: ti vendiamo un prodotto incompleto e da sistemare, a un prezzo ridotto, e in cambio tu ci aiuti a trovare le magagne. È tra l’altro un approccio che ha portato molte soddisfazioni a molti studi di sviluppo, quindi la nostra non è una critica al metodo in sé; diciamo che vederlo applicato da una major che ha speso tra gli 80 e i 100 milioni di dollari per mettere in piedi tutta la baracca fa un certo effetto, ecco.
Cosa Cats...
La più che legittima domanda che dovreste farvi adesso è: “d’accordo, la CGI, ma al netto di quello il film com’è?”. La risposta è articolata, e parte da molto lontano, dalla considerazione cioè che Cats nasce da un grosso equivoco: Old Possum’s Book of Practical Cats, il libercolo di poesie scritto da T.S. Eliot (quello di La terra desolata, non un omonimo) da cui Andrew Lloyd Webber ha preso ispirazione per la sua versione musical, è un’opera assimilabile alle Lettere da Babbo Natale di Tolkien, una collezione di operette divertenti pensate per i suoi figliocci. Per qualche motivo l’autore di Jesus Christ Superstar le ha lette e ha pensato “questa non è roba per bambini, questa è la perfetta base per un musical dall’alta carica furry-erotica ambientato nei vicoli al neon di una Londra a misura di felino!”, ed è così che è nata la versione di Cats che più spesso viene associata al titolo Cats (a meno non siate fan della piece orchestrale Practical Cats di Alan Rawsthorne).
Che è un musical molto amato dal pubblico ma anche molto mal considerato dalla critica in generale, che ne ha sempre messo in evidenza la natura destrutturata e quasi casuale e l’ha sempre visto come una collezione non particolarmente coerente di numeri musicali non sempre all’altezza della fama del loro compositore. Di fronte a tutte queste critiche ormai storiche al musical, Tom Hooper ha reagito dicendo “sì!” e ha rifatto esattamente gli stessi errori: Cats è una collezione incoerente di canzoni troppo lunghe per mantenere alta l’attenzione fino in fondo, girata come se Londra fosse il set di Dick Tracy, o l’incubo acido di una gattara (o di un gattaroù). Qui e là sembra di stare in un film di Jodorowski, o in un quadro surrealista, nel quale è tutto sbagliato comprese le proporzioni tra ogni singola entità: perché i gatti con la faccia umana sono alti un metro e ottanta ma i topi con la faccia umana sono alti come topi veri? perché ci sono porte che sembrano gattaiole e finestre alte come la facciata di una cattedrale? Cats è un film talmente non euclideo che guardarlo tutto di fila senza fare mai pausa rischia di modificare la vostra percezione della realtà fisica che vi circonda; un’opera lovercraftiana senza volerlo, il film più vicino all’idea nietzschana di abisso nel quale guardare e dal quale venire guardati che sia mai stato fatto dai tempi di Battaglia per la terra.
«Ma allora lo guardo o no?»
Domanda più che legittima: se Cats è davvero così terribile, perché dovreste perdere un’ora e quaranta della vostra vita a guardarlo su Netflix dopo che eravate riusciti a scampare il cinema? Non abbiamo una risposta univoca, ma vi proponiamo una serie di potenziali motivi:
Per vedere se è tutto vero perché non vi fidate mica
Per vedere se davvero hanno rimosso digitalmente tutti gli ani felini o se ne è rimasto almeno uno, uno sprazzo, un’occhiata, un lampo ai margini del campo visivo
Per giocare al drinking game degli errori di CGI
Perché siete fan di Taylor Swift con tendenza al completismo
Perché non avete niente di meglio da fare e avete già letto tutto l’Internet possibile
Perché vi è piaciuto il lavoro fatto da MPC Vancouver per il film di Sonic e volete godervi un’altra delle loro opere
Perché no?