Sense8 cancellato senza un finale: cosa significa per la strategia di Netflix?

Sense8 già ci manca, ma questa cancellazione segna un'inversione di rotta nella strategia produttiva di Netflix?

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I segnali c'erano tutti. E comunque Sense8 non era mai stata una serie dalle fondamenta sicure. Troppo costosa, troppe location, troppo strana anche per gli standard parecchio elevati di Netflix. Sta di fatto che questa cancellazione rattrista un po'. Perché in qualche strano modo ci eravamo convinti che Sense8, come i suoi protagonisti, fosse speciale, e magari immune a quelle ragionevolissime logiche produttive che presiedono ad ogni ragionamento di questo tipo. Così come la prima stagione si chiudeva su una barca che andava verso l'orizzonte, così la seconda termina su una macchina che si allontana (di più non aggiungeremo, in caso non l'abbiate ancora vista). La differenza è che stavolta, salvo improvvisi cambi di rotta, non ci sarà ritorno.

Col senno di poi si spiega bene la campagna incentrata sulla richiesta di rinnovo lanciata pochi giorni fa, nella quale anche gli attori stessi si sono esposti chiedendo alla fanbase – sempre molto partecipe – di far sentire la propria voce. Sense8 non aveva comunque mai navigato in acque tranquille. Il rinnovo dopo la prima stagione era arrivato due mesi dopo la messa in onda, ma c'erano voluti due anni, appena intervallati da uno speciale natalizio, per il ritorno della serie sulla piattaforma con nuovi episodi.

Tra il primo blocco di puntate e il secondo Sense8 ha di fatto raddoppiato i costi di produzione, raggiungendo una media di 9 milioni di dollari a puntata. Per dare un po' di contesto, oggi un episodio di Game of Thrones ne costa 10, ma durante la seconda stagione ne costava 6. Il primato rimane saldamente nelle mani di The Crown, con i suoi circa 13 milioni a puntata.

La decisione della piattaforma segue quella presa pochi giorni fa che ha riservato uguale destino a The Get Down, altra costosissima serie. Netflix, la piattaforma delle speranze, spesso invocata a salvare prodotti scartati altrove (ricordiamo la quarta stagione di The Killing), normalizza la strategia produttiva, diventa un po' meno speciale e un po' più uguale agli altri. Sulla questione, Reed Hastings pochi giorni fa ha dichiarato di voler puntare maggiormente su rischi e contenuti in futuro (magari sperando in exploit inattesi come Thirteen Reasons Why), ma al tempo stesso attendendosi da ciò maggiori cancellazioni. Questo, ripetiamo, è un discorso perfettamente ragionevole. Se non fosse che il finale apertissimo della seconda stagione di Sense8 grida vendetta. Questa è la grande differenza con la serie di Baz Luhrmann, terminata in modo soddisfacente.

La peak television è diventata tale anche per un'inversione di rotta nella considerazione delle storie, non più piccole isole in cui rifugiarsi settimanalmente, ma lunghi percorsi da vivere nel lungo periodo. Nell'epoca delle grandi narrazioni (quelle che passano da una struttura verticale a una orizzontale), una chiusura soddisfacente diventa qualcosa che è giusto attendersi come spettatori, una giusta clausola in quel contratto invisibile che viene stipulato tra chi segue e chi crea un prodotto.

Qualche esempio di serie che sono state cancellate prima della messa in onda dell'ultima stagione in modo da avere un finale compiuto: The Leftovers sulla HBO, il più che traballante Halt and Catch Fire sulla AMC, ma anche Bloodline tanto per restare in casa Netflix. La chiusura di Sense8 è più vicina idealmente a quella di Marco Polo, praticamente l'unico titolo del catalogo con il quale si può fare un simile paragone. Approccio particolare, considerata l'ottima logica del binge-watching seguita dal network, grande contenitore di contenuti che comunque rimarranno disponibili per chi vorrà recuperarli in futuro (ma lo farà sapendo della mancanza di un finale?).

Dopo una prima stagione di origini, Sense8 ha abbracciato l'idea di estendere la propria mitologia, sempre tenendo per mano i suoi protagonisti, ma allargando la base dell'intreccio. A questo punto era (è?) lecito attendersi un finale più conciliante. E chissà che questo non arrivi prima o poi, magari con un episodio speciale, un lungo addio che sarebbe anche più intenso perché gli spettatori lo saprebbero. Poco abbiamo detto su Sense8, ma della serie in sé abbiamo già parlato in passato, e comunque se siete arrivati fino a qui probabilmente saprete già perché ci mancherà.

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