Masters of Sex 4x08, "Topeka": la recensione

La recensione dell’ottavo episodio della quarta stagione di Masters of Sex, Topeka, in cui Virginia e Bill indagano sui loro imitatori

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Per essere una serie dal tema così audace, talvolta Masters of Sex tradisce un conservatorismo strisciante, che emerge nel trattamento di alcuni personaggi femminili e nella poca memoria narrativa che gli autori (e i personaggi) sembrano avere: l’ottavo episodio della quarta stagione, Topeka, è uno di questi casi.

L’episodio inizia con un fin troppo comodo ostacolo che impedisce a Virginia e Bill di indagare separatamente allo scopo di agire legalmente contro i loro “imitatori”: costretti a registrarsi come coppia, i due vanno insieme a Topeka, la città di Dody, senza che Virginia conosca naturalmente il vero motivo.

La colpevolizzazione di Virginia in atto in questa stagione è stata sottolineata più volte attraverso le sue azioni ma anche una sorta di edulcorazione degli atteggiamenti deprecabili di Bill nelle scorse stagioni: da un lato sono state esasperate le tendenze manipolatorie e arroganti di lei, dall’altro la serie sembra portarci ad empatizzare di più con Bill e il suo profondo esame di coscienza. Nella scena di questo episodio in cui Virginia si imbatte per caso nel marito di Dody, che l’ha seguita fino da Bill, la donna è accecata dalla gelosia a tal punto da suggerire al marito di andare a riprendersi la moglie (sottinteso, anche in modo violento), solo perché le apparenze puntano a una relazione tra lei e Bill. È probabile che nonostante il rifiuto di Bill, Dody non sia uscita definitivamente di scena: speriamo solo di ritrovarla tutta intera nonostante i saggi consigli di Gini. Successivamente, accortasi del proprio overreacting, Virginia si immedesima in ciò che ha fatto passare a Bill e gli chiede scusa, come se in tutti gli anni precedenti lui non si fosse a sua volta comportato in modo egoista e manipolatorio.

Con l’ingresso della coppia composta da Nancy e Art nella narrazione si è formato un altro polo che in qualche modo raddoppia e complica la dinamica a due in atto tra Masters e Johnson: come abbiamo già sottolineato, i due nuovi personaggi non sono abbastanza approfonditi per destare empatia, sembrano definiti esclusivamente dalle loro preferenze inconciliabili in fatto di relazioni sessual-sentimentali e sono troppo poco carismatici per rappresentare una versione deviata di Virginia e Bill. Oltretutto, anche se Art è un bugiardo e dunque non esattamente un uomo integerrimo, anche in questo caso è il polo femminile ad essere rappresentato come manipolatore, mentre l’uomo esibisce una sorta di “superiorità morale” quando si oppone all’arrivismo di Nancy. Ma la donna non ha problemi a usare a suo vantaggio quanto ha saputo da Virginia, e Art cade nell’improvvisa e recitata confessione di Nancy, che ricalca la sua e appare come una miracolosa seconda occasione: all’orizzonte si intravede dunque la pugnalata alle spalle della coppia nuova per la vecchia, attraverso la proposta di Clevermore di portare il metodo M&J in città più grandi.

La tanto rimandata eppure inevitabile riconciliazione tra Virginia e Bill arriva forse a un punto decisivo (ma chi può dirlo, dopo tanti tira-e-molla?), attraverso il sesso e attraverso l’impersonificazione di qualcun altro. I sospetti di Virginia sono fondati, i due terapeuti cui fanno visita come coppia hanno davvero ricalcato il loro metodo anche se affrettando le tappe: se per Gini è un affronto inaudito, Bill sembra intravedere più in profondità un’effettiva capacità e acutezza degli osservatori. Al gioco dei rispecchiamenti si aggiungono elementi quando il terapeuta ipotizza le cause del loro problema fittizio toccando al tempo stesso questioni che riecheggiano il vissuto di Bill e Virginia; come se non bastasse, i due si sono “appropriati” del problema sessuale dei ricchi coniugi Clevermore, che contemporaneamente vengono ricevuti da Nancy e Art. Se il gioco dei raddoppiamenti è maneggiato qui un po’ troppo artificiosamente, più interessanti le implicazioni sottese alla rappresentazione dell’atto sessuale che infine Earl e Ingrid, ovvero Bill e Virginia, accettano di compiere davanti ai loro “imitatori”. L’evento si collega a un tema molto presente nella puntata, quello del sesso come esibizione e performance e del rapporto tra intimità e voyeurismo: da qualche episodio infatti Lester è passato da marito ossessionato dal tradimento della moglie (che rimane, però, sempre fuori scena) a possibile voyeur, condannato ad essere un personaggio poco sviluppato e depresso ma a cui sono affidate le riflessioni sullo sguardo e la performance. Per Lester la pratica sperimentale di Masters e Johnson fa correre il rischio della insana sovrapposizione tra sesso e show, come spiega a Guy cercando di convincerlo a non candidarsi come volontario per la nuova ricerca su soggetti omosessuali. Per Bill e Virginia però, è proprio l’interpretare qualcun altro agli occhi di un “pubblico” che permette loro di giungere nuovamente a quello che nella loro relazione è sempre stato un mezzo di conoscenza profonda e di rivelazione di sé, ovvero il sesso.

Il percorso di Libby è in questo episodio particolarmente separato dal resto, ma la sua ipotesi di tornare a studiare è perfettamente in linea con la sua nuova, godibilissima personalità, che appare l’unica ad aver maturato un vero percorso di nuova consapevolezza. Se si guarda invece allo schema generale delle relazioni nella serie, alla fine a prevalere sono le spinte normalizzanti rispetto agli spunti più coraggiosi: la sofferenza di Art per quelli che percepisce come tradimenti, la risoluzione nella monogamia e per contro l’associazione di una concezione diversa della relazione con il personaggio attualmente più negativo, Nancy; ma anche la convenzionale sovrapposizione tra sesso e amore nel rapporto tra Bille e Gini, nonostante le parole e i tecnicismi spesi  – per gli altri – a scardinare schematismi e stereotipi.

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