The Defenders 1x04 "Il drago felice": la recensione

The Defenders chiude la prima metà di stagione con un episodio cruciale, importante per rivelazioni e alleanze decisive

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Spoiler Alert
È una notte di riflessioni e confronti quella che spinge i quattro protagonisti di The Defenders all'interno di un ristorante poco dopo lo scontro alla Midland Circle. Qui Matt, Luke, Jessica e Danny si confronteranno l'uno con l'altro al di là delle maschere, visibili o meno, che indossano per combattere il male e salvare delle vite. Ciò che ne risulta è quello che è senza dubbio l'episodio migliore visto finora, e in generale uno dei più soddisfacenti dell'intera saga televisiva. In un caos creativo di colori niente affatto casuale, il progetto The Defenders prende il via naturalmente, per necessità ma anche ponendo sul tavolo le rimostranze e i dubbi che ognuno dei quattro porta con sé. La decisione sarà inevitabile, ma questo episodio ha una concretezza che non può lasciare indifferenti.

L'ambizione, o quantomeno l'obiettivo inevitabile, con una scrittura di questo tipo, deve essere sempre quello di tendere alla rappresentazione verosimile del personaggio piuttosto che del ruolo che interpreta. Questo, soprattutto con Iron Fist, non sempre è accaduto. Invece qui, complice anche un setting abbastanza normale che viene sfruttato tra battute e portate di cibo, si crea un clima più intimo e personale. Piccole tracce di umorismo giocano sulle caratterizzazioni che ormai ben conosciamo, sugli elementi che stridono tra i protagonisti, sull'eccezionalità della situazione. E nessuno è privilegiato o messo in disparte, ogni protagonista riceve il trattamento dovuto.

Danny si prende meno sul serio ed è da subito l'unico a credere nella lotta comune contro la Mano. Matt ha un bagaglio di risentimento e rabbia che lo spingono a tenersi in disparte e a indossare la maschera in un primo momento. Jessica logicamente è quella che si tira fuori, proprio perché la più solitaria del gruppo. Luke è più pragmatico, non crede del tutto alle faccende misticheggianti che gli vengono raccontate, ma capisce bene da quale parte deve stare per proteggere la sua gente.

Ritorna quell'approccio visivo molto forte visto nel primo episodio e che era andato un po' calando. Il ristorante raccoglie tutti i colori preminenti e associati ai personaggi, e non è un caso nel momento in cui questo piccolo spazio diventa il luogo della nascita del gruppo. Non usciremo mai veramente da quell'ampio spazio, e anche quando lo faremo, saranno piccole parentesi dedicate ai ripensamenti di Jessica e alle macchinazioni dei villain. Stick in tutto questo è il Nick Fury della situazione, che arriva a mettere insieme un gruppo di supereroi per caso chiamati a risolvere un problema molto più grande di loro.

Arrivano quindi le spiegazioni. Sono attese, sono chiare, sono giuste come tempistiche. Nessuna frustrazione o tempi morti. La Mano ha origine millenni fa, un gruppo di cinque personaggi che ha preso un sentiero oscuro. Sono Alexandra, Madame Gao, Bakuto (apparso in Iron Fist), Sowande e Murakami, quest'ultimo capo di Nobu. La scrittura oltrepassa gerarchie e sottoposti, e punta dritto al cuore della minaccia presentandoci il gruppo nella sua interezza. Non abbiamo mai la sensazione che il gruppo non possa riunirsi, e anche l'abbandono temporaneo di Jessica è solo una parentesi dovuta, ma che non impensierisce. Anzi, costruisce il climax per il cliffhanger conclusivo, in cui finalmente i quattro – facciamo cinque – fanno fronte comune contro Black Sky.

Qui termina la prima metà della miniserie The Defenders. Si conferma valida l'idea di giocare sull'evento-reunion in sé piuttosto che sulla costruzione di un intreccio elaborato e nel lungo periodo. In generale vince l'idea di lavorare sulla forza del momento piuttosto che sulla imponente, e talvolta respingente, struttura da blocchi da 13 episodi.

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