Dark Places, la recensione

Su un trama thriller molto ordinaria Dark Places riesce ad erigere un film complesso che lavori di luoghi e non di parole. Esemplare

Critico e giornalista cinematografico


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I luoghi oscuri, vale la pena dirlo subito, sono quelli della memoria. E vale la pena dirlo subito perchè questo è il fuorviante titolo di un dramma non male, non quello di un horror o di un film di tensione. La storia si divide in due, in parallelo vediamo la protagonista bambina e adulta, al centro dei fatti che nel passato hanno causato il presente e poi nell'indagine che la porterà a scoprirli. Lo capiamo subito che questa struttura in cui due trame viaggiano insieme verso il climax finale ci porterà solo alla fine ad avere la soluzione dell'enigma passato che ossessiona tanto chi vive nel presente, lo capiremo assieme a lei ma al suo contrario lo vedremo anche. L'indagine di Charlize Theron, in buona sostanza si presenta come inutile (proprio perchè comunque noi quei fatti li stiamo vedendo nei flashback), l'unico suo scopo è mostrare l'impatto che il lento farsi concreto delle peggiori paura ha su un essere umano.Dark Places ma sa trasportare la storia del libro di Gillian Flynn con la necessaria malattia

Non è un capolavoro di certo Dark Places ma sa trasportare la storia del libro di Gillian Flynn con la necessaria malattia, con quel senso di lurida mancanza di vie d'uscite che è l'unico modo (forse) per guardarla. Ci sono delle colpe nel passato con cui la protagonista si è rifiutata di fare i conti per decenni, ora tutto d'un colpo sembra costretta a farlo e si immergere nella realtà di quel che è successo molto lentamente, scoprendo che non è piacevole. Proprio questo lento lasciarsi contaminare da ciò che ha tenuto così lontano per anni è la parte migliore, perchè non avviene a parole. Avviene semmai a colpi di luoghi ignobili, facce distrutte dagli anni, sporcizia, paura e senso umido dello schifo.

Gilles Pacquet-Brenner ha realizzato una storia che ha l'incredibile pretesa di rimanere piccola ma anche la fatica dei percorsi più dolorosi. Su un racconto di non eccezionale originalità ha eretto un film dalla lodevole capacità di penetrare lo spettatore.
Sebbene la sua trama lineare (come si è scritto, doppia) sia dispiegata con un controllo esemplare, la parte di cinema più pura, cioè quella visiva, sonora e di montaggio, sceglie luoghi impeccabili per le scoperte della protagonista, la trascina sempre di più in posti che parlano per lei, nei quali c'è poco da dire e molto da vedere. Allora i dark places forse non sono solo i posti della memoria cui lei è costretta ma anche quelli che realmente deve percorrere, come se in una grande allegoria davvero camminasse nella parte peggiore di quel che teme, nella scoperta di cosa accadde alla propria famiglia.

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