Pandorum sarebbe dovuto diventare un cult
Pandorum è un horror sci-fi che inventa poco ma esegue tutto alla grande, e avrebbe meritato miglior fortuna
Le leggi che governano il successo cinematografico sono misteriose, e ancora di più lo sono quelle che trasformano un flop in un cult, inteso nell’accezione originaria del termine: film visto in sala da pochissima gente che grazie al passaparola, alle seconde visioni e all’home video diventa una pellicola amatissima da un ristretto ma agguerrito numero di persone. Punto di non ritorno di Paul W.S. Anderson, per esempio, è un cult: costò 40 milioni, ne incassò appena 60, ma con gli anni, e grazie al mito dei quaranta minuti mancanti (una piccola parte dei quali vedremo nell’imminente edizione Blu-ray 4K), è diventato uno dei pochi horror sci-fi a poter venire citati nella stessa frase di Alien senza vergognarsi. Pandorum, al contrario, non ce l’ha fatta a diventare un cult: uscito nel 2009, costato 33 milioni, ne incassò appena 20, contribuì al fallimento della Overture Films e non ottenne mai il sequel (o i sequel) che erano stati pianificati. E sapete cosa? Pur non raggiungendo i picchi di Punto di non ritorno, è un peccato che Pandorum sia andato incontro a questo destino.
Che Pandorum sia un mix di questi due spunti tenuti insieme solo dalla presenza di un’astronave è evidente fin dai primi minuti: il film è un’orgia di idee che arrivano da tutte le parti e d'ispirazioni arrivate qui e là dal meglio della fantascienza d’orrore e non solo, e porta avanti per le sue quasi due ore di durata almeno due linee narrative diverse in parallelo. Ruota tutto intorno all’arca spaziale Elysium, che ha lasciato la Terra (ovviamente morente) con a bordo circa 60.000 esseri umani per stabilire una colonia sul pianeta Tanis; a un certo punto durante il viaggio (il “quando” è uno dei misteri del film, insieme al “dove”) qualcosa va storto, e due membri della ciurma di volo si svegliano dal sonno indotto e devono scoprire cosa sia successo.
I membri in questione sono il caporale Bower (Ben Foster) e il luogotenente Payton (Dennis Quaid), e come tutti coloro che si risvegliano dall’animazione sospesa sono colti da un brutto caso di amnesia più o meno selettiva: ci mettono poco a ricordarsi il loro ruolo e la loro formazione, ma non hanno memoria del viaggio né sappiano cosa sia successo che li ha fatti risvegliare prima del tempo. Che sia successo qualcosa lo testimonia il fatto che la nave cade a pezzi, il reattore nucleare che fa da motore si sta spegnendo, manca l’elettricità più o meno ovunque, il ponte è inaccessibile e soprattutto c’è una tribù di creature ferocissime che assomigliano a versioni albine degli orchi del Signore degli anelli che infestano gli immancabili corridoi rugginosi dove si svolge gran parte dell’azione.
È un setting talmente classico che rischierebbe di risultare banale, se non fosse per l’aggiunta del misterioso pandorum, la malattia spaziale che dà il titolo al film e che può colpire chi passa troppo tempo nello spazio profondo; porta allucinazioni, deliri e perdita del senso della realtà, e carica il film di uno strato di delirio che porta chi guarda a mettere in dubbio continuamente quello che sta vedendo: Bower si addentra nelle budella della Elysium per riavviare il reattore nucleare e incontra le creature – esistono davvero? Sono visioni? E la tizia tedesca bravissima con le armi ma con un’inspiegabile canotta scollatissima supersexy (Antje Traue, che è stata Faora in Man of Steel): lei esiste o è un’altra allucinazione? Non vogliamo arrivare a dire che il viaggio di Bower verso il centro della nave sia anche un viaggio dentro se stesso perché Pandorum non ha di queste pretese, ma questa lieve passata di follia lovecraftiana contribuisce a caricarne l’atmosfera, e anche a far passare sopra a qualche immancabile (gasp) buco di trama.
Contribuisce anche il fatto che il film è prodotto da Paul W.S. Anderson e si vede: Pandorum vira spesso sul lato più horror dell’equazione “sci-fi/horror”, e non si risparmia nulla in termini di violenza e disgusto (nell’edizione DVD c’è la commentary track di Alvart che spiega che esiste anche una versione unrated del film, molto più violenta e che non ha mai visto la luce). Alvart compie l’errore gravissimo di ambientare gran parte del primo atto in corridoi quasi completamente bui e di esagerare con il montaggio nelle scene d’azione, con il risultato che per lunghissimi minuti Pandorum è un pasticcio confuso e incomprensibile con qualche raro squarcio di chiarezza che mette in risalto il bel lavoro fatto sui set; ma risolta la questione “per contratto dobbiamo metterci un paio di scene claustrofobiche in condotti d’areazione dove non si vede nulla” Pandorum si apre e accoglie anche qualche luce qui e là, ed è lì che comincia a migliorare esponenzialmente.
Il finale in particolare è il motivo per cui crediamo che Pandorum sarebbe potuto diventare un cult se solo avesse avuto un po’ più di fortuna: Alvart fa convergere le due succitate vicende parallele – quella di Bower in cerca del reattore, che è quella più francamente survival, e quella di Quaid, che rimane indietro e fa la conoscenza di un inquietante Cam Gigandet, che gli svela tutta la verità sulla Elysium – e aggiunge il carico di un ultimo, potentissimo plot twist, di quelli che costringono a mettere in pausa per ripensare a tutte le sue implicazioni. Provate a dargli un’altra possibilità se vi piacciono le storie che parlano di claustrofobia spaziale, colonizzazione di pianeti lontani e orchi spaziali assetati di sangue.
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