Spielberg ha 70 anni. 5 scene che dimostrano che è ancora il regista più giovane di tutti

Cinque scene dagli ultimi cinque film di Steven Spielberg per dimostrare quante idee, novità e personalità ancora ci siano nei suoi lavori

Critico e giornalista cinematografico


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Non staremo qui a ricordarvi le origini di Spielberg, i suoi primi film o di come si tirasse indietro gli anni perché voleva avere la fama di ragazzo prodigio. Non vi parleremo delle difficoltà di Duel e poi di Lo Squalo, delle idee di business e di distribuzione rivoluzionarie, l’attività da produttore con la Amblin e poi con la Dreamworks, dell’audacia dei suoi film commerciali e del successo senza precedenti della sua idea di fantascienza. Oggi Spielberg compie 70 anni e non ci va di riguardare alla sua carriera, anzi! La cosa incredibile di questo cineasta ragazzino con la testa di un imprenditore, è che ancora oggi alla veneranda età di 70 anni è il più giovane di tutti. E sono proprio i suoi ultimi film a dimostrarlo.

In una fase in cui a Hollywood si punta su film molto grandi in cui investire grandissime cifre per ritorni che a questo punto devono essere per forza immensi, Spielberg continua a girare una media assurda di quasi un film l’anno.
Otto film in sette anni dal 2001 al 2008 e poi 5 film in 6 tra il 2011 e il 2016. Medie da Woody Allen o Clint Eastwood, solo che questi due girano in fretta film dalla produzione tutto sommato semplice e stringata, Spielberg invece continua ad ordire macchine spettacolari e altamente drammatiche. Non certo Blockbuster ma comunque film produttivamente non scontati.

Ci vogliamo allora concentrare proprio sugli ultimi 5 film a sua firma, usciti dal 2011 ad oggi, cioè da quanto aveva 64 anni a quando ne aveva 69. Per ogni film una scena, un dettaglio o un elemento di messa in scena che non si trova in nessun altro cineasta, per dimostrare con che siamo ancora davanti al più giovane di tutti.

Le avventure di Tin Tin

Da dove cominciare? È forse il miglior film d’avventura che abbiamo visto negli ultimi 10 anni (per tenersi stretti), pare fatto in un unico lungo pianosequenza per come si diverte ad unire scene lontane con raccordi mai visti prima. Soprattutto è il ritmo indiavolato che Spielberg impone ad un intreccio che invece prevede flashback, viaggi, improvvisi stacchi o momenti di stasi a stupire. Ad analizzarla la sceneggiatura ha un certo tempo, a vedere il film ne ha tutto un altro.
Avremmo potuto facilmente scegliere la scena dell’inseguimento dell’aquila, un virtuosismo che fa girare le testa solo per iniziare a capire come sia stato pianificato, ma abbiamo invece voluto mettere qui la scena del flashback di Haddock.
Subito Spielberg fa un avanti e indietro tra racconto e presente attraverso i volti e le lenti dei cannocchiali che è unico, fa cioè dialogare presente e passato mettendo elementi dell’uno nell’altro senza che stonino e ovviamente attraverso il volto di Haddock uguale al suo antenato (per antitesi e concordanza quindi). Poi, dopo aver mostrato un’incredibile scontro (in cui ad un certo punto, crollando la nave si passa dall’orizzontale al verticale), rallenta il ritmo per l’ingresso del grande villain e, negli ultimissimi secondi della clip, all’interno dell’azione stringe e trova a sorpresa il volto (la Spielberg face) di Haddock. Tutto senza stacchi.

War Horse

Una scena come quella della carica di War Horse non l’avete mai vista.
L’inizio testimonia la capacità che ha questo elegante sessantenne di partorire immagini semplicemente belle e mai viste su un argomento trito: il campo di grano, il busto dei soldati e sotto il cavallo, l’ordine militare, la quiete della natura prima della tempesta. Poi la maniera in cui gestisce la sorpresa è magistrale. La cavalleria carica, i nemici si ritirano nel bosco e esattamente a metà clip un carrello svela la presenza di mitragliatrici, senza nessuna enfasi ma con una mano ferma che fa paura. Non ci sarà storia, l’acciaio parla chiaro: la cavalleria sarà massacrata. Ma siccome Spielberg ha deciso di fare un film per la famiglia non mostrerà mai (in tutto il film) la morte, nonostante non intenda rinunciare ad affermarne l’esistenza. Le mitragliatrici sparano e i cavalli che abbiamo visto partire con i soldati in sella entrano nel bosco tutti senza soldati. Il resto che crediamo di aver visto è solo avvenuto nella nostra testa.

