La Cena di Natale, la recensione
Non era facile ma La Cena di Natale riesce a seguire le orme di Io Che Amo Solo Te enfatizzando la componente da soap televisiva e la forza retrograda
Si sia visto o no Io Che Amo Solo Te, il precedente film della coppia Luca Bianchini (autore dei romanzi e collaboratore alla sceneggiatura) e Marco Ponti (ex autore dirompente di film postadolescenziali dotati di una certa forza eversiva, ora convertito all’ortodossia dura e pura del cinema televisivo), si può lo stesso godere di questa soap da preserale mandata in onda nei cinema. Il trionfo della famiglia allargata (anche stavolta non mancano i gay nel ruolo di “i gay che sono benvenuti con tutte le loro differenze da noi eterosessuali”) viene celebrato con ancora più forza grazie alle feste natalizie, si aggiunge la zia del nord (Veronica Pivetti) e anche quelli che erano bambini sembrano essere cresciuti ormai. Rispetto al film precedente anche le poche piccole sofisticazioni sono state abbandonate per una ripetizione seriale e semplificata di ciò che avrebbe funzionato.
La Cena Di Natale è una miracolosa storia di come se impostati i giusti toni, scritto una sceneggiatura con la giusta dose di impersonalità, attenuate tutte le possibili asperità, allora qualsiasi svolta e qualsiasi elemento deviante sarà riportato nell’alveo del mantenimento dello status quo. Proprio come nelle belle e numerose famiglie tradizionali di una volta.
Verrebbe da chiedere: “Ma esistono queste persone? Chi sono? Dove si trovano davvero? Qualcuno ci si rispecchia?” ma il timore di una risposta fa venir voglia di desistere.