Ninja Assassin ci crede un po’ troppo

Ninja Assassin avrebbe dovuto abbracciare il suo lato più trash, invece prova a darsi un tono e fallisce miseramente

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Ninja Assassin va in onda su 20 Mediaset questa sera alle 21:04 e in replica domani sera alle 23:30

L’arte, la cultura, il cinema d’essai: tutti concetti che con Ninja Assassin c’entrano poco o nulla – il problema è che nessuno l’ha detto a James McTeigue. Non è mai bello dover parlare male di un film, criticarlo, puntare il dito su difetti più o meno evidenti: c’è sempre quella sensazione di stare smontando, dalla comodità della nostra scrivania e con la spocchia di chi non ci ha lavorato, un prodotto che ha richiesto mesi di preparazione e di lavoro intenso, che ha coinvolto decine se non centinaia di persone che ci hanno messo tutto quello che avevano per creare qualcosa di buono. Nel caso di Ninja Assassin però non ce la sentiamo di sentirci in colpa: quando uscì nel 2009 non era solo il secondo film di James McTeigue ma quello che arrivava dopo V per vendetta, e che sarebbe dunque dovuto essere anche la conferma di quanto di buono fatto vedere al suo debutto dall’ex assistente di regia delle sorella Wachowski. Non lo fu, come non lo sono stati i film venuti dopo: a riguardarlo oggi, con il senno di poi, Ninja Assassin non è altro che il primo dei famosi tre indizi che messi insieme fanno una prova.

Gli altri due, così ci togliamo subito il pensiero, si chiamano The Raven e Survivor; e se il secondo era solo piatto e un po’ prevedibile, il primo era la dimostrazione che James McTeigue, australiano che ha cominciato a lavorare come assistente di regia sui set di film come Street Figther e Dark City e che si è poi accasato con Lana e Lilly Wachowski fin dai tempi di Matrix, ha un grande occhio per l’aspetto puramente visivo del cinema, ma ha grosse difficoltà a gestire il ritmo del racconto e a dare un tono uniforme alle sue opere. E dire che V per vendetta non aveva quasi nessuno di questi problemi: forse perché tratto da una graphic novel e diretto sotto l’affettuosa supervisione delle Wachowski, il primo film di McTeigue riusciva a coniugare alla perfezione la sua estetica esplosiva e stilosissima con una storia accattivante e strapiena di Grandi Idee provocatorie e stimolanti. Non a caso Hugo Weaving mascherato è diventato prima un meme, poi il simbolo del più grosso collettivo hacker del mondo: V per vendetta era un film costruito per diventare iconico, e ci riusciva senza fatica.

Non è chiaro cosa abbia spinto James McTeigue a scegliersi come progetto successivo Ninja Assassin, un film nato perché le Wachowski si erano innamorate delle coreografie di combattimento della popstar sudocoreana Rain nel loro (bellissimo, peraltro) Speed Racer, che era protagonista di un paio di sequenze vagamente a tema ninja; questa considerazione bastò per pensare “dobbiamo scrivere un film che parla di ninja”, cioè una figura archetipica giapponese a metà tra storia e mitologia, che rappresenta l’assassino perfetto e che viene tradizionalmente opposta alla figura del samurai, che uccide con onore e non colpendo dalle ombre. A scrivere questa storia tipicamente nipponica fu... Michael Straczynski, che l’anno prima aveva debuttato al cinema scrivendo Changeling di Clint Eastwood (!) e la cui carriera cominciò addirittura negli anni ’80 quando scrisse qualche episodio della serie animata He-Man e i dominatori dell’universo (!!) e poi della Signora in giallo (!!!).

