Se mi Lasci non Vale, la recensione

Pensata per avere un intreccio funzionale ai personaggi e non viceversa, Se mi Lasci non Vale finalmente ha un ritmo adeguato alle aspirazioni

Critico e giornalista cinematografico


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Nonostante proceda al ritmo di un film circa ogni tre anni, giustificato più da un ottimo rapporto costo/incassi che da un furore creativo, Vincenzo Salemme è solo quando costruisce una trama totalmente funzionale ai personaggi e non viceversa (come nei pessimi ...e fuori nevica o SMS - Sotto mentite spoglie) che trova un senso ai suoi film. Se mi lasci non vale è uno di questi casi. L’intreccio molto semplice viene da Delitto per delitto (lì due sconosciuti si scambiano vittime dell’omicidio così da essere insospettabili, qui due sconosciuti si scambiano le donne che li hanno lasciati per conquistarle e poi farle soffrire) e serve a creare un doppio tra teatro e vita reale, una situazione pirandelliana che dichiara di essere pirandelliana e su questo fonda il suo umorismo.

Al centro di tutto, a sorpresa, non c’è né Salemme stesso né Paolo Calabresi, ovvero i due protagonisti intenti a conquistare mogli altrui, ma l’imprevedibile terzo incomodo di Paolo Buccirosso, attore borioso e sfigatissimo, pagato per impersonare solo un autista ma per un caso finito ad essere creduto ricco milionario in cerca di moglie. A lui non interessa nulla del piano dei due, interessa solo se stesso, vive in un suo mondo.

In questa maniera, lasciando che l’intreccio serva questi personaggi e in particolare l’attore di Buccirosso, Se mi lasci non vale trova il ritmo giusto per giungere alla meta senza che i dialoghi spesso troppo ripetitivi delle sceneggiature di Salemme lo uccidano. La commedia umana che tanto preme all’autore qui trova se non altro un carattere significativo che non a caso è una spalla. Accanto agli scialbi uomini mollati, figure prive di personalità, si muovono da una parte quest’attore tristissimo (con una specie di surreale stalker femminiello che lo segue ovunque) e un padre anziano e mezzo andato che sono il vero motore che spinge il film.

Ovviamente il romanticismo che entrerà di prepotenza in un piano che prevede il suo opposto, cioè la mortificazione dell’amore, sarà il più kitsch e prevedibile. Ma non è lì che i film di Salemme possono trovare un senso, è semmai nel piacere della recitazione, nella creazione di piccoli quadri in cui i singoli interpreti muovono frasi e parole della sceneggiatura per dar vita a qualcosa di superiore agli intenti iniziali. Certo non riesce sempre, tuttavia quando gli astri sono nella posizione giusta e ogni elemento sembra incastrarsi alla perfezione si assiste a momenti di commedia tradizionale portati avanti con maestria impeccabile. Non è forse abbastanza per soddisfare in pieno uno spettatore esigente ma è senz’altro più di quel che ci si aspettasse.

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