Abbiamo visto Dylan Dog - Vittima degli eventi e vi raccontiamo com'è!
Il fan movie sul personaggio di Sclavi è pronto, verrà presentato al Festival di Roma e poi sarà online, noi intanto l'abbiamo visto
La sua prima proiezione ufficiale è il 24 ottobre alle 18.00 al Festival di Roma nella sezione Wired Next Cinema, noi abbiamo però potuto partecipare ad un’anteprima speciale organizzata dagli autori per raccontarvi com’è questo fan movie che tra poco sarà disponibile online sul canale di TheJackaL (anch’essi partner dell’impresa).
Da qui in poi raccontiamo il tono del film e molto sommariamente la storia, senza svelare il finale. Non ci sono SPOILER particolari ma se non volete sapere nemmeno la sinossi è meglio smettere di leggere.
Anche Groucho (interpretato dallo stesso Luca Vecchi con somiglianza impressionante) ha un background che non vediamo nel film ma che nella testa degli autori è quello di un attore fallito, mai entrato all’accademia Silvio D’Amico e chiuso nel personaggio di uno dei fratelli Marx.
La trama di Vittima degli eventi è il più classico dei “casi” e in questo senso non si allontana dalla struttura base del giallo, senza nulla di originale. Una ragazza ha una visione all’inizio del film e si rivolge a Dylan Dog, il quale cerca di capirne il senso e non trovandolo utilizza una droga (“Lo so che Dylan Dog nel fumetto non l’ha mai fatto, è una delle concessioni che ci siamo presi” spiega sempre Luca Vecchi) per accedere ad una forma di conoscenza superiore e in questa maniera capisce la pista giusta da seguire.
In più rispetto a questo c'è il fatto che Dylan Dog abbia un fortissimo problema con se stesso e il proprio lavoro. Non solo c’è una questione economica ma il fatto che non lavori ormai da mesi ne ha minato la fiducia in se stesso e nelle proprie capacità (anche per questo ricorre alla droga). Si tratta di un dettaglio reso attraverso dialoghi interiori che hanno anche il pregio di donare al fan film una sporcatura (leggera eh!) da noir. Un altro elemento dissonante rispetto al fumetto ma che pare azzeccatissimo per una trasposizione audiovisiva e per avere un buon conflitto da portare avanti nella stagione.
In chiusura Vecchi e Di Biagio si sono permessi anche un cliffhanger che introduce un possibile secondo episodio.
Lo spirito della serie, si capisce, è quindi vicino ai Ghostbusters (è chiaro che da quel momento parte un’invasione di misteri a Roma, come se spettri e leggende riprendessero vita tutti insieme stimolati da qualcosa) e dall’altra parte alla serie Sherlock per la BBC (ma senza fondarsi su dialoghi sofisticati), un po’ giallo classico, un po’ spettacolo moderno.
Claudio Di Biagio, che del fan film è il regista, appartiene alla schiera degli appassionati di Dylan e si nota nella grandissima quantità di riferimenti: “Ho inserito proprio degli shot, delle immagini che richiamano copertine di albi o momenti particolari, sono citazioni per veri maniaci” ma anche dalla confidenza che ha con il personaggio che gli consente di scherzare sui suoi luoghi comuni (come lo strumento suonato).
Se Dylan Dog “funzioni” o meno sta ai fan e agli spettatori comuni dirlo (l’impresa sta nel fatto che deve piacere a tutti per essere davvero efficace ma contemporaneamente non scontentare i fan) di certo la realizzazione tecnica è impeccabile, superiore alla maggior parte dei prodotti italiani indipendenti, che ha la sua punta di diamante nella fotografia di Matteo Bruno. Molto del film si svolge di notte e solo una scena è in pieno giorno, il resto è illuminato come un eterno tramonto, con una luce gialla che entra in orizzontale come il sole di Roma nei tramonti invernali e che dà alle scene un tono irreale e concreto, come una madeleine di qualcosa che non è mai successo.