[Cannes 66] Bilancio parziale sul Festival: la piccola bolla di cinema di Cannes

Bilancio parziale di un festival che ancora deve finire ma che già sta dando indicazioni su dove stia andando il cinema di questi anni...

Critico e giornalista cinematografico


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A tre quarti di Festival di Cannes una cosa è chiara: è una grande edizione.

Abbiamo visto film molto forti e lo sapevamo tutti, prima ancora di partire. Talmente tanto che la gente qui è moltissima, molta più degli anni precedenti. Una folla tangibilmente maggiore. Più file, più traffico e più problemi nonostante la pioggia costante costringa i meno audaci a non uscire e rimanere a lavorare quanto più possibile.

Quest’edizione sta segnando il ritorno di un cinema opulento. I film migliori raccontano di ricchezze, grandi scenari oppure sono fatti con mezzi elevati e gran ricerca, lontanissimi dal minimalismo espressivo di inizio anni 2000. Anche cineasti che in precedenza avevano lavorato con budget minuscoli quest’anno portano film importanti.

Se poi Cannes è di qualche indicazione per il cinema più in generale possiamo anche dire di esserci liberati della rivalutazione della serie B. Non che non ce ne fosse bisogno ma dopo diversi anni di influenza cominciava ad essere decisamente ingombrante. Di tutti i film selezionati solo Only God Forgives ne porta i segni, il resto delle pellicole hanno smesso di citare, richiamare o rifarsi a quel modus operandi.

Si conferma grandissima anche la selezione della Quinzaine e Semaine ovvero quelle parti del festival che sono votate alla scoperta di nomi nuovi e film oscuri e sconosciuti.

Stiamo vedendo molto di poco noto e davvero potente (Jodorowsky’s Dune, Le garçon e Guillame a la table!), a fronte di poche e sparute marchette (i film che un festival si trova a dover prendere a prescindere dalla qualità in modo da potersi assicurare altri film, molto buoni, delle medesime case di produzione, come evidentemente è stato per Muhammad ali’s greatest fight).

Quanto al Concorso, manca ancora qualche pezzo da 90 (Jarmusch e Polanski su tutti) ma sembra che nei giorni sia cresciuto l’apprezzamento generale per il bel film dei fratelli Coen e ha subito creato un movimento d’opinione a suo favore il fantastico La vie d’Adele di Abdellatif Kechiche. Entrambi film che arriveranno di certo in Italia e che stupiscono nonostante l’apprezzamento e la notorietà degli autori.

Di anno in anno questo festival cittadino (a differenza di Venezia che si materializza al Lido, un luogo che, come tutte le località balneari, si fatica a immaginare vivo nel resto dell’anno) continua a essere una piccola bolla in cui tutto il miglior cinema viene a mostrarsi e in cui le strade si riempiono di gente di cinema, persone disposte a fare ore e ore di fila per un film iraniano, che si accalcano per scorgere il passaggio di un cineasta come Kechiche e che riserva a queste persone (e non ad altre) auto blu, applausi e onori. E che poi a margine organizza eventi mondani che non girano su nomi inascoltabili ma ad esempio vivono di concerti tipo quello di ieri sera di Woodkid.

 

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