The Night Of 1x08, "The Call of the Wild" [finale di stagione]: la recensione
Ecco la nostra recensione dell'ottavo e ultimo episodio della prima stagione di The Night Of, che sigilla il successo della serie HBO lasciando aperte molte porte per un eventuale sequel
Senza passare per una classica assoluzione, la salvezza di Naz ha i tratti indistinti di una giuria arrivata a un punto morto e, cosa ancor più importante, di una Helen Weiss colta dai dubbi sul più bello. Dopo un'attenta costruzione caratteriale, che ci ha portati a identificare la donna come assetata di vittoria prima ancora che di verità, dovevamo giungere a questi spettacolari novantacinque minuti per comprenderne la complessità psicologica. Tuttavia, il suo cambio di condotta non è un fulmine a ciel sereno, in un orizzonte - quello di The Night Of - popolato non di icone filmiche, ma di volti segnati dalla fatale contraddittorietà umana.
È stato proprio Box, all'inizio della serie, a offrirci uno dei cliché più abusati della letteratura cinematografica: il detective giunto al suo ultimo caso prima del pensionamento, classicamente dipinto come stanco e disilluso, pronto a elargire lezioni di vita come confetti a un matrimonio. E così, astutamente, ci è stato presentato nel primo episodio della serie, The Beach. Non ci è voluto molto tempo per rendersi conto, attraverso le sporadiche ma taglienti apparizioni del poliziotto, che la sua linfa vitale risiedesse proprio in quel lavoro che si stava apprestando a lasciare, e che l'apparente sicurezza ostentata di fronte alle prove schiaccianti contro Naz lasciava comunque spazio a dubbi via via più incalzanti. Dubbi deflagrati, in The Call of the Wild, in forma contenuta - in linea con il tono dell'intera serie - grazie a un'uscita dall'aula che solo Helen Weiss avverte come indignazione e, quindi, come atto d'accusa nei suoi confronti. Accusa da cui saprà riscattarsi in extremis, proponendo a Box di indagare su quello che è, con ogni probabilità, il reale assassino di Andrea, nonché spunto per un'eventuale seconda stagione.
La gravità della metamorfosi è in parte alleviata dalla splendida scena di commiato tra lui e Stone, in un locale del quartiere arabo di New York i cui avventori fissano il ragazzo come se avesse perpetrato l'omicidio sotto i loro occhi. L'avvocato rassicura il ragazzo sul dramma comune che pesa, in misura variabile, su ciascun essere umano, citando forse inconsapevolmente il monologo di Nina da Il Gabbiano di Cechov, con quel semplice ma universale "ognuno ha la sua croce" che richiama il "sappi portare la tua croce" dell'autore russo che, epurato da connotazioni martirologiche, è il consiglio di vita più valido che Naz possa ricevere in quel momento. La sua redenzione, profilata nel libro donato da Freddy - quel Richiamo della Foresta che dà il titolo all'episodio - deve passare per l'accettazione del proprio peccato, reale o supposto che sia, negli occhi delle persone attorno a lui.
E Stone? Per lui, si riaffaccia il problema dell'eczema, dopo il falso miracolo prospettato dallo speziale cinese. La serie si conclude con quest'uomo che, all'indomani del suo forse unico sprazzo di celebrità forense, sprofonda nella propria poltrona, guardando in tv ricostruzioni di delitti di cui difficilmente potrà mai occuparsi in futuro. Arriva la telefonata di un nuovo cliente, e la patina romantica depositatasi sull'eroe Stone viene meno, a fronte del suo discorso conciso e venale; cani e gatti abbandonati compaiono sullo schermo della televisione, un'ombra di tristezza si dipinge sul volto dell'avvocato. Così, con un colpo da maestri, gli autori ci portano un'ultima volta fuori strada, convincendoci silenziosamente che il gattino di Andrea, adottato da Stone, sia andato infine incontro al suo destino di soppressione. Stone esce di casa, lanciato verso una nuova - e poco remunerativa - avventura, e nell'altalena di odio-amore che proviamo nei confronti di questo protagonista fascinoso e repellente, un'impennata finale ci spinge a sorridere: il felino entra in salotto, salvato dall'esecuzione, a dispetto dell'allergia di Stone.
The Night Of ci ha addestrati a riconoscere i parallelismi: laddove il "brutto" gatto di Andrea è stato salvato e accettato da chi non poteva tollerarne neppure la vicinanza, possiamo credere che il fuoco della speranza di un lieto fine per Naz Kahn sia lungi dall'essersi estinto. In una serie che ha privato costantemente il pubblico dei contentini di comodo cui è ormai abituato, non riusciamo a immaginare finale più efficace di questo squarcio inaspettato di luce nella penombra del dubbio.