Allied: I 20 minuti visti in anteprima svelano l'alchimia Pitt-Cotillard e le solide fondamenta in stile Zemeckis
L'incontro, le prima istruzioni, la nascita dell'amore ma soprattutto la falsità, abbiamo visto le prime scene di Allied e lasciano sperare molto bene
Come sempre è necessario precisare che 20 minuti sono ben più che insufficienti per dare un giudizio su un film, tuttavia qualche idea o qualche chiarimento lo abbiamo avuto. Questa volta nello specifico non abbiamo visto le consuete scene d’azione (che pure non mancano a giudicare dal trailer) né un bignami del film con momenti estratti da tutta la storia ma un condensato della sola prima parte, di come nasca cioè il rapporto tra Brad Pitt e Marion Cotillard. La si può vedere come la volontà di far parlare della dinamica della coppia (che funziona davvero molto) anche in luce dei recenti avvenimenti nelle loro vite private, ma chi conosce il cinema di Zemeckis sa che ci si può vedere ben altro in quell’inizio.
Nel film i due sono spie a Casablanca, un americano e una francese che si conoscono lì e devono fingersi marito e moglie. Vediamo il primo contatto, già ampiamente fasullo e poi il primo dialogo privato, in cui i due si squadrano, si studiano, sono duri l’uno con l’altra per far capire di non essere dei novellini. E proprio il personaggio di Marion Cotillard è quello che guida il gioco, la più esperta. È a Casablanca da più tempo di lui, ha studiato di più e sa cosa va fatto e cosa no, lo istruisce sull’atteggiamento da tenere. Poi in casa lo stesso, lo manda sul tetto a dormire, come fanno i mariti a Casablanca, lo raggiunge per un ultimo salutino intimo (come fanno le mogli), e gli spiega che tutti li stanno guardando, istruendolo su quale atteggiamento tenere.
Sempre in questi primi momenti a Casablanca le due spie lentamente si innamorano, sempre con Marion Cotillard a guidare il gioco, è lei che seduce lui mentre Brad Pitt è più dubbioso, più spaventato all’idea di farsi coinvolgere sentimentalmente, visto che la missione affidatagli ha il 60% di rischio di morte. Non vuole legarsi a qualcuno che probabilmente perderà. Ma alla fine in un momento pienamente zemeckisiano (che si vede anche nel trailer) in cui gli effetti digitali si fondono la con la storia, in un impossibile pianosequenza circolare nello stretto di una macchina, mentre una tempesta di sabbia li nasconde i due consumano. Il falso che appare più vero del vero per fare “cinema impossibile”, movimenti e riprese che la fisica del nostro mondo non concepisce, videocamere che passano attraverso il vetro.
Non c’è stato nulla del grande attentato che si vede nel trailer né dell’indagine che verrà dopo, ma tutto della costruzione. Quel movimento tipico da Robert Zemeckis per il quale qualcosa, per esplodere, dovrà essere costruito senza fretta è tutto in questa prima parte. C’è proprio quell’economia di gesti, parole, movimenti e battute che con poco dicono molto, una valanga di indizi da lasciar sedimentare nella testa dello spettatore e che, si spera, poi il film voglia stimolare, evocare e magari sfruttare.
È da vedersi come verrà portato avanti il tutto (non che non se ne siano mai visti di film partiti benissimo e poi incapaci di continuare a livello) ma si può dire che le fondamenta di Allied appaiono davvero solide.