PlayStation VR provato da una non giocatrice

BadGames si dà agli esperimenti: abbiamo fatto provare PlayStation VR ad una ragazza totalmente inesperta di videogiochi

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


Condividi

Inutile girarci attorno: Playstation VR è la prima periferica per la realtà virtuale che, forse, ha qualche chance di diventare mainstream. Con 43 milioni di PlayStation 4 sparse nei salotti di mezzo mondo se Sony non convincerà l’acquirente medio di FIFA 17 a spendere 399 euro per un visore difficilmente ci saranno altre chances. Ma esiste davvero una curiosità verso il magico mondo della realtà virtuale? Per scoprirlo BadGames ha condotto un esperimento che qualcuno potrebbe definire eterodosso: anziché mettere Playstation VR nelle mani di un valente redattore cresciuto fra cartucce da soffiare, fiere di settore e recensioni con embarghi impossibili l’abbiamo fatto provare alla persona più improbabile che ci fosse.

S. ha 31 anni, un dottorato in diritto dell’Unione Europea e l’unico videogioco che ha mai preso in mano fu DOOM nel 1993. In realtà S. non è sicura di aver giocato proprio al capolavoro di John Romero (oltre a non avere idea di chi sia John Romero) l’abbiamo dedotto noi perché con una sorta di epifania videoludica ha ricordato che per riuscire a vincere inseriva spesso il codice “idkfa”, marchio storico della saga id Software. Dalle creature infernali degli anni ‘90 a oggi S. ha un buco di circa vent’anni: non sa cosa siano Final Fantasy o Call of Duty e fatica a distinguere una PlayStation 4 dal decoder di Sky. S. però è curiosa e seppur con qualche sospetto ha accettato di indossare il casco e prendere in mano i due Playstation Move.

[caption id="attachment_162244" align="aligncenter" width="600"]Ocean Descent screenshot Esperimento #1[/caption]

Nel test non abbiamo voluto andare troppo pesanti e ci siamo limitati a due giochi, anzi, due esperienze per usare un lessico che va di moda ora, entrambe contenute nel pacchetto VR Worlds: l’esplorazione dei fondali atlantici di Ocean Descent e il colpo ai danni della mafia russa, The London Heist. La prima è più simile a un cortometraggio che a un videogame vero e proprio mentre il secondo introduce, seppur in maniera basilare, alcune meccaniche ludiche non del tutto banali. Playstation VR ha una grande qualità: non servono configurazioni, una volta indossato il visore basta premere un paio di tasti sul pad e si è subito pronti, nessuna calibrazione, nessun movimento strambo, nessun inghippo. Finché si rimane nel campo visivo di PlayStation Camera tutto funziona in maniera quasi magica, pure quando S., dopo un incontro un po’ troppo ravvicinato con uno squalo, stava per cadere addosso a chi scrive.

"Pare di assistere alla stessa reazione che S. e le persone come lei ebbero nel 2006 quando Nintendo fece scoprire alle masse i motion controller: annullando la distanza fra giocatore e videogame PlayStation VR offre una proposta ludica coinvolgente quanto lo sono per noi titoli come Dishonored o Uncharted"

Se Ocean Descent è una tech demo tanto simpatica quanto sottile, è con The London Heist che PlayStation VR ha dato il meglio. Per quanto breve la storia di mafia e ricatti raccontata da SIE London Studio riesce a coinvolgere il giocatore e, soprattutto, maschera i limiti strutturali delle realtà virtuale mischiando in maniera interessante tecniche narrative ludiche e cinematografiche. Dopo il breve tutorial che spiega come usare i due Playstation Move che, seppur in maniera ancora imprecisa, simulano le mani del giocatore, S. era talmente addentro al gioco da ritrovarsi a parlare da sola, soprattutto nelle scene più concitate. Priva dello scetticismo che ormai pervade noi appassionati dal cuore avvizzito la nostra “cavia” non s’è accorta che Playstation VR monta un solo schermo HD anziché due e, dunque, offre una qualità visiva inferiore alla concorrenza, nemmeno che i giochi sono bloccati a 30 frame per secondo o che le texture potrebbero essere molto più dettagliate. Pare di assistere alla stessa reazione che S. e le persone come lei ebbero nel 2006 quando Nintendo fece scoprire alle masse i motion controller: annullando la distanza fra giocatore e videogame PlayStation VR offre una proposta ludica coinvolgente quanto lo sono per noi titoli come Dishonored o Uncharted, con la differenza che per goderne non è necessaria alcuna abilità particolare, non serve essere giocatori, basta cedere alla magia tecnologica.

[caption id="attachment_162245" align="aligncenter" width="600"]The London Heist screenshot Esperimento #2[/caption]

Volendo tracciare un arco storico che parte con Wii e arriva fino a PlayStation VR, l’accoppiata casco e controller sensibili al movimento sembra risolvere il grande problema che il gaming si porta dietro da trent’anni, la dittatura del gamepad. Per chi, come S., non è cresciuto con le dita allenate da ore e ore davanti alle console un DualShock è un oggetto quasi impenetrabile, è difficile ricordare quale tasto fa cosa, è difficile coordinare il movimento dei due analogici, è difficile spostare in continuazione i pollici dai tasti alle leve, insomma, spesso la curva di apprendimento - pure per i giochi più semplici - non vale l’impegno necessario. La realtà virtuale ribalta questo assunto: rendendo molto più naturale il gesto del guardarsi attorno, e dunque l’interazione con l’ambiente circostante, permette anche a S. di concentrarsi sull’aspetto divertente del gaming ovvero il fingere di fare cose che nel mondo reale non potremmo mai sperimentare, come una rapina in banca o l’attacco di uno squalo.

Certo, si tratta di una tecnologia ancora acerba e piena di limiti ma la strada è quella corretta, se vogliamo salvarci dall’invasione dei minigiochi e del gaming mobile l’unico futuro possibile per il gaming tradizionale è allargare il suo pubblico di riferimento. Se fra un paio d’anni un eventuale The Witcher VR sarà interessante sia per chi scrive che per S. vorrà dire che la realtà virtuale è servita a qualcosa, che il paradigma è cambiato che, finalmente, anche i videogiochi saranno diventati un media maturo, non più una mera appendice di tecnologie sempre più sofisticate.

CORRELATI:

Continua a leggere su BadTaste