Focus On - Square Enix - La fine della fantasia?
Le dimissioni di Yoichi Wada e il futuro di Square - Enix, l'azienda giapponese è il nuovo grande malato della nostra industry?
Marzo non è stato un buon mese per la nostra industry. Dopo l’abbandono di John Riccitiello, anche un altro colosso del mondo dei videogiochi ha dovuto affrontare l’allontanamento del suo top manager: Square - Enix. La defenestrazione di Yoichi Wada sigilla in maniera netta il fallimento pressoché su tutta la linea dell’operazione iniziata nel 2003 quando i due massimi publisher di JRPG decisero di fondersi e creare una nuova società. Già all’epoca si alzò più di un sopracciglio, le due aziende non erano complementari ma abbastanza sovrapponibili, mentre il settore videoludico nipponico, seppur non come oggi, mostrava già qualche segno di rallentamento; come se non bastasse l’appeal di giochi come Final Fantasy e Dragon's Quest diventava sempre minore oltreoceano e in Europa, facendo registrare continui cali nelle vendite e una risposta della critica specializzata sempre più debole. L’intero progetto Fabula Nova Crystalis (che avrebbe dovuto traghettare la saga di Final Fantasy nella prossima generazione) sembra essere a un punto morto, mentre i flop di Final Fantasy XIII - 2 e FF XIV hanno colpito duramente l’immagine di Square, allontanando addirittura una parte dei fan storici che - a torto o a ragione - non ritrovano nei nuovi episodi della saga la magia delle release Playstation e Playstation 2.
Nonostante tutto, però, Square - Enix, immediatamente dopo la fusione aveva iniziato quella che potrebbe essere definita una sorta di ostpolitik aziendale, guardando anche fuori dalle patrie isole e cominciando ad investire in occidente. Il risultato di questo scouting è stato il finanziamento di tre progetti principali: Sleeping Dogs, Tomb Raider e Deus Ex: Human Revolution. Tutti e tre i titoli, a ben guardare, condividevano un particolare non da poco, prima dell’arrivo di Square, infatti, gli sviluppatori versavano in difficoltà finanziarie non indifferenti e nessuno dei tre titoli, con tutta probabilità, avrebbe mai visto gli scaffali dei negozi. Da questo punto di vista il caso più emblematico è quello di Sleeping Dogs, nato come sequel di True Crime, passato poi ad Activision (che aveva congelato il progetto) e, infine, a Square - Enix che ha deciso di completare il titolo proponendolo come nuovo brand. Una decisione coraggiosa che, tuttavia, non ha pagato in termini di vendite, nonostante la buona accoglienza della stampa di settore (noi compresi). Lo stesso schema si è ripetuto anche con Deus Ex e Tomb Raider, ottimi riscontri da critica e fanbase ma mediocri risultati sul mass market.
Nessuno dei tre titoli è riuscito a raggiungere gli obiettivi di vendite che l’azienda si era prefissata, neppure nel caso in cui si consideri il rallentamento fisiologico che il mercato, nello specifico quello dei titoli cosidetti “tripla A”, sta subendo in questo finale di generazione. Come se non bastasse, andando a leggere l’ultimo rapporto per gli investitori, Square - Enix traccia un ritratto abbastanza gramo della sua divisione americana, incapace, secondo il top management giapponese, di spingere al meglio i vari titoli. I numeri, anche qui, sono abbastanza impietosi dato che sul totale delle copie vendute dai tre giochi di cui sopra, oltre due terzi sono stati piazzati in Europa, nonostante la crisi e la minore dimensione del mercato:
Nonostante il buon riscontro critico, i tre giochi non hanno raggiunto gli obiettivi di vendita prefissati. La divisione vendite americana, in particolare, si è mostrata inefficiente, con oltre due terzi delle vendite totali ottenute in Europa.
Inoltre, le pressioni sul prezzo sono state molto forti, costringendoci a investire altre risorse nella protezione dei prezzi.
Un vero peccato perché i tre titoli “occidentali” sono tutti di ottimo livello e, con tutta probabilità, una campagna di marketing americana più oculata avrebbe permesso di evitare molti problemi. Dall’altro lato, però, Square - Enix deve affrontare anche un altro problema, ovvero la perdita di appeal fuori dal Giappone dei suoi due titoli flagship, ovvero Final Fantasy e Dragon’s Quest. Vedremo se la prossima generazione risolleverà le sorti di uno dei publisher più blasonati della storia videoludica, tuttavia, e ci spiace molto ammetterlo, il caso di Square è emblematico e traccia il profilo perfetto di un mercato ormai difficilissimo da attaccare, dove lo spazio per i player di medie dimensioni si riduce sempre di più.
Grazie a VG 24/7 per i dati e la tabella.