La musa dimenticata, la recensione
Un coinvolgente racconto dal sapore romantico che esprime un'immensa passione per Osamu Tezuka
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Il primo volume di La musa dimenticata risale al 2017, mentre il successivo, quello finale, è stato pubblicato a marzo di quest'anno. L'opera è stata raccolta in un cofanetto, uscito a maggio in fumetteria e in libreria di varia. Come apprendiamo dall'introduzione, Emilia Cinzia Perri e Deda Daniels, rispettivamente scrittrice e disegnatrice dell'opera, hanno presentato il progetto direttamente ad Hazard Edizioni per un motivo ben preciso: nel nostro Paese è la storica casa editrice delle opere di Osamu Tezuka (3 novembre 1928 – 9 febbraio 1989). La musa dimenticata, infatti, intende essere un omaggio e un tributo d'affetto al geniale mangaka scomparso novant'anni fa.
La Perri concepisce un soggetto molto intrigante per l'ambientazione: la Germania della seconda metà del XIX Secolo che si appresta a essere riunificata e diventare il potente Impero Tedesco sotto la guida carismatica del cancelliere prussiano Otto von Bismarck. La vicenda prende il via a Lubecca, sulle rive del Mar Baltico. Markus è un trovatello cocciuto e ribelle, fuggito dall'orfanotrofio; a differenza dell'amichetta Klara, non ha accettato di essere adottato da una famiglia facoltosa, e in qualche modo si è ritrovato ospite del solitario e anziano Andres Hoffmann. L'uomo ha subito notato una naturale predisposizione artistica nel ragazzino, che alleva come un figlio, insegnandogli a pescare e alimentando il suo talento.
La musa dimenticata non è un fumetto privo di sbavature: sono diversi gli stereotipi in questa storia che all'inizio stenta a decollare, riscattandosi nel prosieguo. Il tratto della Daniels - lodevole il suo impegno nell'imitare quello di Tezuka - si concede qualche inevitabile svarione, e talvolta denuncia un effetto eccessivamente cartoony, più improntato alla scena che alla recitazione, più all'insieme che al dettaglio; una pecca che si può perdonare per via della sua estrazione professionale, il mondo dell'animazione. Il risultato grafico complessivo è comunque piacevole.
L'opera non ha una struttura complessa ma propone contenuti di valore, oltre a essere la prova di un'immensa passione non solo per il cosiddetto Padre dei Manga ma anche per la Pittura: è fondato su una solida documentazione storica, e in appendice di entrambi i brossurati è presente un esauriente apparato redazionale sui vari temi toccati, oltre a una disquisizione sui personaggi.
La musa dimenticata è un racconto dal sapore romantico e coinvolgente che descrive un'intera esistenza fatta di sogni e delusioni, vittorie e sconfitte; è un inno alla libertà e al dovere, un toccante esempio di amicizia che va oltre le barriere razziali, ideologiche o religiose. Ed è questo uno dei lasciti più preziosi dei lavori di Tezuka.