Poli opposti, la recensione

Commedia che non è commedia, film romantico che non trova il sentimento, Poli opposti sfrutta male la coppia Argentero/Felberbaum e crolla sotto l'aspirazione ad essere come tutti gli altri

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Più passa il tempo, più è evidente quanto Luca Argentero sia sprecato in film come Poli Opposti. Nato come puro corpo per il cinema, volto e presenza del desiderio, è subito passato al lato romantico e sognante, quello più retorico e di grande sfruttamento commerciale, trovando grandissima fortuna e quella che fino ad ora pare la sua collocazione perfetta. Dopo gli esordi con Luca Lucini però è piano piano passato a commedie sempre meno sensate, sempre meno brillanti, sempre più bisognose di lui di quanto lui fosse bisognoso di quei film. Tra gli attori di commedie è forse il più credibile, il più cinematografico e quello con la maggiore personalità (una non comune per il nostro cinema tra l'altro), eppure si butta via in progetti terribili.

Poli opposti non fa eccezione, film scritto a 14 mani (!) con la ferma volontà di realizzare un'opera semplice e molto bassa che poi ha trovato la regia di Max Croci, decisamente più pretenziosa ma lo stesso inefficace.

L'ambizione di far ridere è puro miraggio, come quella del resto di far sorridere

La storia di un terapista di coppia che apre lo studio accanto ad un avvocato divorzista e della battaglia sessuale che i due iniziano poteva effettivamente essere, come sembra di intuire dalle aspirazioni, una commedia sofisticata hollywoodiana, non fosse che manca totalmente di sofisticazione, cioè è priva dell'umorismo acuminato, delle scelte raffinate e di quella classe minimalista che con poco realizza molto. Al contrario il film di Croci è funestato da una colonna sonora talmente puerile da massacrare qualsiasi velleità e scoperchiare le vere origini paesane del film, è massacrato da una recitazione mai diretta con la leggerezza che servirebbe e letteralmente ucciso con il colpo di grazia dei costumi stravaganti.

L'ambizione di far ridere è puro miraggio, come quella del resto di far sorridere, riuscire addirittura a far intravedere dei sentimenti è invece fuori portata. E sarebbero le due finalità principali del genere.

Poli opposti non riesce a sfruttare la consueta struttura per i propri fini ma ne viene schiacciato (che poi è ciò che succede più di frequente con questo genere), non ha la forza di imporre se stesso sulla cornice ma si sottomette e cerca di essere quel che tutti si aspettano sia, di fatto mancando di personalità. Incastrato in passaggi obbligati, determinato a svolgersi come altri film non riesce ad avere personalità. L'impressione è che a muoverlo non sia la forza dinamica dell'intreccio o la volontà dei personaggi ma la mano del regista che li sposta lungo il consueto labirinto da cui tutti conoscono l'uscita.

Continua a leggere su BadTaste