Abbiamo provato Outriders e ne vogliamo di più | Anteprima

Outriders, il nuovo gioco di People Can Fly, riuscirà a ritagliarsi uno spazio nell’affollato panorama multiplayer? Noi scommettiamo di sì

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Annunciato nel 2019, scomparso dai radar fino a pochi mesi fa quando è riemerso dagli abissi a suon di trailer, Outriders è ormai a un passo dal diventare realtà, inteso come gioco che si potrà acquistare e giocare (presumibilmente) durante il periodo natalizio, come una sorta di ultimo addio all’attuale generazione di console e un benvenuto alla prossima.

Presentato come un ibrido tra RPG e sparatutto in terza persona, nonché come ideale punto d’incontro tra certi “giochi come servizi” in stile Destiny/Anthem e un’esperienza più tradizionale e lineare, Outriders è un curioso ibrido di generi, sistemi e meccaniche, al quale abbiamo avuto l’opportunità di giocare in anteprima in una sempre troppo breve sessione online nella quale ci siamo uniti a un team composto da altri due giornalisti e abbiamo avuto modo di assaggiare il gameplay, ma anche la struttura del mondo di gioco e un abbozzo di narrazione, che secondo People Can Fly sarà, in contrasto con quanto accade solitamente per questo genere di giochi, uno dei punti focali dell’esperienza.

People (and bullets) can fly

Se ancora non avevate avuto notizie di Outriders, ma se avete buon gusto, è possibile che il nome di People Can Fly vi abbia fatto drizzare le antenne: lo sviluppatore polacco di proprietà di Epic Games, che esordì con Painkiller e che ha contribuito tra gli altri allo sviluppo di Gears of War 2 e 3, si è fatto un nome soprattutto con Bulletstorm, clamoroso sparatutto del 2011 che ancora oggi è uno degli esempi più virtuosi di come si programma il movimento in un videogioco. Pur non raggiungendo (ancora) quei livelli di ipercinetismo e saturazione sensoriale, Outriders è molto chiaramente figlio dello stesso spirito selvaggio e casinaro, una festa di esplosioni e particelle e parti del corpo che volano in giro che ha molto in comune con Borderlands, e quel modo di intendere il termine “RPG”.

La nostra demo comincia in quello che assumiamo essere uno degli hub principali del gioco, e in un momento della trama che non coincide con l’apertura della narrativa: ogni dialogo e ogni cutscene fa riferimento a eventi, persone e terminologia con la quale non abbiamo ancora familiarità, ed è chiaro che la scelta è quella di sbatterci nel bel mezzo del gioco e farci concentrare sul gameplay più che sul contorno – anche perché l’evento coincide con la prima rivelazione pubblica della quarta e ultima classe del gioco, il Technomancer (Tecnomante?), che si concentra sulla manipolazione di costrutti di metallo di vario tipo (torrette, principalmente). Vale la pena segnalare che, essendo noi in compagnia di altri due Technomancer, abbiamo preferito optare per un’altra classe (il Pyromancer, o Piromante come immaginiamo che verrà tradotto), un po’ per variare, un po’ per farci un’idea di come diverse classi possano interagire tra di loro.

Casa dolce casa

In fase di preparazione della missione, Outriders si presenta, be’, esattamente come ci si aspetta, e come già facevano Anthem, Destiny, The Division e qualsiasi altro gioco simile vi venga in mente. Ogni hub ha un certo numero di NPC con cui dialogare, alcuni dei quali offrono i prevedibili servizi (c’è il mercante, il tizio che personalizza il camion con cui ci si sposta nelle aree delle missioni, l’altro tizio che si occupa degli upgrade dell’equipaggiamento), altri pezzi di storia o di lore del pianeta Enoch, dove è ambientato il gioco. Da qui si può cercare altri giocatori con cui connettersi (una funzionalità che non abbiamo provato visto che eravamo già in un party con altri due giocatori), dare un’occhiata alla mappa del mondo, scegliere la prossima missione da affrontare.

È qui tra l’altro che si passeranno pomeriggi interi a controllare e ricontrollare il proprio equipaggiamento, modificarlo – ogni arma ha un numero limitato di slot dove inserire mod che le donano abilità extra, in grado di alterare anche radicalmente il funzionamento dell’arma stessa –, venderlo, smontarlo... in altre parole tutta quella parte di gestione dell’inventario e dei drop e del loot che è irrinunciabile in un gioco del genere e che in Outriders sembra (ma per un giudizio definitivo servirà avere in mano il prodotto completo) ancora collocarsi in zona “gestibile senza impazzire”, grazie alla divisione in categorie e pezzi di vestiario e a comodità come la possibilità di smontare al volo quello che non serve per trasformarlo in risorse.

