Dylan Dog 395: Del tempo e di altre illusioni, la recensione
Dylan Dog 395: Del tempo e di altre illusioni è un nuovo tassello di notevole pregio incastonato nella macro-trama del Ciclo della meteora
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Il Ciclo della meteora di Dylan Dog si avvicina al suo climax e, dopo l'eccellente Casca il mondo, di Barbara Baraldi e Bruno Brindisi, e lo struggente Eterne stagioni, di Paola Barbato e Marco Nizzoli, il testimone passa a Carlo Ambrosini.
Mancano solo cinque capitoli all'apocalisse che si scatenerà una volta che il bolide, proveniente dalle profondità remote dell'universo, intercetterà l'orbita del nostro pianeta. I legami e i riferimenti che dovrebbero fare da collante ai capitoli della saga si sono accumulati nel corso degli ultimi mesi, ma anche su queste pagine continua a prevalere un intreccio verticale e autonomo, piuttosto che orizzontale e fortemente correlato a quelli che l'hanno preceduto: è qualcosa di ben diverso da ciò che si intende generalmente per "arco narrativo", tradizionalmente sfruttato più da manga e comics che dalle serie Bonelli.
Avrà ancora senso parlare di tempo quando non esisterà più l'Uomo, quando sparirà la nostra specie? È una domanda che John Ghost si pone all'inizio della storia e per la quale la nuova nemesi di Dylan ha una risposta: il tempo non è un oggetto ma una creazione della nostra mente. Quando verrà la fine dell'umanità, l'idea del tempo finirà con essa. E la fine è vicina, almeno per quanto riguardo il mondo dell'Indagatore dell'Incubo.
"Mito, Scienza e Filosofia si alternano e si fondono in sequenze magistralmente orchestrate da Ambrosini."Forse proprio a causa dell'avvicinarsi della meteora alla Terra, il tessuto spazio-temporale comincia a lacerarsi, e il nostro Old Boy viene risucchiato in un vortice di eventi che hanno come sfondo un misterioso film muto e che, come nella migliore tradizione dylaniata, lo pongono su di un confine sottile, in bilico tra sogno e veglia, tra verità e finzione.
Il Nostro insegue un ragazzino misterioso che appare in più occasioni nel corso della vicenda e che sembra incarnare il concetto di tempo, impossibile da raggiungere, da fermare o da catturare. Mito, Scienza e Filosofia si alternano e si fondono in sequenze magistralmente orchestrate da Ambrosini. Le vignette sono fotogrammi di una pellicola che riflette lo scorrere di un flusso di avvenimenti che non ha più una sua collocazione cronologica e neppure logica; si può spezzettare e rimontare in un altro ordine, mostrandoci quanto possa essere effimera la distinzione tra ciò che noi decliniamo come passato, presente e futuro.
In questo garbuglio di realtà e dimensioni parallele che si sovrappongono magicamente vengono offerte al lettore una miriade di emozioni e, soprattuto, lo spunto per interrogativi profondi. Le risposte suggerite da Del tempo e di altre illusioni sembrano concentrarsi nell'affetto verso le persone a noi care: diventa amore, quando si incarna in una vecchia fiamma dell'Old Boy, che scopriamo antecedente all'indimenticabile Marina (Dylan Dog 74: Il lungo addio, novembre 1992); è amicizia, quando assume le sembianze familiari dell'ex Ispettore Bloch e dell'inseparabile assistente Groucho.