Masterminds - I Geni Della Truffa, la recensione

Dietro Masterminds, c'è più di una buona commedia tratta da una storia vera con attori azzeccati, c'è un'occasione sprecata

Critico e giornalista cinematografico


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Ci sono due livelli in Masterminds. Il primo è quello della confezione coloratissima, delle battute di Zach Galifianakis, Kristen Wiig e Jason Sudeikis, quella maniera di interagire del loro tipo di commedia, a tinte fortissime ma anche dotata di un’idiozia tutta sua, un livello che fa assomigliare il film a La Grande Scommessa (nel migliore dei casi) o alle commedie vacanziere di Adam Sandler (nel peggiore). Il secondo invece è quello più sottile e viene dalla persona che è stata messa a dirigere il film ma non a scriverlo, nonostante sostenga di aver dato un po’ di contributi.

È impossibile non riconoscere da pochissime inquadrature i film scritti da Jess e Jerusha Hess (e solitamente diretti dal primo). Napoleon Dynamite, Nacho Libre o il capolavoro Gentlemen Broncos, sono delle odi fenomenali agli ultimi del mondo, i peggiori, i meno concilianti e più perdenti tra gli esseri umani, e sono soprattutto film nel senso più completo del termine. A fianco ad una sceneggiatura solitamente poco convenzionale, la gran parte della comicità dei loro film viene dalla messa in scena, dalla fotografia limpida e geometrica, dall’arredamento, dai costumi, dalla recitazione, dalla scenografia e dalle precise scelte comiche di quando staccare o non staccare. Il fatto che i due siano mormoni professanti dà alla loro visione del mondo una qualità inedita, permeata di una compassione pazzesca e di un occhio sull’umanità e gli ambienti in cui vivono come non ce ne sono.
In Masterminds tutto questo non si trova, è il primo film da studio di un vero genio della commedia, e ne esce un po’ con le ossa rotte.

Nonostante sia una commedia forte, con attori in forma e un fatto vero e veramente incredibile a fare da base (da Pain and Gain sembra essere diventato obbligatorio), non c’è nulla dell’originalità di Hess. Un certo gusto per il dettaglio nell’abbigliamento di Galifianakis, alcune comparse, sparute composizioni delle inquadrature e l’uso grottesco del dialetto ma nulla più. Elementi sparsi che non sono in grado di creare quei mondi di Jared Hess al margine da tutto, guardati con un misto di presa in giro e compassione che non hanno eguali. Invece in Masterminds, gli idioti sono solo presi in giro come in qualsiasi altra commedia di un Todd Phillips qualsiasi, ma senza la sua voglia di vita. Diretto da chiunque altro questo sarebbe stato un film carino, così è impossibile non considerarlo un’occasione sprecata.

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