The Leftovers 3×08 “The Book of Nora” (series finale): la recensione
In un finale perfetto e struggente, The Leftovers torna ai suoi temi più intimi: così termina un capolavoro della televisione
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Tutto questo e molto di più in un capolavoro della televisione che non sfigura affatto accanto ad altri pilastri storici dell’emittente. Una serie senza dubbio difficile e divisiva, poggiata interamente sulle sue tematiche, sulla dimensione emotiva di personaggi meravigliosi, che ha lavorato in sottrazione per quanto riguarda l’intreccio. Lavoro grandioso di Damon Lindelof e Tom Perrotta, serie tecnicamente splendida e colta, sempre altissima nei riferimenti, cast perfetto. The Book of Nora chiude il cerchio nel modo più logico possibile: ricadendo dall'universale al particolare, stringendo la visione sui due personaggi principali e costruendo un finale perfetto.
And so it's all the same to me
I think I'll just let the mystery be
La opening della serie ritorna al tema classico utilizzato nella seconda stagione. Quindi l'idea di lasciare aperto uno spiraglio di possibilità che non deve essere riempito dalle risposte. Esiste un'unica certezza, quella della morte, e in un mondo che ha tolto dall'equazione anche quell'unico elemento sicuro, non rimane altro che rifugiarsi negli affetti ancora presenti. Non è LA risposta, ma è una risposta, forse la migliore che potremo darci, se ne avremo il coraggio e se vorremo chiedere perdono. "I'm not trying to sell you anything, it's just a nicer story", dice una suora rispondendo a Nora che le chiedeva dove fossero andate a finire le colombe. E la risposta è tutta qui, se vorremo accoglierla.
The Book of Nora, che chiaramente riprende come titolo The Book of Kevin, è la chiusura ideale di un percorso umano che basta a se stesso, che non deve necessariamente contenere attributi divini o scoprire le grandi verità dell'universo. Perché tutto ciò non ci appartiene, siamo solo umani. E lo è soprattutto Nora, che nell'ultimo sacrificio si avvia ad una sorta di rinascita molto simbolica (tutto nel contesto lo richiama). Il liquido sale, qualcosa sta per accadere, forse un grido, forse un pentimento finale. La scrittura non ce lo dice, e va bene così. Un salto temporale ci racconta di un'altra vita vissuta ai confini del mondo, sempre in quell'Australia ormai così importante. Kevin ritrova Nora, i due si inseguono, tra mezze parole e sospetti, finché tutto sfocia in un aperto confronto finale.
Nora racconta, non supportata da flashback di alcun tipo, di un viaggio nell'altrove. Un mondo in cui, strano non averci pensato prima, il 98% delle persone sono scomparse. Talmente tragico era sembrato il mondo di The Leftovers fino a oggi che questa eventualità ci colpisce con grande ferocia. Una tragedia se possibile ancora più grande, dato che in questo mondo le abitudini sono dovute cambiare parecchio. Nora racconta di aver ritrovato i propri figli, cresciuti, ormai lontani da lei, e di aver capito come quello non era più il suo posto. Tornata indietro, si è lasciata tutto alle spalle e ha continuato la propria vita quasi in isolamento.
"It's just a nicer story". Non ci sono prove del racconto di Nora, solo l'esigenza di costruire una verità che non danneggia nessuno e nella quale si può trovare un momento consolatorio. Qualcun altro dovrà crederci per renderla reale, e Kevin è lì per quel motivo. Nora si è già punita abbastanza. La colpa, beninteso, è quella condivisa con il resto dell’umanità, quella a cui si rifacevano tempo prima i Guilty Remnants. Siamo rimasti, siamo sopravvissuti, e abbiamo la responsabilità di trovare un senso anche per chi non c’è più. A questo Nora potrebbe aver aggiunto un pentimento in estremo, qualcosa che per paura l’ha allontanata per sempre dalla prospettiva di ritrovare i suoi figli. C’è molta simbologia, anche troppo ovvia, nel momento in cui la donna prende su di sé i segni del sacrificio lasciato sull’animale che toglie i peccati dal mondo. E comunque non è sufficiente a trovare un senso, perché nessuna punizione può farlo. Sarà retorico, ma è vero: solo l’amore può.
Kevin e Nora, tutto qui, non serve altro a dare senso alla vita. Perché la vita, di per sé, semplicemente non ha un senso. Non c’è una risposta da trovare (e se una risposta esiste, è il classico e irrazionale 42), non c’è una grande verità da scoprire, c’è solo un presente tutt’altro che eterno nel quale abbiamo il dovere – nei confronti di noi stessi e delle persone a cui vogliamo bene che non ci sono più – di andare avanti. Al di là dei Guilty Remnants per Laurie, della Chiesa per Matt, dei falsi profeti come Kevin, il senso dell’esistenza, la risposta finale, non è là fuori, non è nella costante domanda “What are they doing in Heaven today?”. Dovremo sempre cercarla dentro di noi, trovando per il mondo il senso che vogliamo che abbia.
The Leftovers finisce così, con un ritorno alle radici, alla semplicità, al rapporto tra un uomo e una donna da soli ai confini del mondo, Adamo ed Eva pronti a coltivare il loro paradiso in terra. E, come le colombe, pronti a tornare a casa.