Alan Moore: la figlia Leah, delusa e amareggiata, sulle ragioni per cui si è isolato

Alan Moore non è più un fumettista, per scelta propria e per colpa di un ambiente del Fumetto corrotto: la figlia Leah ne ha parlato su Twitter

Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.


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Alan Moore è ormai una sorta di spettro per gli appassionati di fumetti: tempo fa ha annunciato il suo ritiro dalle scene, una volta pubblicato La tempesta, ultimo volume di La Lega degli Straordinari Gentlemen, e non c'è alcuna speranza che possa tornare sui suoi passi, tantomeno per scrivere i loro amati super eroi, che ha solo sfiorato nella prima parte della carriera e che ora giudica il prodotto ideale per una società fascista composta da bambinoni.

Le interviste al Bardo di Northampton sono sempre piene di rancore nei confronti del mondo del Fumetto e dell'entertainment in generale, così com'è ferma l'intenzione di non partecipare ad alcuna convention, ricevere premi - fosse anche il più prestigioso - o apparire nei credits di un adattamento di una sua opera (si veda il caso della recente serie HBO di Watchmen).

Non a caso, sono della figlia dello sceneggiatore di From Hell e Batman: The Killing Joke le parole che trovate qua sotto. Leah Moore ha affidato i suoi pensieri a una serie di post su Twitter, che il portale Bleeding Cool ha raccolto e rimontato. Ne esce un ritratto piuttosto amareggiato del padre e un atto di accusa nei confronti di un ambiente che l'ha allontanato e fatto disamorare:

Watchmen, copertina di Dave Gibbons

Moore - Tutto questo clamore riguardo al fatto che mio padre tornerà a votare e vi invita a salvare questo Paese spezzato da una vera e propria fottuta catastrofe avrebbe fatto un effetto diverso se il suo compleanno non si fosse segnalato per il fatto che non ha letto nessuno degli splendidi fumetti moderni che potrebbero piacergli oggi come oggi. Pare anche abbastanza evidente che non abbia guardato nessuno dei film, piuttosto piacevoli, basati su fumetti o fatto esperienza della gioia, del supporto e dell'ispirazione che portano a milioni di persone. Non si è seduto accanto a una bambina di dieci anni a guardare per la prima volta Captain Marvel o Wonder Woman.

L'idea che l'uomo che amava le storie di super eroi così tanto da lasciare il suo lavoro e gettarsi senza esitazione nella scrittura dei fumetti - scelta all'epoca folle - che li amava così tanto da riempire ogni vignetta (e potremmo dire ogni balloon e frase) di quel suo amore, che li adorava al punto da renderli qualcosa che ha provocato riflessioni e sensazioni particolari, che ha parlato dei problemi della gente, che ha parlato alla gente del modo in cui i super eroi hanno sempre parlato a lui... tutto questo mi sembra folle. Ho ancora qui la sua collezione di fumetti Marvel, tutta spiegazzata per quante volte li ha letti e adorati.

Ho sentito un sacco di volte raccontare del suo entusiasmo nel trovare un pacco di albi Marvel da qualche rigattiere, o nel comprarli prendendoli dagli espositori a Great Yarmouth, in vacanza. Non avrebbe potuto amare di più i fumetti di super eroi nemmeno se ci avesse provato. Jack Kirby era il suo idolo. Ditko altrettanto. Quell'amore è ciò che lo ha reso quel che era! Negli anni Ottanta ha trascinato ecologia e politica nelle sue storie di super eroi, nei Novanta ha scritto 1963, che non era altro che una lettera d'amore bella e buona a quel genere di storie. L'ha scritto contemporaneamente a From Hell, Lost Girls... Non vedeva alcuna separazione tra i suoi prodotti ABC e il Fumetto di super eroi, o con le sue esaltanti, enormi graphic novel. Se lo chiamavo, passava quarantacinque minuti a raccontarmi qualche dettaglio figo di Tom Strong, un sacco di trovate di Splash Brannigan, una svolta intelligente di cui era orgoglioso.

V for Vendetta, copertina di David Lloyd

Il suo problema è che il medium che adorava era nelle mani di despoti corrotti, che la gente che creava quella magia era sfruttata, che il loro contributo non era valutato a dovere e veniva rubato dalle loro mani. Detestava quella situazione già prima di scrivere Watchmen. Sapeva già che Kirby era stato truffato. Quindi, quando successe a lui, e poi ancora, ancora e un'altra volta ancora, il suo problema non erano semplicemente contratti andati a gambe all'aria o un po' di sfortuna. La cosa lo ha spezzato. Quel che amava di più, ciò in cui ha versato tutto il suo tempo e tutte le sue energie per tutta la sua vita. Non poteva più andare avanti.

Ha portato a termine gli impegni che aveva preso con i suoi colleghi autori ed artisti, ha realizzato i progetti di cui poteva avere il controllo, ma non aveva più voglia di spulciare scaffali di fumetti. Il che è così fottutamente triste che mi spezza il cuore. Quindi, per tutti quelli che vogliono farsi una carriera in questa splendida industria, in cui tutti possiamo trovare la nostra nicchia, in cui ci sono così tanti fumetti che comprarli tutti sarebbe impossibile, sapere che Alan Moore è fuori servizio perché detesta i super eroi, o quel che sono diventati ai suoi occhi, è incredibile. Vederlo costantemente deriso come il vecchio e pazzo Alan Moore senza che la gente sappia cosa l'abbia reso così, vedere che la gente lo accusa e lo attacca quando tutto l'ambiente è costruito anche su quarant'anni del suo lavoro... Non ho il cuore spezzato, ma sono fottutamente delusa.

Riuscite a immaginare se non l'avessero mai fregato? Se invece che essere il vecchio e scontroso Alan Moore che tuona dalla sua caverna avesse speso quarant'anni a realizzare storie su storie per la DC e tutti gli altri, a creare mondi enormi pieni dei super eroi che ama, a godersi i fumetti? Che spreco.

Fonte: Bleeding Cool

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