Legends of Tomorrow 2x16, "Doomworld": la recensione

La nostra recensione del sedicesimo episodio della seconda stagione di Legends of Tomorrow, intitolato "Doomworld"

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Spoiler Alert
Nel sedicesimo episodio della seconda stagione di Legends of Tomorrow, intitolato Doomworld e diretto da Mairzee Almas, siamo trasportati nell'oscura realtà creata dalla Legion of Doom, ora in possesso della Spear of Destiny - di nuovo integra - grazie al tradimento di Mick Rory, che ha voltato le spalle ai suoi compagni e al suo sentiero di redenzione, tornando sui vecchi passi della sua vita criminale.

Eobard Thawne, Damien Darhk, Malcolm Merlyn e Leonard Snart - oltre al suddetto Rory - hanno vinto, riplasmando il creato secondo il loro volere e dando vita a un mondo in cui sono loro i dominatori assoluti, ognuno con la vita da sempre sognata, con le Leggende costrette a vivere una grigia esistenza in antitesi con il loro passato e soprattutto senza poteri, oltre che immemori di quanto accaduto. In questa realtà aberrante gli eroi sono caduti uno a uno, e pare non esserci più speranza per la giustizia.

Fortunatamente, però, Mick sembra aver conservato dei sentimenti eroici dentro di sé, per quanto esigui e, grazie a un particolare dispositivo costruito da Ray Palmer - quasi per caso - potrebbe restituire i ricordi alle Leggende, contando sul fatto che queste hanno conservato delle "cicatrici mnemoniche" delle loro esistenze passate.

Con Doomworld ha inizio l'atto finale - diviso in due capitoli - della seconda stagione di Legends of Tomorrow, che, particolarmente nella sua seconda metà, si è rivelato essere uno show ben più gradevole e interessante di quanto chiunque di noi avrebbe potuto pronosticare, trasformando quelle che sembravano debolezze congenite in punti di forza, su tutte il non prendersi troppo sul serio. All'insegna di un chiassoso e bizzarro revisionismo storico, di personaggi che non aspirano a essere eroi senza macchia e senza paura - ma piuttosto esseri umani reietti e incompresi - oltre a soluzioni narrative colorate e bizzarre - si pensi all'introduzione di personaggi reali come Geoge Lucas o J. R. R. Tolkien - la storia propostaci in questa seconda annata dello show sta divertendo e appagando quasi sempre lo spettatore, salvo sparuti scivoloni.

L'ultimo episodio andato in onda rappresenta in po' una sintesi condensata della stessa natura di Legends of Tomorrow, presentando una storia la cui trama e ambientazione sono molto originali, oltre che dotata di un discreto ritmo, che però cala molto nel finale. L'idea alla base della narrazione è sicuramente avvincente - ma anche canonica per una storia con personaggi DC Comics - e il lavoro fatto in termini di scrittura e regia è sicuramente più che sufficiente, eccezione fatta per alcune sequenze in cui i dialoghi si dimostrano un po' goffi. L'interpretazione corale da parte di un cast senza infamia né lode è buona, mentre sotto il profilo scenografico e coreografico - specie della battaglia finale - il giudizio è immancabilmente negativo.

Infine, non è pienamente condivisibile la soluzione di dividere il capitolo finale della storia in due atti, scelta che potrebbe apparire come un voler "allungare il brodo" e che produce una decompressione rilevante nella seconda metà di Doomworld.

In questo episodio non vi sono particolari riferimenti ai comics DC, anche se come già detto, l'idea stessa di realtà alternativa è da sempre uno dei cuori pulsanti della continuity dell'Universo DC a fumetti, come qualsiasi lettore delle storie "elseworlds" della casa editrice americana ricorderà bene. Nel futuro distopico propostoci in questa storia incontriamo progressivamente versioni alternative dei protagonisti di Legends of Tomorrow, con in aggiunta un'inedita versione mascherata di Felicity Smoak, unica sopravvissuta del Team Arrow di Star City.

La narrazione iniziale di questo capitolo è recitata per la prima volta dalla voce di Eobard Thawne, vero demiurgo del Doomworld, mentre il suo laboratorio segreto ricorda molto, come estetica, quello della Legion of Doom originale, che appariva nella serie TV d'animazione Challenge of the Superfriends.

Segnaliamo infine due sottili riferimenti alla serie TV Prison Break e alla saga cinematografica di Indiana Jones: il primo va in scena quando Snart e Rory discutono di un'eventuale evasione dalla prigione di Iron Heights - gli attori Wentworth Miller e Dominic Purcell erano i protagonisti del suddetto show - mentre il secondo si presenta quando lo stesso Rory discute con Ray del nome del ratto da laboratorio che il secondo ha regalato al primo, giocando con il fatto che l'animale appartiene alla razza classificata come "indiana" e che il nomignolo del personaggio interpretato da Harrison Ford nella celeberrima serie di film è stato ereditato dal cane con il quale è cresciuto.

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