Assolo, la recensione
Al suo secondo film Laura Morante replica quanto di buono visto nel primo ma non fino in fondo. Assolo è sorprendente purtroppo solo a metà
Assolo purtroppo però non tiene per tutta la sua durata la medesima tensione da commedia, scioglie i suoi intrecci troppo presto ed indugia eccessivamente prima di finire con la più fiacca delle chiuse.
In particolare Assolo vive in una prima parte attraverso un sorprendente moltiplicarsi di scene e scenari e comprimari. Tra sogni, realtà, proiezioni mentali e un’infinità di attori che si affiancano alla protagonista, il film sembra avere l’ambizione di seguire una vita in tutte le sue attività quotidiane trovando sempre ambienti e svolgimenti non banali eppur ordinari. Anche i flashback sul passato sembrano ogni volta originali per costume, messa in scena e fotografia. C'è in questo film decisamente molta più vitalità e voglia idee visive di quanta non ne vediamo nel 90% dei nostri film, basterebbe anche solo il ricordo delle sigarette da comprare su commissione della panettiera, con il suo cappotto assurdo e il vento iperbolico a fare da esempio.
L’impressione è che davvero, mantenendo fede al tono leggero e un po’ teatrale della commedia per come la vede Laura Morante, Assolo riesca a trasfigurare tutti i momenti più quotidiani nella finzione del cinema, risultando a tratti di una sincerità disarmante, di certo più che nell’idealizzato finale massacrato dalla tromba composta da Nicola Piovani.