Cannes 70: premi pavidi e un po' conservatori, da quella giuria ci si poteva attendere di più

Trionfo del moscio e sconfitta dell'audace: Cannes 70 si chiude con ben poca voglia di mettere al centro della scena i film più duri

Critico e giornalista cinematografico


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In un’edizione particolarmente moscia e senza guizzi non era difficile aspettarsi un palmares moscio e privo di guizzi.

Sarebbe infatti stato un guizzo premiare l’audacissimo Le Redoutable, il film ironico, grottesco e caricaturale sulla svolta di Jean Luc Godard, o anche sarebbe stato molto audace premiare Jupiter’s Moon, cinema di fantascienza ungherese di grande appeal commerciale, un po’ calcato su I Figli Degli Uomini ma davvero capace di stupire (alla conferenza stampa di chiusura Will Smith ha dichiarato che quello era il suo preferito). E senza esagerare sembrava più corretto dare qualche premio a A Gentle Creature, film sofisticatissimo e denso come pochi altri.

Avevamo detto prima di partire che, vista la selezione priva di grandissimi maestri e densa di nuove leve, sarebbe stato interessante capire se il festival aveva fatto una scelta di frontiera. Ora che li abbiamo visti tutti possiamo dire che non è stato così. La qualità media era, per l’appunto, media e quest’edizione 70 non ha fatto una buona pubblicità alla generazione che dovrebbe succedere a quella dei grandi maestri. Certo non si esaurisce qui il mondo del cinema che ci aspetta, i cineasti in gara e fuori concorso sono solo un assaggio. Inoltre bisogna ricordare che la Quinzaine Des Realisateurs e la sezione Un Certain Regard erano come sempre decisamente in forma.

Ad averci perso insomma è stato principalmente il festival propriamente detto, inusualmente privo di film americani e importanti fuori concorso, inusualmente privo di star immense del cinema d’autore e privo di vere scoperte.
Sicuramente ne guadagnerà Venezia, sia dal lato più commerciale (già è chiaro che alcuni dei filmoni più attesi saranno lì) sia da quello del cinema di frontiera.

Invece ha vinto The Square di Ruben Ostlund, ironica e umoristica incursione nei terreni delle sicurezze e insicurezze maschili. Una giuria che abbiamo sempre definito femminista ha finito per pendere più dalle parti di un film che mette in crisi l’atteggiamento e le aspettative della società sui maschi che uno che esalti la figura femminile.
The Square sarà una sorpresa per molti, perché non corrisponde a quel che ci aspettiamo da una Palma d’Oro. Nonostante sia un po’ lungo è piacevole e di buon intrattenimento, prende in giro l’arte moderna e (unico momento meritevole un premio) ma sa anche chiudere con una sequenza realmente disturbante, davvero scomoda e capace di mettere a disagio lo spettatore. Se non altro.

Inqualificabile davvero invece il Gran Prix andato a (BPM) Beats Per Minute, la correttissima incursione nelle peripezie del movimento Act Up! francese degli anni ‘80. Cinema che blandisce tutto il blandibile, fa star bene lo spettatore, ammira i propri protagonisti incondizionatamente e non presenta nessuna zona d’ombra. Troppo corretto per essere vero.

Ci si aspettava forse un po’ di più per The Beguiled, invece ha preso il premio alla regia. Così Sofia Coppola finisce nell’Olimpo delle registe ad aver vinto questo premio (è solo la seconda), meritandoselo tutto, specie per il fatto che è proprio con la regia e la messa in scena che ha ribaltato il precedente film tratto dal romanzo che dà il titolo a questo. Con una carriera di alti e bassi la Coppola è sempre riuscita ad esprimere un punto di vista sul mondo e sui personaggi così unico e personale che questa magra consolazione suona, se non altro, appropriata.

Sono invece indiscutibili Joaquin Phoenix e Diane Kruger come miglior attore e attrice. Era abbastanza evidente che sarebbero stati loro i front runner, talmente superiori alla media erano le prestazioni. Lo stesso non si può certo dire della miglior sceneggiatura divisa tra The Killing Of A Sacred Deer e You Were Never Really Here (specie quest’ultimo). Sembra che la giuria ci tenesse molto a premiare alcuni film e abbia arbitrariamente suddiviso i premi. Perché questi due film se brillano lo fanno non certo per la scrittura. Ben di più avrebbe meritato quella di The Meyerowitz Stories, di Le Redoutable o ancora quella di The Day After.

Infine quello che tutti credevano essere il vincitore designato, Loveless, ha preso il Gran Premio della Giuria. Peccato, era questo un altro di quei film che si era distinto per rigore e audacia, uno di quelli in grado di andare un po’ oltre la normale messa in scena.

Senza commento e senza senso il premio speciale del 70esimo a Nicole Kidman.

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