Cannes 2017 spiazza con la selezione più densa di cambiamenti degli ultimi anni
Solo apparentemente sottotono (in realtà bisogna vederli i film), la selezione 2017 del Festival di Cannes presenta tantissimi cambiamenti anche radicali
La sorpresa di quest’anno invece è che, nonostante sia l'edizione numero 70, quindi quella che più di altre poteva giustificare una carrellata di grandi nomi, questi non sono poi così presenti. Certo c’è Michael Haneke, due volte vincitore e autore di un cinema unico e perfido, e soprattutto c’è il beniamino di tutti, David Lynch, con la serie beniamina di tutti, Twin Peaks, una presenza capace di fare un festival da sola, ma a parte questi i nomi più noti non sono star indiscutibili. Più che altro mancano altri molto attesi come Roman Polanski.
Ci sono nomi che hanno all’attivo alcuni film incredibili ma non la notorietà dei maestri come Fatih Akin, Arnaud Desplechin, Todd Haynes o Yorgos Lanthimos. Ci sono cineasti amati tanto quanto profondamente odiati e ritenuti sopravvalutati come Sofia Coppola, Noah Baumbach o Andrey Zvyagintsev. Ci sono nomi fantastici del cinema orientale che non riescono a sfondare davvero presso tutte le fasce di cinefili come Hong Sangsoo, Kyoshi Kurosawa o Bong Joon-Ho.
Questo non significa che sia una selezione sottotono. Anzi.
Se c’è una critica che è sempre sembrato opportuno portare al festival di Cannes è stata la tendenza a prendere dei nomi e non dei film, ad accettare autori immensi con film molto mediocri. Non ci sono indizi che non sia accaduto lo stesso con nomi meno giganti ma se non altro è una speranza.
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SERIE TV
Sono anni che le serie tv stanno entrando nei festival ma non a Cannes. Il festival francese non ha mai ospitato serie e non era proprio intenzionato. Thierry Fremaux, il delegato generale, ha più volte dichiarato di non essere interessato, che Cannes è un luogo di cinema e basta, manifestando anche una certa snoberia che non ha sorpreso nessuno. Invece quest’anno non solo vedremo David Lynch con il suo irrinunciabile Twin Peaks (Lynch è un affezionato di Cannes, non fa film da così tanto da aver fatto venire la bava alla bocca a tutti e presentò lì Fuoco Cammina Con Me), ma anche Jane Campion con Top Of The Lake: China Girl, la cui prima “stagione” era stata presentata al Sundance e poi alla Berlinale.
GLI ITALIANI
Ancora una volta nessun italiano in concorso. Il motivo principale è che non c’era molto di pronto. Sorprende l’esclusione di The Leisure Seeker, film americano di Paolo Virzì (ma ancora va annunciata la Quinzaine, potrebbe stare lì) e sorprende la presenza di Sergio Castellitto con Fortunata a cui in molti non davano possibilità, invece è lì nella sezione Un Certain Regard, assieme ad un altro film italiano coprodotto con la Francia, Dopo La Guerra di Annarita Zambrano. Questa dovrebbe essere vista come una vittoria, avere qualcuno lì anche in un anno in cui sembra non avessimo niente di papabile.
Vale la pena ricordare inoltre che il vero smacco è un altro, non che non ci siano film italiani di grossi nomi (specie se non ne abbiamo di pronti) ma che ci siano i migliori esordi. Non sappiamo come sia Dopo La Guerra ma sappiamo come era Corpo Celeste (di Alice Rohrwacher) o come era Le Quattro Volte (di Michelangelo Frammartino) o come era Salvo (di Piazza e Grassadonia), tutti film bellissimi scoperti da Cannes e da noi.
REALTÀ VIRTUALE
Sono un paio di anni che la realtà virtuale si sta facendo strada nei festival dalla porta di dietro. Dalle fiere che si svolgono a latere, dagli stand appena fuori la zona del festival, da piccoli esperimenti nelle stanze o negli uffici. È così sperimentale che solitamente non si sa nemmeno come farla vedere, in quali ambienti posizionarla, con quali criteri ammettere la stampa, quali tempi e a che ore. L’anno scorso Venezia ha presentato un estratto di un film in RV e quest’anno già ha annunciato una sezione più corposa con diversi titoli.
Cannes invece cala l’asso pesante, l'opera d'autore Carne Y Arena di Iñarritu fotografata da Lubetzki (insieme hanno fatto Revenant, Birdman e Babel).
Non vuol dire niente se non che anche al Festival di Cannes hanno capito che forse è meglio sbagliare qualcosa, fare dei passi falsi, piuttosto che perdere un altro treno come è capitato con le serie tv.