Raizo

Straczynski è ovviamente un’altra figura che orbita intorno all’universo Wachowski: sia lui sia McTeigue finiranno qualche anno dopo a lavorare a quello che è il manifesto definitivo della poetica wachowskiana, Sense8, e al tempo... vedetela così: stavano ancora trovando la loro voce e ritagliandosi i loro spazi creativi. È un modo gentile per dire che quella di Ninja Assassin è una storia tonta, di una stupidità quasi ancestrale, nella quale una popstar coreana interpreta un letale assassino giapponese che è stato addestrato dal tremendo clan Ozunu e che li ha traditi, diventando così un ninja reietto il cui unico scopo nella vita è sventare i piani malefici del suo ex mentore Lord Ozunu. E siccome siamo nel presente e non più nel Giappone feudale, il clan Ozunu è in contatto con i potenti del mondo ed è in grado di tirare le leve del potere al punto che quando la povera Mika Coretti (Naomie Harris), agente dell’Europol, scopre le prove della loro esistenza, questi le scatenano contro un esercito di ninja silenziosi che la vogliono far fuori.

Per fortuna che c’è Raizo (sempre la popstar), che si prende a cuore la vicenda di Mika e decide che è la persona giusta perché la sua personale missione di vendetta possa fare il passo successivo. L’inevitabile inerzia di una storia del genere porterà Raizo a scontrarsi finalmente con il suo vecchio mentore in un duello all’ultimo sangue tra sagome scure che spiccano dietro un paravento, ma è quello che succede in mezzo che è il vero problema. Ninja Assassin, infatti, è un film interamente costruito su una notevole quantità di sequenze di combattimento che mettono in mostra le abilità marziali di Rain e, quando possibile (troppo poco, purtroppo), del mito Sho Kosugi (Lord Ozunu), oltre che il gusto per le coreografie di McTeigue. E siccome era il 2009 e il sangue usato come vernice su una tela andava ancora molto di moda (principalmente per via dell’onda lunga di 300 di Snyder, uscito tre anni prima), ognuna di queste sequenze è una festa di arti che volano, corpi tagliati a metà da affilatissime katane di acciaio giapponese ripiegato mille volte, e spruzzi, fontane, cascate di liquido rosso che sprizza da dovunque gli sia permesso di sprizzare.

“Che male c’è!” direte voi, e avreste ragione: se Ninja Assassin fosse uno showcase di arti marziali e ultraviolenza tenuto insieme da un paio di scene di raccordo necessarie a farlo assomigliare a un film, andrebbe tutto benissimo. Il problema è che lo script di Straczynski dedica enorme attenzione alla backstory di Raizo, con lunghe sequenze che tornano ai tempi del suo addestramento nel dojo del clan Ozunu che sono talmente lunghe e ricche di dettagli da diventare fin troppo ingombranti per essere semplici flashback: il film saltella avanti e indietro nel tempo alternando la fuga di Mika e Rain con la storia dell’addestramento di quest’ultimo, quando sarebbe stato meglio evitare l’alternanza e limitarsi a seguire la freccia del tempo. Perché in questo modo Ninja Assassin arranca ogni volta che sembra che stia per partire davvero: a ogni scena di combattimento ne segue una altrettanto lunga sul passato di Raizo, e siccome le cose da dire non sono poi tantissime i flashback finiscono per ripetersi, girare in tondo e togliere ritmo al film.

Potreste però approcciarlo come fosse un drinking game: ogni volta che c’è uno spruzzo di sangue bevete uno shot di grappa, ogni volta che c’è una poetica inquadratura piena di Giappone feudale ingollate un po’ di sake, e ogni volta che c’è un dialogo che vi fa venire voglia di strapparvi i capelli mischiate i due che male non fa. Oppure potreste sfruttare le sequenze di flashback per, per esempio, andare in bagno, mettere su un caffè, dare una girata al sugo, e tornare a dedicare la vostra attenzione al film ogni volta che la musica sale e la violenza si affaccia sullo schermo. Perché avrà pure tutti i difetti del mondo, ma quando sfodera la katana Ninja Assassin resta un gran divertimento.

Ninja Assassin bimbo

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