[TSFF 2016] Virtual Revolution, la recensione
Oltre il concetto di plagio, ispirazione e rivisitazione, Virtual Revolution senza vergogna preleva in blocco tutta la sua visione di futuro da Blade Runner
Un elenco delle cose che si vedono in Virtual Revolution e sono ricalcate maniacalmente sugli equivalenti del film di Ridley Scott:
Il design della città del futuro
il design delle macchine volanti e la maniera in cui volano
la scena del volo in macchina, con l’inquadratura da dietro
l’inquadratura ravvicinata del protagonista nella macchina volante, impassibile, illuminato dalla luce arancione in un momento di quiete condito da musica elettronica
la piattaforma d’atterraggio delle macchine volanti
il palazzo della grande corporation
il protagonista è un detective da noir, solo e triste
al centro di tutto c’è una caccia
il cappotto color cuoio con bavero del protagonista
il vestito sotto il cappotto (cravatta esclusa)
la voce fuori campo noir su un film di fantascienza
il whisky bevuto a casa
il cibo cinese mangiato
le luci color arancio che entrano dalle ampie vetrate di giorno
le veneziane che illuminano di taglio gli ambienti di notte
onnipresenti ventole che generano ombre in movimento
le strade confuse della città a livello basso
i bassifondi come un eterno mercato caotico pieno di persone vestite strane
la pioggia come condizione esistenziale
i controluce
un palazzo in stile liberty
gli interni di quel palazzo abbandonati e pieni di calcinacci ma in stile neoclassico con gli stucchi
un inseguimento e una rissa in quella casa
il design delle pistole
la musica elettronica
il finale con riprese a volo d’uccello su alberi rigogliosi verdi e il sole
Se alla fantascienza (specie quella che parla di futuro) si leva l’originalità di una visione, sì leva cioè la capacità di creare immagini che raccontino attraverso il design e l’aggregazione di suggestioni cosa ne è stato dell’umanità in un mondo andato a male, cosa rimane?