Science+Fiction 2015 - Howl, la recensione
Un classico intramontabile di lupi mannari e esseri umani bloccati nel bosco, Howl è perfetto nel rigore e originale nello svolgimento
Ora Howl non procede nella medesima direzione, non cerca l’orrore più sensato ma si diverte con quello più fantasioso, con un classico intramontabile: un gruppo di viaggiatori che l’ultima cosa del giorno sta portando in treno poco fuori Londra è bloccato in mezzo ad una foresta da qualcosa sui binari. Non è un incidente ma la trappola di un gruppo di lupi mannari da cui difendersi. Puro survival di paura e divertimento.
Non c’è niente da fare, Hyett sa proprio come si fa il cinema d’orrore, sa quando è il momento di essere seri e quando è un dovere non esserlo, sa inserire umorismo nel dramma e coniugare l’esigenza di rispettare canoni del genere con qualche impennata personale, addirittura sa anche quanto a lungo celare il mostro e quanto poi mostrarlo per gestire con efficacia curiosità e sua soddisfazione.
Oltre a questo la storia di Howl gira principalmente intorno al controllore del treno, vessato da più parti, innamorato di una collega, che in questa paradossale avventura potrà dimostrare di essere più di quel che tutti credono. Attorno a lui, vecchi, giovani, donne single, vigliacchi, scemi e nerd, il tipico ensemble da disaster movie servito per cena ad una serie di mostri originali.
Non ci sono infatti classici uomini-lupo nel film ma degli strani ibridi, visivamente simili a quelli di Dog Soldiers eppure più umani e forse più intelligenti, un incrocio tra un mostro e il Gollum, un branco e contemporaneamente una tribù.