Anteprime supercontrollate
Un critico di Time non viene fatto entrare alla proiezione di Terminator Salvation per via del suo iPhone, nonostante lavori per lo stesso gruppo editoriale. E volete sapere quanto si spende per questi servizi antipirateria?
Fonte: Varie
Va detto che, spesso, la richiesta di un servizio antipirateria viene fatta direttamente dagli Stati Uniti e i distributori italiani non possono fare altro che soddisfarla. E che il problema, ultimamente, è più che altro la possibilità di registrare l'audio italiano, da inserire poi in una copia straniera, tanto che molti adesso stanno passando alle proiezioni in lingua originale (cosa peraltro ottima per chi scrive, anche se giudicare un film senza sapere il doppiaggio che il pubblico sentirà non è semplicissimo).
Più che altro, ci si chiede se sono soldi spesi bene. Assodato che non c'è bisogno di un servizio antipirateria per vedere se qualcuno entra con una videocamera che può riprendere bene il film (basta non essere ciechi) e che chiunque pensasse di riprendere per 90 o 120 minuti un film col telefonino sicuramente verrebbe denunciato all'ufficio stampa dagli altri presenti, rimane la questione dell'audio. Eppure, il controllo che viene fatto dal servizio all'ingresso con delle 'palette' come quelle usate negli aeroporti, non ti impedisce assolutamente di avere qualche aggeggio di registrazione infilato nelle scarpe e poi di tirarlo fuori in sala. In teoria, le apparecchiature a disposizione dovrebbero identificarlo (almeno, è quello che dicono), ma anche se così fosse, che succederebbe? Il servizio sarebbe in grado (non credo) di identificare con precisione la persona responsabile in una sala da 400 posti prima che il suddetto 'criminale', accortosi dei sospetti, non spenga il suo strumento di registrazione? E anche si capisse chi è, le persone che fanno questo lavoro avrebbero la possibilità di perquisirlo per provare le loro accuse? D'altronde, se non si tratta di poliziotti o guardie giurate (e probabilmente non lo sono) commetterebbero un abuso.
Insomma, l'impressione è che come tante cose che si fanno nel nostro Paese, nessuno abbia il coraggio/possibilità di dire ai propri capi (italiani ed esteri) "scusate, ma non possiamo spendere meglio i nostri soldi?" e quindi si continua a farlo. Tutta questa lunga premessa serve per far capire come la notizia del critico del Time che non può entrare alla proiezione di Terminator Salvation (pellicola Warner, quindi stesso gruppo editoriale) è un po' paradossale e forse il fatto che sia stata comunicata su Twitter non la rende chiarissima. James Poniewozik, giornalista del prestigioso settimanale, ha scoperto ieri che a queste proiezioni bisogna lasciare il cellulare all'ingresso? E perché si rifiuta solo ora, dopo che la pratica va avanti da ormai diversi anni? E se c'è una regola fissa a riguardo, per quanto stupida, perché lui ritiene di avere maggiore diritto degli altri a non rispettarla? Sarebbe curioso saperlo, perché se la scelta delle major è ovviamente uno spreco di tempo e denaro, non sembra questo il miglior modo di denunciarla...
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