I 10 peggiori film del 2016 che probabilmente non avete visto (e forse nemmeno sentito nominare)

Abbiamo scavato tra i film minuscoli, con distribuzioni minime e risultati ancor più sconfortanti per trovare il peggio del sommerso del 2016

Critico e giornalista cinematografico


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Ogni anno il problema con la classifica dei peggiori film è che mescola prodotti di altissimo profilo (ma molto deludenti) ad altri invece di budget e distribuzione infinitamente minore (ma ugualmente deludenti). Se i primi è più intuibile quali possano essere e già alla loro uscita ricevono un ampio battage di critiche, i secondi rimangono giustamente ignoti e nei casi migliori proprio dimenticati per sempre.

Parliamo di fenomeni da festival che scontentano tutti (critica in primis e poi pure il pubblico) ma anche di produzioni minuscole e senza senso o tentativi disperati di comici televisivi, film inguardabili e senza mercato che tuttavia vengono visti da qualcuno (noi).

Per questo abbiamo deciso quest’anno di concentrarci a raccontare questo mondo sommerso e invisibile di film con distribuzioni lillipuziane e bruttissimi, che non hanno incassato niente, che nessuno ha visto e tuttavia esistono, sono stati fatti e distribuiti anche se solo per un giorno. È come fare zapping sul digitale terrestre alla ricerca delle atrocità dei più remoti canali regionali.

146970802442610. Spira Mirabilis

Il fiasco cinematografico si ha quando al massimo dell’ambizione è associato il minimo del risultato, diceva Morando Morandini, e la definizione è perfetta per il documentario di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti. Spira Mirabilis ambisce a raccontare la vita, la morte e tutto quello che sta in mezzo attraverso l’arte e la poesia. Ancora più audace mira a fare tutto ciò nascondendosi, lasciando parlare le immagini. Purtroppo le immagini, per come sono scelte, associate, montate e messe in relazione, non parlano di nulla se non di se stesse, in un trionfo di vacua noia e nell’abisso di quello che invece doveva essere l’esaltazione del linguaggio cinematografico.

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9. Onda su onda

Passato di fretta in sala il terzo film di Rocco Papaleo è sempre più distante dalla solidità di Basilicata Coast to Coast e si sfilaccia, perde i pezzi, non ha un obiettivo chiaro, infine annoia terribilmente.
L’impressione è che manchi la determinazione di scegliere cosa levare e cosa tenere, la mano ferma per dirigere una storia con coerenza, compiendo scelte per ogni elemento della messa in scena, fino a fornire l’impressione di una narrazione sicura. Invece in Onda su Onda ogni scena va per conto suo.

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8. Questi Giorni

L’opposto logico dei migliori film italiani dell’anno, cinema di 20 se non 30 anni fa, quello che ha portato in basso il cinema italiano. Quattro ragazze in viaggio, sono amiche e accompagnano una di loro verso una nuova vita. Nello spostarsi emergeranno desideri, paure, insicurezze ed ansie.
Non solo quelle di Questi Giorni sono le 4 donne peggiori del cinema italiano di quest’anno, così poco credibili, così vuote e impalpabili come fossero brutte spalle e invece sono protagoniste, ma la maniera in cui sono raccontate è anche peggio. Alla ricerca di un punto di vista intenso ed intellettuale, senza avere un’idea chiarissima di dove trovarlo, Questi Giorni è un film di sguardi nel vuoto e silenzi, di personaggi con la testa appoggiata al finestrino della macchina che tristi guardano fuori, uno in cui le donne agiscono d’istinto e passionalità perché sono emotive, ma noi queste emozioni non le vediamo mai, dovremmo fidarci che esistono perché lo dicono a parole.

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7. La Macchinazione

È il film più vicino a Pier Paolo Pasolini tra quelli realizzati dalla sua morte in poi, eppure è anche il più lontano. Non solo Massimo Ranieri, al netto della somiglianza e del fatto che Pasolini stesso (decenni fa!) avesse detto che avrebbe voluto essere interpretato da lui, è un pessimo protagonista, implausibile e lontano dal corpo pasoliniano che invece è uno dei suoi punti d’attrazione ineludibili (l’aveva capito pure Abel Ferrara nel suo pessimo Pasolini), ma anche tutto ciò che gli si muove intorno sta a metà tra il ridicolo e il teatrale. La Macchinazione del titolo è una teoria molto precisa e chiara su come sia morto il poeta e regista, una di cui David Grieco possiede ragioni e fonti, ma il film che la dovrebbe esporre è un trionfo agiografico privo di ritegno in cui, nella scena più folle di tutte, Pasolini ha una premonizione del futuro e vede davanti a sé, come in Matrix, personaggi del nostro presente con il cellulare.
Nonostante la cartellonistica invadente non l’ha visto praticamente nessuno.

