Bif&st 2015 - Slow West di John Maclean

Bif&st 2015 - Arriva il western surreale trionfatore al Sundance Slow West diretto dal debuttante John Maclean e dominato dal fantastico Michael Fassbender

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"The West is the best" cantava Jim Morrison.

È d'accordo con il leader dei Doors il sedicenne Jay, scozzese altolocato che spara al cielo stellato di notte (Jean-Paul Belmondo sparava al sole di giorno in Fino all'ultimo respiro) arrivato nel Far West nordamericano per ritrovare Rose, ragazzona di umili natali con cui flirtava assai in Scozia prima che un fattaccio la costringesse a espatriare nel nuovo mondo con il papà nerboruto (è Rory "Il Mastino" McCann di Trono di spade!).

È la fine del 1800.

In un Nordamerica ricostruito in una bellissima Nuova Zelanda dai paesaggi cangianti e raggi di sole potenti (bellissimi gli scintillii sul metallo di pistole e fucili), si aggirano meticolosi bounty killer (ce ne è uno praticamente sosia del Lee Van Cleef di Per qualche dollaro in più di Leone), nordisti sbandati, disperati coloni dal forte accento tedesco, indiani abili a tirare con l'arco ma terribilmente maldestri come in una commedia slapstick di Jacques Tati e, dulcis in fundo, cantanti congolesi che parlano in francese. Tra tutte queste eccentricità esistenziali si muovono al passo il silenzioso Silas (sempre con gli occhi a terra) e il visionario Jay (sempre con la testa per aria). Il piccolo Jay, lo sappiamo, deve ritrovare l'amata Rose (belli i veloci flashback in cui vediamo cosa è successo in Scozia) mentre Silas, ex bounty killer uscito da una gang per mettersi in proprio, si offre di guidarlo attraverso il selvaggio West perché, a una prima occhiata, il ragazzo sembra proprio non poter sopravvivere un giorno in più senza qualcuno come Silas al suo fianco.

C'è lo humour cattivo dei Coen, la presa di distanza di Maclean dalla stupidità del protagonista (il regista si lancerà in una gag a base di sale che fa capire bene quanto disprezzi l'idealismo di Jay), un impianto visivo da western classico (Maclean usa un tipo di vecchio widescreen già in voga ai tempi de Il cavaliere della valle solitaria -1953- con Alan Ladd), divagazioni molto europee legate al fascino dei racconti e una sparatoria finale degna di Sam Peckinpah.

Slow West è un film in cui c'è sempre qualcuno che racconta a un altro una storiella e in fin dei conti lo stesso film è una storia raccontataci in voice over da parte del solitario Silas a fatti accaduti.

Eccellenti Michael Fassbender (un Silas che ricorda L'Eroe Senza Nome di Eastwood con un cucchiaino di zucchero in più) e Kodi Smit-McPhee (Jay) in una rivisitazione della strana coppia western di Scusi, dov'è il West? (1979) di Robert Aldrich in cui il virile Harrison Ford doveva scortare l'impacciato rabbino polacco interpretato da Gene Wilder da Philadelphia a San Francisco.

Di quel gioiellino il film di Maclean condivide il calore umano che si instaura tra l'alpha man abbrutito dalla violenza e l'imbranato dal cuore d'oro anche se dai fratelli Coen questo giovane regista scozzese prende in prestito massicce dosi di quell'ottica completamente atea e piuttosto pessimista nei confronti della vita, della morte e dei rapporti di sopraffazione tra individui. Ma occhio a un finale niente affatto nichilista.

Gran Premio della Giuria al Sundance 2015, stracitato dall'ideatore e Direttore Artistico del Bif&st Felice Laudadio come la sua pellicola preferita della sesta edizione della rassegna pugliese e presto sui nostri schermi distribuito dalla Bim.

Slow West ci mette davanti agli occhi un talento puro con cui speriamo di avere a che fare in futuro per altri film. Il suo nome è John Maclean.

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