The Vatican Tapes, la recensione
Tarato sul modello di L'esorcista ma pieno di demoni, complotti vaticani e una specie di magia, The vatican tapes forse non piace nemmeno al suo regista
Per questo forse, per la sua vocazione ai film di grande dinamismo, Mark Neveldine è così non a suo agio negli ambienti cattolici e in un film che si gioca sulla falsariga di L’esorcista (tutto il cinema di esorcismo viene da lì ma questo in particolare ne ricalca parecchi passaggi), dunque su un confronto per lo più statico tra fede e maligno e non sulla furia della corsa.
Lo si vede bene quanto Neveldine sia a disagio quando, per pochi momenti, gli è concesso di mettere in scena del movimento puro. Si libera, cambia ottiche e ritrova la sua dimensione migliore, il film per un momento sembra svegliarsi per poi però tornare subito dopo a dormire, ingabbiato nuovamente in scene e momenti che sembrano davvero non calzare questo regista.
Già la trama di The Vatican Tapes è di quelle da delirio puro, un trionfo di implausibile epica cattolica mista a ricercata ignoranza in materia, sarebbe servita una mano rigorosa e piena di conoscenza filmica per dare alla storia di due preti alle prese con un esorcismo che sembra più che altro magia, una parvenza di vera inquietudine. Invece The vatican tapes vuole essere La casa ma senza l’ironia e con massicce dosi di folle “credibilità”. Mette in piedi una retorica filmata del complotto, delle stanze segrete e dei misteri vaticani abbastanza risibile anche per standard da Dan Brown, addirittura finalizzata (lo si capisce alla fine) alla creazione di una saga.
Il risultato è un polpettone esagitato buono per completisti e appassionati del genere.