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6. Un nuovo giorno

Forse il film peggio recitato dell’anno, di certo quello scritto con le intenzioni più bellicose. La storia di un transessuale nell’Italia dei nostri anni (seguito dalle scuole primarie fino all’età adulta) è una presa di posizione a suo favore praticata con tale rabbiosa foga da essere totalmente implausibile come impresa filmica.
Dodicesimo film di Stefano Calvagna in 16 anni (un altro è uscito quest’anno e altri due sono quasi pronti), è un pasticcio a budget bassissimo che fa pessimo uso anche di quei pochi mezzi che ha a disposizione.

Regia Renzo Martinelli Martinelli Film Company

5. Ustica

Non c’è nuovo film di Renzo Martinelli che sfugga a queste classifiche. L’autore di Piazza delle Cinque Lune, Vajont e Barbarossa torna con un’altra storia di comprovato impegno il cui titolo dice tutto.
Con una ricerca impeccabile di mezzi, orari, dettagli e incroci temporali che risulta in una ricostruzione capace di adottare un punto di vista ben preciso su cosa sia successo davvero, Martinelli come sempre prende posizione. Come sempre però lo fa con il suo stile didascalico da scuola elementare. Tutti i personaggi raccontano per filo e per segno cosa fanno e pensano, si presentano con nome e cognome quando entrano in scena e come in una recita scolastica si assicurano che il pubblico sappia tutto quel che hanno fatto, raccontandolo pretestuosamente a chi gli è di fronte. Il risultato, associato alla consueta recitazione poverissima, è l’involontariamente ridicolo più potente dell’anno.

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4. Ciao Brother!

I film dei comici televisivi si dividono tra quelli a buon budget, in cui viene fornita assistenza a persone che fino al giorno prima il cinema non sapevano dove stesse (vale anche per quelli di buoni incassi), e quelli a budget infami, in cui non solo vengono sottratti attori degni di questo nome ma anche maestranze, troupe e sceneggiatori (se non sono gli stessi comici) sono lasciati senza guida. Ciao Brother! è esemplare in questo, un film come sempre tutto gag e nessuna scrittura, convinto che il cinema sia questo. Uno in cui ogni scena è unita a quella che la segue da un raccordo così fastidioso che quasi sveglia dal sonno.

3. Bianco di babbudoiu

Peggio di un film di comici che non fa ridere c’è solo uno in cui le mancate risate sono sottolineate da silenzi imbarazzanti. Dei molti modi in cui il film di Pino e gli anticorpi poteva andare male questo è forse il più ingiusto per lo spettatore, tanto che il passaparola negativo si è diffuso con potenza devastante probabilmente già dal primo spettacolo del primo giorno. Dilatato oltremodo fino a che i suoi meri 90 minuti sembrano 140, Bianco di Babbudoiu manca di tutto. Quando anche gli interni sembrano non preparati e le luci illuminano le scene con uno smarmellato così smaccato da ricordare il look dei video promozionali da tv regionale, qualsiasi cosa accada dentro passa in secondo piano.
Questo film dimostra che anche la più infame delle gag risapute e già archiviata dagli spettacolini da fiera di paese, può essere peggiorata.

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2. Skiptrace

L’unione tra Johnny Knoxville e Jackie Chan sembrava un matrimonio fatto in cielo, un film che poteva segnare il punto massimo degli stunt fatti dal vivo, l’unione tra il massimo artista marziale dello spettacolo e il più grande artista degli stunt inutilmente pericolosi, due comici che non hanno paragoni (per tipologia, tecnica e modalità espressive) nel cinema contemporaneo. Che il risultato sia Skiptrace, il più becero spot promozionale per una regione della Cina (la Mongolia Interna), senza fantasia, senza voglia e soprattutto senza stunt, è una delusione di poco inferiore alla noia di questo peregrinare tra splendidi paesaggi, balli caratteristici e cibo locale. Ogni inquadratura di questo film è sofferenza.

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1. Grotto

Ci sarebbe quasi da prendere in simpatia questo film così scalcinato da non avere nulla di ciò che tradizionalmente identifichiamo come narrazione cinematografica. Ci sarebbe da prenderlo in simpatia perché è frutto di outsider dal sistema, è un gigantesco spot delle grotte di Frasassi mascherato da finto-Goonies senza nessun impegno. Insomma la si potrebbe prendere con filosofia non si fosse stati per 93 minuti seduti a vedere un film che non fa niente per essere tale. Ambientato nelle grotte che però sono luminosissime, piene di punti di luce diversi, in alcuni casi anche colorate (!?!?), giostrato su un’azione che non si vede mai (ogni cosa avviene fuoricampo, anche la più banale, e subito dopo i personaggi si dicono a vicenda cosa è accaduto), scritto come un programma postprandiale di Rai Tre dedicato ai bambini ma poi anche funestato da un personaggio in computer grafica che è l’espressione stessa del concetto di velleità, Grotto è involontariamente comico a livelli eccezionali e mortificante per i bambini-attori, abbandonati alla loro inesperienza. Un kolossal del cinema amatoriale.

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