Lincoln

Cinque minuti, i primi cinque minuti di questo film celebrativo e didascalico sul presidente Lincoln e la lotta per l’abolizione della schiavitù sono un concentrato di pianificazione.
Tutto Lincoln è una celebrazione della parola, della capacità oratoria del presidente, di quel che i discorsi possano fare e di quanto le discussioni (nella politica) possano essere guerre. Benché inizi con una guerra vera, con la violenza autentica, il film passa subito al dialogo tra due soldati e il presidente. Questo regista celebrato per la capacità di filmare il movimento, ha ancora una forza quasi rivoluzionaria nel filmare i dialoghi. Con piccoli movimenti e una passione smodata per la recitazione, lavora di sottigliezze su questi due soldati di colore che non sono uguali, sono un determinato e uno meno. Già dal dialogo capiamo questo dettaglio, poi la battuta del presidente sul taglio di capelli fa ridere solo uno dei due ed anche visivamente è evidente. È uno scambio fortissimo in cui esiste una strana tensione, come se aleggiasse l’impressione che può accadere qualcosa di clamoroso da un momento all’altro. Che sia uno scontro di intelligenze viene dimostrato per negazione quando arrivano due soldati, bianchi, un po’ più sempliciotti ma innamorati del presidente, che gli recitano a memoria un suo discorso. Non conosciamo questi personaggi ma in meno di 5 minuti abbiamo capito le differenze di acume e volontà che esistono in ognuno.
Quando i bianchi se ne vanno, capiamo il vero scopo della scena. Perché iniziare così, perché quel dialogo su un soldato di colore che vorrebbe più uguaglianza? Il fatto che anche lui, che pare il più duro e polemico, ricordi a memoria quello stesso discorso di Lincoln è una sorpresa che, nella scena dialogata, conta come l’ingresso all’ultimo secondo di un eroe in una scena d’azione. Un colpo da maestro che crea movimento anche quando tutti sono fermi.

https://www.youtube.com/watch?v=-eEMit4pljs

Il ponte delle spie

Lo confesso, non ho trovato la scena che volevo (anzi, se la trovate segnalatelo nei commenti). Ho messo qui sotto quella che più si avvicina ad essa.
Il dettaglio più pazzesco di questo film perfetto (a detta di chi scrive il migliore del quintetto) è il raffreddore del protagonista. Mandato in Germania Est per pochi giorni quest’avvocato americano prende subito il raffreddore perché, per una dimostrazione di forza, uno degli uomini che deve incontrare (lo vediamo nella clip) gli fa rubare il cappotto in un giorno di neve. Da lì e per tutto il film starà con il raffreddore e il naso chiuso, un elemento potentissimo nella messa in scena. In un film di intrighi, discussioni e spionaggio con un uomo caratterizzato dal non arrendersi e non accontentarsi, la lotta anche con il raffreddore dona un andamento particolare al tutto. Oltre a creare un senso di partecipazione, di leggerezza e l’ennesimo ostacolo per un uomo che sembra non vederli nemmeno, è proprio un artificio di pura regia. Il raffreddore, inutile per la trama, crea in realtà una dinamica originalissima in ogni scena (tra fazzoletti, tirare su con il naso e un desiderio spasmodico di tornare a casa, al caldo della tranquillità e del sole), dona personalità ad ogni interazione e fa sì che non somigli a nient’altro, calciando via ogni paura di noia.
I più informati obietteranno che questa non fu un’idea di Spielberg ma di Tom Hanks, ed è vero (cosa che testimonia la statura anche di quest’attore) ma dimenticano che un regista è una persona che coordina un team, che approva e rifiuta proposte tutto il giorno, e che la sua mano o il suo stile non li applica decidendo gli stacchi di montaggio o le inquadrature, ma approvando o rifiutando quel che gli viene suggerito dai collaboratori che ha accuratamente scelto.

Il GGG - Il Grande Gigante Gentile

Di nuovo 5 minuti che sembrano 2 ore. Qui si passa da un momento puramente spielberghiano che sembra uscito da Hook, di grande meraviglia e costruzione di un immaginario fantastico fatto di colori luci ed espressioni esterrefatte, ad uno di azione e poi di dramma. Tutto in 5 minuti.
Al contrario di qualsiasi cineasta incancrenito e molto similmente a quel che accadeva ai grandi regista dell’epoca d’oro di Hollywood nel loro maturare, anche Spielberg ha raggiunto un’asciuttezza invidiabile che gli consente di eliminare tutto il superfluo dalle scene, e filmare solo quello che serve e nulla più. Qui c’è tutto nel minor tempo possibile e con la più grande economia di movimenti, stacchi e battute possibile.

https://www.youtube.com/watch?v=MN-bj7Q2OQs

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