Perchè non è sbagliato ma doveroso ricordare Franco Citti come Accattone

Interprete di una stagione che ha ridefinito il rapporto tra corpi e paesaggi, Franco Citti è stato sempre Accattone, quello era il suo ruolo nel cinema

Critico e giornalista cinematografico


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Una volta tanto non è un peccato nè appare sbagliato identificare un attore deceduto con un ruolo solo. Solitamente è una prospettiva limitante che schiaccia una carriera intera su un carattere, spesso nemmeno per meriti particolari quanto per fama del film in cui compare. È successo recentemente al grande Alan Rickman con il ruolo di Severus Piton nella saga di Harry Potter. Invece per Franco Citti non sembra sbagliato identificarlo davvero con Accattone, ruolo che l’ha lanciato ma anche essenza della sua presenza cinematografica, la sintesi di quello che aveva da portare sullo schermo.

Aveva circa 25 anni quando fu presentato a Pasolini in una pizzeria, da lì all’esordio nel film che era un esordio per Pasolini stesso fu un attimo. Citti come tutti gli altri ragazzi di vita costituiva un passo avanti rispetto alle idee attoriali del proletkult o ancora quelle degli attori presi dalla strada del cinema della liberazione italiano. Per Pasolini attori come Citti avevano il compito non tanto di recitare quanto di portare la vita nel film, con i loro corpi e i loro volti dovevano infondere alla storia poesia più che la credibilità. Con il contributo molto più che fondamentale di Tonino Delli Colli alla fotografia (Pasolini era un grande ignorante della tecnica filmica) quelle facce lavoravano come e più degli elementi di paesaggio se non in armonia con essi per un unico fine, essere quel che erano nella vita: gli ultimi scampoli di vita autentica in un mondo composto da corpi educati e volti ripuliti. Accattone era più della trama che raccontava anche per la sovrapresenza dei tipi pasoliniani sui quali svetta Citti.

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Da quel film inizia una carriera solo in minima parte con Pasolini, in ruoli grandi o piccoli dentro il Decameron, Il fiore delle mille e una notte, Edipo Re, Mamma Roma, Porcile e I racconti di Canterbury. Verrà poi utilizzato come caratterista da tantissimo cinema italiano sia di genere che non, per quanto la parte popolare rimarrà la più fiorente. Sarà usato da Deodato come da Bertolucci, da Elio Petri e da Zurlini ma anche da Citto Maselli e da Pierfrancesco Pingitore. Contribuirà ad alcuni film memorabili del fratello Sergio, da Ostia a Casotto, e infine nel 1998 con il suo contributo farà un film da regista, Cartoni animati, che imprevedibilmente ad oggi rimane l’unico ruolo corposo mai affidato a Rosario Fiorello in un film.

Franco Citti è ovunque, è nelle opere dei grandi autori come nelle commediacce e nei polizieschi o nel cinema di guerra, ma è sempre Accattone. Il suo volto, la sua personalità e la sua scarsa propensione alla recitazione come la intediamo comunemente lo rendono un ruolo che cammina. Ogni volta che viene scelto, viene usato o viene messo in scena, porta con sè le idee e il senso che gli fu appiccicato così bene in quella prima interpretazione e che del resto lui stesso non ha mai rinnegato. Anzi! Citti è Accattone perché quell’idea di cinema e quella poetica sono nate sulla sua faccia e viceversa. Anche quando recita in La banda del trucido non può essere paragonabile agli altri attori, è un corpo estraneo che entra nel film portando con sè l'eco di altre storie, delle borgate nelle quali l'abbiamo visto e della vita di strada a cui il suo corpo è indissolubilmente associato. Alla stessa maniera in cui quando Pasolini inserisce Lamberto Maggiorani (il protagonista di Ladri di biciclette, anch’egli un non attore) in Mamma Roma, è in realtà il film di Vittorio De Sica e il suo mondo che vuole richiamare.

Ricordare Franco Citti come Accattone non è un torto ma il riconoscimento del ruolo fondamentale che ha avuto nella storia del cinema italiano, se non mondiale. Un’onesta presa di coscienza sul suo statuto e la parte che ha giocato nell’avanzamento del linguaggio cinematografico. Del resto anche Francis Ford Coppola quando lo prende per una comparsata in Il Padrino e Il Padrino parte III lo fa memore del fatto che era stato il protagonista di quel formidabile film di Pasolini.

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