Recensione - Dishonored: Il Pugnale di Dunwall - Nell'ombra
Il Pugnale di Dunwall ci propone due approcci sostanzialmente opposti
Recensito il primo DLC narrativo per l'avventura di Arkane Studios...
Il twist dal punto di vista della trama è abbastanza interessante, dopo aver esplorato Dunwall nei panni del reietto Corvo impegnato nella sua personale avventura di riscatto e ribellione, questo DLC ci mostra una vicenda del tutto alternativa, in cui Daud, immediatamente dopo l’omicidio, affronta un durissimo percorso fatto di dolore e sensi di colpa. Come Corvo, infatti, anche l’assassino è uno dei prescelti dell’Esterno (la misteriosa entità semidivina che sembra dominare, dietro le quinte, tutto l’Impero) e, anche lui, porta impresso sulla mano destra il marchio oscuro, foriero di grandi poteri ma pure di altrettanto enormi maledizioni.
In linea teorica la nuova avventura che vivremo nei panni di Daud dovrà chiudersi con il confronto finale con Corvo, tuttavia, ne Il Pugnale di Dunwall, non faremo in tempo ad arrivarci, dato che il finale della vicenda sarà contenuto in un DLC (già annunciato) in arrivo prima di fine anno. Nel complesso, pur non raggiungendo i vertici narrativi del plot principale, la nuova avventura è piuttosto gradevole e recupera molte delle suggestioni che avevamo imparato ad amare in Dishonored; Dunwall rimane splendida, mentre il level design si conferma di altissimo livello, con la possibilità, come sempre, di scegliere più vie per raggiungere i nostri obiettivi. Esattamente come nel gioco principale, infatti, Il Pugnale di Dunwall ci propone due approcci sostanzialmente opposti, da un lato ci sono le dinamiche stealth, care a chi desidera rimanere il più silenzioso possibile e muoversi come un’ombra nei vicoli della città ormai morente, dall’altro, invece, c’è il classico metodo “berserk”, in cui ad ogni ragionamento si sostituiscono il clangore delle spade e le esplosioni. Rispetto a Corvo, Daud ha la possibilità di usare un paio di trick aggiuntivi tra i quali, il più significativo è certamente la possibilità di chiamare ad aiutarci un team di assassini, i “baleneri” che, nei panni di Corvo, abbiamo combattuto per buona parte di Dishonored. Questo sistema è molto simile a quello visto all’opera in Assassin’s Creed: Brotherhood e funziona abbastanza bene, tuttavia spinge, per forza di cose, a muoversi in maniera più aggressiva rispetto al passato, dato che il timore di lasciarci la pelle in uno scontro diretto diminuisce notevolmente.
Nel complesso, Il Pugnale di Dunwall ci permette di approfondire la conoscenza del mondo di Dishonored immergendoci ancora di più nelle fogne più oscure della città, mostrandoci alcune aree che, nel gioco originale, erano appena accennate, come gli impianti di trattamento dell’olio di balena o la Dunwall Tower prima della caduta dell’impero. Il gameplay, almeno nel suo impianto complessivo rimane abbastanza simile a quello già sperimentato e, senza dubbio, farà la felicità di tutti coloro che - in attesa di un sequel - hanno voglia di fare ancora “quattro passi” nel terribile universo di Corvo, Emily e soci. Peccato solo per la trama, lasciata appesa a un finale che troverà - forse - una degna conclusione tra sei mesi e per il leggero snaturamento delle dinamiche stealth del gioco originale.
In ogni caso Il Pugnale di Dunwall è un DLC realizzato con cura e passione, che consigliamo a chiunque abbia amato il titolo originale.
Tipologia di Gioco:Il Pugnale di Dunwall rispetta l'impostazione action/stealth del titolo originale tuttavia inserisce alcuni nuovi poteri ed armi che tendono a far pendere la bilancia più verso le dinamiche "dirette" premiando un approccio al combattimento e all'esplorazione che sacrifichi - seppur leggermente - gli espedienti più morbidi.
Come è Stato Giocato:Abbiamo testato il DLC grazie a un codice promozionale gentilmente fornitoci da Bethesda, per scrivere la recensione abbiamo completato il gioco due volte, la prima "a basso caos", la seconda aprendoci la strada a suon di bombe e fendenti. Nel primo caso ci abbiamo messo circa quattro ore e mezza, nel secondo, invece, ne sono bastate un paio.