Cannes 69 scarta gli italiani, millanta l'horror ma promette vero godimento
Con promesse di vampiri e cannibali che difficilmente manterrà ma una certezza nei suoi nomi, Cannes 2016 appare meno autoreferenziale del solito
Come ogni anno ci sono alcuni dei nomi più grandi del cinema mondiale al festival di Cannes, non troppi americani e un esiguo numero di francesi (per essere Cannes). Più dell’anno scorso troviamo filmografia diverse dalla Romania, alla Corea, al Giappone fino al ritorno della Germania in concorso. Di certo, nonostante Fremaux nell’annunciare Xavier Dolan e il suo nuovo film Juste La Fin Du Monde abbia precisato che “è solo la seconda volta che viene in concorso. Non dite che chiamiamo sempre gli stessi”, ci sono gli irrinunciabili. Solo poco dopo infatti ha annunciato la presenza dei fratelli Dardenne, Assayas, Ken Loach o Christian Mungiu, cineasti che paiono esistere solo in quel festival.
Invece fa davvero piacere scovare nel concorso una regista come Andrea Arnold con il suo primo film americano, American Honey, fa piacere ritrovare l’immenso Paul Verhoeven con un thriller su una casa di videogiochi, Elle, e c’è acquolina in bocca per Agassi di Park Chan-Wook (il tennista non c’entra, è il titolo coreano) come per il nuovo film da regista di Sean Penn dopo due prove solidissime come Into The Wild e La promessa. Se è di qualche indicazione per la qualità l’inserimento in concorso invece che fuori concorso, si può invece sperare per Julieta di Pedro Almodovar. Di certo si riderà con Nice Guys di Shane Black e si andrà in chiesa per un nuovo film del grandissimo Hirokazu Kore-eda.
Non ci lasciamo ingannare dai due film di vampiri e il cannibal movie di Refn (componente molto sottolineata da Fremaux), sappiamo bene che la presenza di un vampiro non fa un film di vampiri e che la selezione ufficiale non ama il genere puro. È più probabile qualcosa come Solo gli amanti sopravvivono di Jarmusch piuttosto che i film duri che invece è la Quinzaine (i cui film saranno svelati tra pochi giorni) a presentare di solito.
E proprio alla Quinzaine sono affidate le ultime speranze italiane. Pare scontata la presenza di La pazza gioia di Paolo Virzì mentre si spera sia per l’ultimo film di Claudio Giovannesi sia per il nuovo film di Kim Rossi Stuart.
In ogni caso i molti piagnistei sulla decadenza del cinema italiano che già sembra di poter sentire non hanno ragion d’essere. Con un po’ più di un pugno di grandi autori riconosciuti, stimati e premiati, un cinema d’autore molto sano e anche discretamente rinnovato, oltre ad una presenza massiccia l’anno scorso, possiamo stare tranquilli quest’anno in cui abbiamo vinto l’Orso d’Oro con Fuocoammare e, Bellocchio a parte, non avevamo nulla di pronto (o di valevole) da sottoporre al festival e in cui comunque è stato preso per la sezione Un certain regard un film come Pericle il Nero.
Alle volte, semplicemente, tutti i titoli migliori si concentrano nella medesima annata.