Draugen, misteri tra i fiordi norvegesi - Recensione

La tormentata storia di un grazioso villaggio tra i fiori norvegesi: la recensione di Draugen

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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Draugen, nuova opera di Red Thread Games, ha subìto nel corso degli anni che ne hanno richiesto il completamento un vero e proprio cambio di identità. Comparando oggi il teaser trailer con il quale venne presentato nell'ormai lontano 2014 e il prodotto finito è ben evidente come l'ambientazione sia l'unico elemento in comune. La storia che ha luogo tra i bellissimi fiordi norvegesi, sulle cui sponde è adagiato un pittoresco villaggio rurale, ha perso la sua predominante componente orroristica originaria, il gameplay ha abbandonato ogni pretesa survival, a favore di un'impostazione ludica da walking simulator o, come preferiamo definire il discusso genere, avventura narrativa interattiva. Non sappiamo se sia proprio per questo cambio di prospettive che il gioco fatichi, moltissimo, nel proporre elementi realmente convincenti nella trama così come nell'atmosfera, ma il sospetto è più che lecito.

L'impressione è che con Draugen il team di sviluppo abbia provato a imbastire qualcosa di più originale rispetto all'ennesimo survival horror in prima persona a base di salti di paura, ma che nella volontà di perseguire una via certamente più complessa, puntando su una tensione più psicologica, sul mistero più puro e non sull'orrore, sull'interpretazione degli elementi della storia e non sulla loro univoca presentazione, si sia progressivamente perso, quasi subendo il progredire della storia, non dirigendolo. C'è un particolare evento, a metà dell'avventura, che dovrebbe segnare in maniera netta un cambio di ritmo, di temi e di atmosfere per la rivelazione che lo accompagna, ma questo invece di fatto ammazza la storia, che finisce veramente lì, rendendo quasi superfluo tutto quanto accade successivamente.

[caption id="attachment_196124" align="aligncenter" width="1920"]Draugen screenshot Il colpo d'occhio offerto dal villaggio di Graavik e della natura che lo circonda è pregevole[/caption]

La primissima parte è quella che convince maggiormente, introducendo le caratteristiche migliori della produzione, le più convincenti. Conosciamo Edward Charles Harden, viaggiatore inglese arrivato, l'anno è il 1923, nel villaggio norvegese di Graavik alla ricerca della sorella Elizabeth, giornalista; con lui Alice, la sua protetta. È subito evidente come l'uomo sia serioso, composto, la ragazza vivace, dalla battuta facile, le loro differenze sfociano in bonarie prese in giro e battibecchi ai quali il giocatore fa presto l'orecchio, con gusto, nonostante certi eccessi dall'una e dall'altra parte figli di una caratterizzazione fin troppo stereotipata, prima evidenza di una scrittura non raffinatissima. Soprattutto, però, colpisce l'ambientazione, le pareti rocciose che racchiudono Graavik portano ancora sulle loro cime la neve, più in basso a dominare sono colori più accesi, espressione di una natura rigogliosa, con la quale le caratteristiche case che puntellano il fiordo sono in totale armonia. Si rimane immediatamente affascinati dal colpo d'occhio, anche per merito della sapiente tecnica che mette in scena il tutto, si è quindi predisposti al meglio per scoprire i segreti del villaggio e dei suoi abitanti, o meglio di coloro che l'abitavano, perché in realtà si scopre presto che nessuno passeggia tra i suoi sentieri.

"Lo stravolgimento che interviene a metà della storia non solo rende molto meno significativa l'impostazione che il giocatore aveva precedentemente cercato di darle, ma quasi priva di importanza ogni ulteriore sviluppo"Nei primi dei sei giorni attraverso i quali si dipana la storia lavora per addizione, introducendo episodi misteriosi e inquietanti, mettendo in mano al giocatore gli indizi di fatti dei quali è lui a dare l'interpretazione, scegliendo le opzioni di dialogo di Edward. Scelte che non influenzano gli accadimenti, ma che sono per il fruitore dell'opera le tappe di un processo di deduzione che può banalizzare certi eventi, riconducendoli al caso e spiegandoli solo attraverso il raziocinio, o affermarne la natura eccezionale, aprendo spiragli al soprannaturale. Lo stravolgimento che interviene a metà della storia non solo rende molto meno significativa l'impostazione che il giocatore aveva precedentemente cercato di darle, ma quasi priva di importanza ogni ulteriore sviluppo, perché introduce una chiave di lettura degli eventi troppo ingombrante, impossibile da trascurare. Di consequenza quanto accade successivamente ha poco mordente, conduce verso un finale anticlimatico che è deludente non tanto in sé, ma per come ci si è arrivati.

[caption id="attachment_196123" align="aligncenter" width="1920"]Draugen screenshot All'interno dei dialoghi è possibile effettuare delle scelte, ma queste non hanno impatto sugli accadimenti[/caption]

Le problematiche che Draugen evidenzia nella coerenza di trama e tematiche non ne minano in maniera critica il potenziale narrativo, è possibile che coloro più sensibili a elementi che solo nella sua seconda metà si svelano, dei quali non possiamo assolutamente dirvi niente (ma non aspettatevi chissà quali evoluzioni, vista anche la durata di circa tre ore della storia) lo possano trovare particolarmente interessante. Ma se l'ammazzare il mistero che sta alla base della sua storia può essere scusabile alla luce della rivelazione attraverso la quale ciò avviene lo è molto meno la banalizzazione di tutti gli altri e, di consequenza, della sua capacità espressiva.

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