Sono Solo Fantasmi, la recensione
Sballato, pieno di spinte diverse, incapace di prendere una direzione unica nè di creare equilibrio, Sono Solo Fantasmi è un film non riuscito che però contiene alcuni momenti pazzeschi
SONO SOLO FANTASMI, DI CHRISTIAN E BRANDO DE SICA: LA RECENSIONE
Che strano miscuglio che è Sono Solo Fantasmi. Ci sono tantissime intelligenze diverse al lavoro, tantissime spinte contrastanti e anche se alla fine l’equilibrio dei toni è sballatissimo e il film non funziona per niente, lo stesso i singoli spunti rimangono incredibili.
La storia è quella di tre fratelli, con in capo uno che decenni prima era stato un mago televisivo e ora è in disgrazia, i quali sfruttando la notorietà di lui iniziano un business come acchiappafantasmi a Napoli. L’idea è venuta al meno equilibrato dei tre, gli altri due lo hanno seguito senza crederci, convinti dai primi guadagni. Ad un certo punto si renderanno conto che è tutto vero, i fantasmi esistono e non sono contenti della loro attività.
Se vi sembra Ghostbusters è perché è esattamente Ghostbusters (l’andamento e gli snodi sono precisamente gli stessi fino alla fine), ma è anche un film di Christian De Sica, uno cioè in cui la famiglia è un incubo e una gabbia, in cui le donne sono aguzzine e gli uomini per sopravvivere devono stare tra di loro, uno che quando può devia su corpi sformati, mette in scena (anche se qui solo per poco) il travestitismo e comunque predilige sempre fisici fuori misura (c’è anche Nadia Rinaldi, la musa di Faccione, il suo primo film da regista).
E poi c’è Brando De Sica che del film è regista “tecnico” (colui che si occupa di tutti i comparti tecnici), con i suoi obiettivi deformanti e il suo tentativo di fare qualcosa di più sofisticato. Tutto insieme questo melange è un disastro che rende il film né una commedia con Christian De Sica, né qualcosa di davvero diverso.
Quel che rimane allora sono dettagli e piccoli anfratti che lasciano immaginare come poteva essere il film. Sono ad esempio le immagini di Napoli svuotata e militarizzata con elicotteri in tutto il cielo per la minaccia del Vesuvio, idee potenzialmente forti se non fosse che la parte d'avventura è sempre maldestra e sbrigativa, un incomodo invece che un piacere, un fastidio e non una ricchezza.
C’è però una cosa in cui questo film crede. Ed è incredibile! Christian De Sica interpreta e dà voce al padre dei tre fratelli. Si chiama Vittorio, ha i vizi di Vittorio De Sica, ha la sua voce e quando compare è Christian vestito e truccato come il padre. Uguale. In un momento sott’acqua il faccione di questo Vittorio De Sica fantasma guarda Christian e Carlo Buccirosso, due travet della commedia, li guarda bonariamente per salvarli. Più avanti Christian lo interpreterà in un momento grave, con espressioni gravi e sarà pazzesco, un momento avventuroso che nasconde pura nostalgia di un figlio verso un padre. C’è un attimo di autentico contatto con quella che è la storia personale di un attore, e la storia collettiva del cinema italiano attraverso una dinastia che ha avuto alti e bassi e sembra quasi rappresentarli qui.
Non può certo reggere un intero film ma è una suggestione così profonda che mi mette in difficoltà, perché non so ricordare quale altro film italiano negli ultimi anni abbia lavorato in questo modo sul cinema e sulla nostra tradizione.
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