“Ciao mamma, vado a sparare a un po’ di gente”

Nel momento in cui si abbandonano le mura sicure delle hub si viene trasportati, nel nostro caso abbastanza bruscamente e senza troppe cerimonie ma anche senza troppi tempi di caricamento, nel mezzo dell’azione. People Can Fly usa spesso la parola “RPG”, ma al di là della varietà di equipaggiamento in stile Diablo e alla possibilità di parlare con gli NPC per ottenere quest secondarie il gioco Outriders ha ben poco dell’RPG tradizionale e molto, moltissimo dello sparatutto multiplayer. Nelle due ore e mezzo di sessione che abbiamo avuto a disposizione abbiamo esplorato una discreta varietà di ambienti diversi, ma tutti strutturati secondo il classico (per quanto ben mascherato) schema arena-corridoio-arena, con ondate di nemici che si susseguono e vanno eliminati fino all’ultimo prima di poter proseguire.

E quando diciamo ondate intendiamo letteralmente ondate, non una semplice traduzione della parola “wave”: il combattimento in Outriders è frenetico e affollatissimo, i nemici (umanoidi o meno che siano) ci superano sempre in quantità di almeno un ordine di grandezza, e sono sempre assortiti in modo tale da impedire di applicare ripetitivamente la stessa tattica per eliminarli. I cecchini si accompagnano ai tank che ti corrono in faccia urlando e ai lanciatori di granate con un raggio abbastanza ampio da stanarci da dietro qualsiasi copertura, ed è raro se non impossibile mantenere la propria posizione e attendere l’orda con il fucile in mano. La mobilità è incoraggiata, e favorita da un sistema di controllo semplice e lineare e dall’agilità con cui si muove il nostro infiammatissimo avatar, e anche le skill a disposizione delle quattro classi (che nel caso del Pyromancer assomigliano pericolosamente a vere e proprie magie da gioco fantasy) sono un mix di attacchi a corto, medio e lungo raggio che, anche grazie al fatto che funzionano con il più classico dei cooldown, spingono a restare sempre in movimento e a non affidarsi sempre alla stessa combo.

Le mazzate, le mazzate

Outriders è anche, al netto della nostra inesperienza e di un livello di difficoltà variabile e dinamico i cui dettagli non abbiamo avuto tempo di sviscerare a sufficienza, una sfida costante: i nemici sono tanti e spesso sono vere e proprie spugne per proiettili, nonché capaci di spazzarci via in pochi secondi se non stiamo attenti. Il gioco richiede attenzione costante ai dintorni (in questo la terza persona, e una camera più libera di quanto fosse, per esempio, in Gears of War, aiuta parecchio) e, soprattutto quando ci si trova di fronte all’equivalente locale di una Zerg rush, punisce severamente chi si distrae e si fa circondare. L’esperienza è talmente frenetica che neanche la discreta pioggia di loot che esplode come una fontana da alcuni nemici riesce a distrarre dal combattimento: è possibile in teoria analizzare al volo un’arma appena droppata e decidere se sostituirla a quella attuale, ma la realtà è che succede tutto talmente in fretta, e con talmente tante esplosioni, che si finisce per accumulare armi e pezzi di armatura e controllarli solo a fine missione, quando si torna comodi all’hub.

Giudicare un gioco del genere da tre missioni, per quanto piuttosto grosse, e avendo provato una singola classe è ovviamente impossibile: non abbiamo idea di come sia bilanciata la progressione del personaggio né di come Outriders risolva l’annoso problema dell’endgame, né abbiamo capito molto della storia visto che la parte che abbiamo esplorato non è all’inizio del gioco. Possiamo però giudicare il primo impatto, che è esplosivo quanto la prima volta che abbiamo provato Bulletstorm: chi preferisce un approccio più tattico e ragionato potrebbe storcere il naso, chi invece vuole un gioco che pare la versione cyberfantasy di Mad Max e nel quale ogni dieci secondi lo schermo è oscurato da una pioggia di scintille e viscere tenga d’occhio Outriders perché potrebbe rivelarsi un ottimo regalo di Natale.

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