I Milionari, la recensione
Tarato sugli esempi migliori di cinema criminale contemporaneo, I milionari non riesce mai ad essere vero cinema di genere e tantomeno ad essere altro
I Milionari del titolo neanche a dirlo sono i mafiosi, è lo stile di vita che conducono ad essere il centro e ciò che devono fare (o davanti a cui devono chiudere un occhio nel caso delle loro donne) per continuare a vivere in quella maniera. Dentro e fuori dalla galera, tra omicidi e pestaggi, droga e passaggi di mano, il mondo criminale del film non ha vita. Non se ne sente né il brivido, né la paura, la tensione o lo schifo. Non si prova né quel senso di eccitazione dato dal continuo confinare con la morte (che si trova sempre nei film americani) né la vertigine del senso di “potere” (tipico del nostro cinema criminale contemporaneo), non si avverte l’idea di un destino manifesto che incombe sui personaggi (tipico del noir) e nemmeno una forte componente perdutamente romantica. Il film non è né con né contro i propri personaggi, li vuole raccontare con passione ma non riesce mai davvero a trovarla e il suo intreccio non è così sofisticato da aiutarlo.
Non solo manca di personalità ma, cosa ancora più grave, manca di quella capacità di associare a ciò che racconta, ai suoi eventi o ai suoi personaggi, un gancio emotivo che imponga allo spettatore di partecipare agli avvenimenti di una vita distante da lui. Cosa in questo film dovrebbe agevolare il passaggio da una cronaca più o meno fedele dei fatti alla grande parabola cinematografica è un mistero. Cosa, se non ambienti e costumi, cioè i dati più “evidenti”, dovrebbe inserirlo nel genere cui appartiene non è chiaro.